martedì 30 marzo 2010

Bersani ora teme la resa dei conti e rilancia col modello Liguria


E ora, tutti dentro. Il modello piazza del Popolo, il palco dell'ultima manifestazione animato dalla nuova union sacrè, alla quale aggiungere un altro ospite: Pier Ferdinando Casini. Tutti insieme appassionatamente per mandare a casa il Cavaliere. La lezione delle regionali, anche trepidando ancora per la Bonino e Bresso, per gli uomini di Bersani c'è già. Enrico Letta, il numero due del Pd, l'ha spiegata e illustrata più o meno così, mentre lo stato maggiore del partito ragiona sul dopo-voto. Abbiamo vinto in posti dove in campo siamo scesi con schemi di gioco opposti. Nelle Marche attacco a tre punte, Pd-Udc-Idv, e niente sinistra. In Puglia, al contrario, dentro i rossi di Vendola e fuori i centristi. Ma la ricetta migliore, la tempesta perfetta per liberarsi del centrodestra l'hanno, secondo il vicesegretario del Pd, concepita a Genova: "Claudio Burlando ce l'ha rifatta portando dentro sinistra e centristi, dipietristi e grillini". E' il modello Liguria che vince, ingloba e tiene insieme, e che tira di più al Nazareno. Senza i brividi lasciati nelle ossa da Lazio e Piemonte. Le batoste di Calabria e Campania. Del resto, allearsi con Casini da solo? "Non ci possiamo legarci mani e piedi a Pier, tiene ma non decolla", conteggiano gli uomini del segretario scorrendo le performances dell'Udc. Si riparte da Di Pietro, allora? "Ottima prova, la sua. Ma un Pd al carro giustizialista e anti-Colle non va da nessuna parte e non lo vedrete". Portato a casa un risultato, superata la grande paura e messa quasi al sicuro la sua segreteria - in attesa delle conseguenze innescate dall'esito delle battaglie di Roma e Torino - Bersani comincia già a pensare al Pd che verrà.

"L'atmosfera è di unità, ci siamo ritrovati tutti quanti a seguire passo passo l'andamento del voto, da D'Alema e a Veltroni - ricostruisce Fioroni - ma certo un po' di problemi da affrontare e risolvere li abbiamo di fronte".

Tabelle e conti, in tanti del popolo pd non sono andati a votare perfino nel cuore antico della sinistra, Emilia o Marche. I grillini, che colpiscono il Pd, ancora in Emilia o in Piemonte. Ma poi, soprattutto, è la conta sul peso vero del partito che tiene banco. "Attorno al 25 per cento, e quindi sotto il dato delle europee", quantificano quelli di Area democratica, l'opposizione guidata da Franceschini, segretario che dovette lasciare la poltrona proprio per quel risultato. "Balle", taglia corto Migliavacca, capo dell'organizzazione, vanno sommati i voti delle liste civiche del presidente collegate ai democratici. Snocciola le cifre: partito che va avanti, si lascia alle spalle il tonfo del 26 per cento dell'anno scorso. Crisi in Emilia? Falso: Pd è "avanti di due punti". In Umbria di tre. Almeno un punto sopra in Lombardia, Liguria, Piemonte.

Solo che i veltroniani tutta questa aria da "inversione di tendenza", come la chiama il segretario, non la sentono soffiare. "Io penso che il Pd - dice Walter Verini, braccio destro dell'ex segretario - adesso deve puntare tutte le carte nel ritrovare il rapporto con i cittadini. Le alleanze vengono dopo". Quel tutti insieme, praticato nel voto e che adesso si profila ancora più ampio, agli uomini di Veltroni continua a non piacere. E con Lazio e Piemonte nelle mani del centrodestra, sembrano pronti a riaprire le ostilità. Lo scenario in quel caso sarebbe. Spiegano, un paese diviso in tre: il nord alla Lega, al centrosinistra ridotto nell'Italia appenninica, e nel sud la destra del Pdl, ad eccezione della Puglia dove portabandiera è un governatore che "il Pd all'inizio non voleva".

Per capire se davvero è passata "a nuttata" del Pd, come nel caminetto riunito al Nazareno al gran completo qualcuno l'ha chiamata, ancora ci sarà da soffrire. Lazio e Piemonte che ballano sul filo. Fanno la differenza. Fuori, nella battaglia con il Cavaliere, ma anche ad un certo punto, per Enrico Letta. "Certo, aspettiamo, incrociamo le dita e speriamo. Però, alla fin fine, là vinciamo o perdiamo per una manciata di voti. Il quadro e le tendenze non cambiano. E per me, già ora, già così, le cose si stanno mettendo bene".

(30 marzo 2010)

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