Quando Silvio Scaglia beffò Milano con i soldi della città
di Gianni Barbacetto
Oggi Fastweb e il suo fondatore, Silvio Scaglia, sono alle prese con un grande scandalo e una pesante inchiesta giudiziaria. Ma quando tutto iniziò, tra il 1999 e il 2000, si sentivano solo gli applausi: per l’impresa che prometteva di cablare Milano e poi l’Italia, portando il futuro – cioè telefono e internet superveloce a banda larga – nelle case degli italiani. Pochi, allora, osarono criticare il modo in cui fu fondato l’impero. Tra questi, quel rompiscatole di Basilio Rizzo, il consigliere comunale che fin dai tempi della Milano da bere fa le pulci alle scelte dell’amministrazione. La gloriosa fondazione, lui la chiamò così: “Quel pasticciaccio brutto di via della Signora”. In via della Signora, a un passo dal Duomo, c’era allora la sede dell’Aem, l’azienda energetica municipale, oggi diventata a2a. Lì vide la luce Fastweb.
FIBRA OTTICA.
IL COLPO DEL SECOLO. Scarselli diventa presidente di Metroweb, Zuccoli di Fastweb, Scaglia amministratore delegato di entrambe. L’investimento di Scaglia e Micheli è, tutto sommato, modesto: versano 17 miliardi di lire in Metroweb (per il 33 per cento) e 18 in Fastweb (per il 60). Totale: poco più di 35 miliardi. Intanto la loro creatura, e.Biscom, che in pancia di significativo ha solo le partecipazioni in Metroweb e Fastweb, cresce fino a valere, secondo Merril Lynch, ben 12 mila miliardi. “Il colpo del secolo”, scrive Massimo Mucchetti. Anche perché nella primavera del 2000 i due la quotano in Borsa. Non quotano Fastweb (la società mista), ma la loro creatura e.Biscom. Con la gente che s’accapiglia per poter partecipare al collocamento e fa la fila per comprare le azioni, alla bella cifra di 160 euro l’una. Due milioni e mezzo di richieste, con sorteggio per determinare i 114 mila fortunati vincitori di una lotteria in cui i soldi non si prendono, ma si danno. Con questo bottino, Scaglia e Micheli hanno le liquidità da investire nel business che hanno promesso: rete a fibra ottica, per telefonia, tv e internet ad alta velocità, direttamente a casa. Negli stessi anni, nella Roma di Francesco Rutelli, la spagnola Telefonica fa un accordo con Acea, la società del Comune di Roma omologa di Aem. Ma paga ben di più, una settantina di miliardi, per una quota di minoranza (il 49 per cento) della joint venture per la gestione della rete. A questo punto, a Milano, in consiglio comunale c’è chi comincia a sentire puzza di bruciato: il verde Basilio Rizzo chiede “se il know how e la presenza di Aem abbiano avuto una valutazione congrua”. Micheli risponde che non c’è problema: «Fastweb l’avremmo lanciata anche da soli, e Aem avrebbe dovuto affittarci il cavo, dunque il 40 per cento va bene».
I DEBITI AL PUBBLICO. Come sia andata a finire, si sa. Nel 2003, Fastweb viene acquistata tutta da e.Biscom, Metroweb tutta da Aem. I debiti al pubblico, i soldi al privato. Non solo: a pagare lo scambio è di fatto Aem, che sgancia 37 milioni di euro a Scaglia e Micheli per avere Metroweb e poi versa loro altri 240 milioni, sottoscrivendo un prestito obbligazionario convertibile in azioni e.Biscom. I due maghi prendono i soldi così incassati (277 milioni) e li girano a Aem per impadronirsi di Fastweb, che poi fondano con e.Biscom. Negli anni seguenti, anche Metroweb, che nuota nei debiti, viene venduta: nel 2006, dal nuovo sindaco, Letizia Moratti. Sottoprezzo, a una strana società lussemburghese,
I FEDELISSIMI. Premiati gli uomini del Comune che hanno fatto l’operazione: Stefano Parisi (il city manager) nel 2004 diventa amministratore delegato e direttore generale della società, e lo è tutt’ora. E Scalpelli (l’assessore amico) già dal 2001 passa a Fastweb come direttore delle relazioni esterne. Fastweb intanto cresce e guadagna. Oggi ha una rete in fibra ottica di nuova generazione che supera i 27 mila chilometri e nel 2008 ha dichiarato ricavi per 1.708 milioni di euro. Dal 2007 è passata a Swisscom. Scaglia ha fatto cassa, vendendo a 47 euro azioni che oggi ne valgono 13. Micheli invece ha divorziato da Scaglia subito dopo
Nessun commento:
Posta un commento