
Tutte le telefonate di minaccia di Berlusconi all’Agcom
“Fate schifo, quelli vanno in onda e non fate niente?”
di Antonio Massari e Marco Lillo
Il reato contestato a Silvio Berlusconi è stato applicato raramente ma, secondo il pm di Trani Michele Ruggiero, sembra ritagliato a pennello sul comportamento del presidente Berlusconi nei confronti dell’Agcom.
L’articolo 338 che punisce chiunque usa violenza o minaccia a un corpo amministrativo dello Stato è stato invocato in casi celebri come il braccio di ferro sportivo tra l’ex presidente della Figc Franco Carraro e il Catania di Luciano Gaucci nel 2003. Oppure nella lotta senza quartiere tra il comune di Siena e il Monte dei Paschi nel 1994.
L’ultimo caso celebre è la contestazione da parte della Procura di Palermo all’inizio di quest’anno del reato in questione ai due ex carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno per le presunte trattative Stato-mafia del 1992.
La violenza ad un corpo dello Stato, in un caso è stata contestata anche in favore e non contro (come nel caso di Trani) di Silvio Berlusconi. Con questa accusa è stato arrestato nel 2004 il primo aggressore celebre del Cavaliere. Lo sciagurato muratore che colpì Silvio Berlusconi con un cavalletto in piazza Navona che fu poi scarcerato perché secondo il gip nel suo lancio c’era solo una lesione aggravata.
Raramente i procedimenti si concludono con una condanna. Nonostante la sua indeterminatezza, però, quel reato è sembrato al pm di Trani Michele Ruggiero la perfetta fotografia del comportamento di Silvio Berlusconi. Ruggiero ha avvertito l’impennata nelle telefonate del premier, dalla semplice pressione a qualcosa di più violento nell’inverno scorso. Il Fatto Quotidiano è in grado di ricostruire quelle telefonate che hanno portato
La svolta avviene domenica 29 novembre del 2009 quando Silvio Berlusconi scopre che Michele Santoro vuole occuparsi del caso Mills. Berlusconi chiama infuriato Innocenzi e grida: “Se questo garante non riesce a intervenire stavolta e dire che i processi non si fanno in televisione, ma che cazzo di organismo siete?”. Il commissario dell’Agcom cerca di giustificarsi ma Berlusconi non vuole sentire ragioni: “Voi non fate nulla. Ma che cazzo ci siete a fare?”. Poi dalle domande, il premier passa all’imperativo: “Fai un casino della Madonna, devi fare una dichiarazione pubblica e dire: mi vergogno di appartenere a un’autorità che fa schifo e non fa niente”. Prima di attaccare bruscamente Berlusconi chiede al suo ex dipendente di organizzare una strategia a stretto giro e di dirgli cosa deve fare il premier, per intervenire sul presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò. Innocenzi poche ore dopo spiega al premier la strategia della doppia lettera: un’ammuina ben congegnata tra
Berlusconi ascolta un po’ scocciato tutte queste complicazioni. Pretende da Calabrò una lettera che dica: non si possono fare le trasmissioni sui processi in corso, come i suoi. E basta. Il tempo passa e gli investigatori ascoltano in diretta l’escalation della rabbia presidenziale.
La mattina di giovedì 3 dicembre, a 12 ore dalla messa in onda di Annozero su Mills, Silvio Berlusconi si fa vivo. La voce del padrone sollecita il suo dipendente inadempiente: “Ma allora non fate nulla?”. Innocenzi balbetta qualcosa e a quel punto Silvio dà fuori di matto: “Io devo avere un’autorità che sa tutto. E questo va in onda e voi non fate un cazzo?”. È questo il momento nel quale Silvio Berlusconi fa pesare tutta la sua potenza sull’Autorità: “Fate schifo, non siete un’Authority, siete una barzelletta. Dillo al presidente da parte mia che si vergogni di portare a casa i soldi per quello che state facendo. Vi dovreste dimettere subito”. E quando Innocenzi ribatte che ora il pallino ce l’ha il direttore generale della Rai, Mauro Masi, Berlusconi senza fermarsi di fronte a niente replica: “Ora lo chiamo”.
Per valutare gli effetti delle parole di Silvio Berlusconi sui due dirigenti, nominati dalla sua maggioranza, bisogna ascoltare le loro telefonate seguenti. Come due domestici appena mazzolati dal capo si scambiano confidenze sulle intemperanze del padrone. Fanno tenerezza quando si confrontano disperati sul da farsi e si lambiccano per trovare una via di uscita che appaghi la furia del principale. Soprattutto dagli sfoghi di Innocenzi, gli investigatori avvertono gli effetti delle parole minacciose del premier su un’autorità che, per quanto sfregiata da un simile componente, è certamente un importante corpo dello Stato. Il commissario dell’Agcom è disperato: non riesce a convincere il suo grande capo che la missione prefissata è semplicemente impossibile. O meglio illegale. Confida sconsolato Innocenzi a Masi: “Lui mi dice: dovete impedire che si faccia Annozero, ma io gli spiego che non è possibile. Lui ha in mente una cosa che non esiste. Non è che uno va da Santoro e gli dice: tu stasera non fai il processo Mills. Non si può fare. È la legge che lo dice”. Che Innocenzi sia pressato da Berlusconi non risulta quindi dalle elucubrazioni dei pm ma dalle sue parole: “Mi manda a fare in culo tre volte al giorno”; oppure “mi ha fatto due sciampi terribili”. E che le pressioni abbiano avuto un effetto anche sulla Rai e sulla sua capacità di determinarsi liberamente lo si avverte dalle parole del direttore generale Mauro Masi. Il numero uno della concessionaria radiotelevisiva pubblica, prima della puntata sulle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, confessa a Innocenzi che “Berlusconi mi ha chiesto di mandargli il ministro Alfano (che poi rinuncerà, ndr) e io ho convinto Santoro a prenderselo”. Ed è sempre Masi in un sussulto di dignità a dire che la richiesta di Berlusconi di intervenire su Annozero prima della trasmissione “non si può fare nemmeno nello Zimbabwe”. Non si contano le telefonate nelle quali Innocenzi spiega a tutti i suoi interlocutori che è costretto a muoversi per chiedere la sospensione della trasmissione di Santoro perché Berlusconi lo pretende. Non solo. Le pressioni sull’Agcom sono arrivate fino al presidente Calabrò. Lo confessa lo stesso Berlusconi quando si vanta di averlo chiamato durante la trasmissione per lamentarsi. Ed è Innocenzi che implora il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta (che subito si mette a disposizione) di dire a Calabrò: “Devi scrivere una lettera a Mauro Masi per dire al direttore generale:

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