martedì 2 marzo 2010

Prevedere i cataclismi non basta più


1/3/2010

LUCA MERCALLI

Esposta sull’Atlantico, la Vendée è stato il dipartimento francese più martoriato dalla tempesta «Xynthia», così battezzata dall’Istituto di Meteorologia dell’Università di Berlino. Vi si sono contate 29 vittime, annegate nel corso delle repentine inondazioni causate da pioggia e ondate oceaniche in periodo di alta marea.

Il vento a oltre 150 chilometri orari, con una raffica di 242 km orari al Pic du Midi, sui Pirenei, ha poi portato il tragico bilancio francese ad almeno 45 morti sommando i vari incidenti negli altri dipartimenti, in particolare a causa di caduta di alberi e detriti, ma aggiungendo le vittime in Portogallo, Spagna, Belgio e Germania il totale assomma a 57.

Sono cifre ancora provvisorie, ma che rendono «Xynthia» la peggior tempesta a colpire l'Europa occidentale dopo «Lothar» e «Martin» i due uragani in rapida sequenza del 26-28 dicembre 1999, che fecero registrare venti fino a 170 km/ora su Parigi e causarono una novantina di vittime. Che il cuore della vecchia Europa venga colpito così profondamente da poche ore di vento forte lascia sempre senza parole ma non dobbiamo dimenticare che questi fenomeni meteorologici - cicloni delle medie latitudini che non hanno nulla a che vedere con gli uragani tropicali - sono piuttosto frequenti al di là delle Alpi: prima di Lothar la memoria va a «Vivian» che il 27 febbraio 1990 colpì Francia e Svizzera e poi alla burrasca del 15 ottobre 1987, quando le raffiche a 180 km/h devastarono Bretagna, Normandia e Inghilterra meridionale, con 34 vittime.

Ma gli archivi conservano traccia di eventi epocali, come quelli del gennaio 1739 e soprattutto la «Great Storm» della fine di novembre del 1703, descritta anche da Daniel Defoe, il peggior disastro meteorologico dell'Inghilterra meridionale e della Manica: tredici navi della flotta di Sua Maestà di ritorno dalla guerra di successione spagnola affondarono, foreste e paesi furono rasi al suolo e il bilancio stimato fu tra le 8000 e le 15000 vittime. Se mettiamo in prospettiva questo evento con la minor popolazione del tempo ci rendiamo conto che dopo tutto la prevenzione e l'allertamento ottengono oggi ben altri risultati.

Grazie alle previsioni offerte dai modelli matematici, Météo France sabato aveva già posto in vigilanza rossa, il massimo grado di pericolo, le regioni francesi poi effettivamente colpite dal fortunale. Navi e aerei non sono stati così coinvolti e milioni di persone si sono attrezzate per resistere al sicuro. Il tributo di vittime residuo si può considerare inevitabile durante un evento di tale portata: rami che cadono, tetti scoperchiati, tegole che volano come proiettili, cartelli pubblicitari, pannelli stradali e pali della luce, incidenti stradali, il rischio zero non si può pretendere.

Tutto sommato le lezioni del dicembre 1999, con gli ulteriori richiami dovuti a «Kyrill» che a metà gennaio 2007 reclamò in Europa centrale 45 morti con venti a 200 km/ora e a «Klaus» che solo un anno fa, dal 23 al 25 gennaio spazzò la Francia meridionale e i Pirenei causando 31 vittime, sembrerebbero aver perfezionato i piani di protezione civile e la prevenzione a lungo termine dei danni. Resta da vedere se questi episodi in futuro potranno presentarsi con maggior frequenza e intensità a causa del riscaldamento globale.

Per ora la statistica non è significativa, secondo lo storico del clima Emmanuel Garnier, dell'università di Caen, dal 1700 al 2000 gli archivi hanno restituito le cronache di almeno 22 tempeste maggiori sulla Francia e questi recenti episodi non possono ancora fornire chiare evidenze di aumento, tuttavia le simulazioni contemplano uno scenario futuro nel quale l'Europa centro-settentrionale potrebbe vedere una crescita di cicloni invernali. Se così fosse è ovvio che il meccanismo di prevenzione deve essere ulteriormente perfezionato, almeno per salvare le vite, mentre per i danni materiali sarà difficile limitare le perdite e il mercato assicurativo dovrà sicuramente evolvere per non fare bancarotta.

Lothar e Martin sono infatti costati all'Europa circa 16 miliardi di euro, di cui solo una dozzina rimborsati dalle assicurazioni, Kyrill è costata circa 5 miliardi di euro, Klaus ha fatto spendere solo alla Francia 1,2 miliardi di euro. Senza contare i disagi per milioni di persone rimasti per giorni senza elettricità e possibilità di riprendere le normali attività lavorative. Mentre oggi si contano dunque i nuovi danni di Xynthia, la civiltà del XXI secolo, anche se dotata di mezzi e conoscenze scientifiche come non mai, si riconosce ancora una volta vulnerabile.

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