INDAGINE ANCORA A CARICO DI IGNOTI
di Davide Milosa
Mentre stavamo spostando la transenna è arrivata una pattuglia dei carabinieri. Sono scesi due militari e il più grosso si avvicinava a noi con uno sguardo stravolto e terrificante, si è messo a inseguire Giuseppe, urlando: ‘Uva proprio te cercavo, questa notte te la faccio pagare’”. Inizia così il racconto di una sera di ordinaria follia a Varese. Un racconto che finisce dritto all’obitorio, dove viene depositato il cadavere di Giuseppe Uva nato a Caravate il 17 giugno 1965. Nel mezzo quelle ore infinite passate nella caserma di via Saffi la notte tra il 13 e il 14 giugno 2008. Vale a dire 21 mesi fa. Eppure solo ora la vicenda sembra mostrare l’orrore di un abuso di violenza da parte delle forze dell’ordine, aggravato da coperture e omissioni. Sì, perché l’inizio di questo racconto sta nella querela fatta da Alberto Biggiogero, l’amico che quella sera d’estate era in compagnia di Giuseppe.
Ecco i fatti, prima dell’arrivo dei carabinieri. I due amici guardano la nazionale in tv (ci sono i Mondiali di Germania), dopodiché escono. Si fermano in un bar. Evidentemente alzano il gomito. Quindi decidono di spostare alcune transenne in mezzo a via Dandolo. Un bravata da ubriachi. Di nuovo le parole di Alberto: “Quel carabiniere si era inferocito contro Giuseppe”. Quindi Uva viene “scaraventato” dentro la macchina di servizio. “Mentre Giuseppe era sdraiato sul sedile posteriore il carabiniere grosso gli sferrava calci, pugni e ginocchiate”. Poco dopo arrivano due volanti della polizia. Una terza li seguirà in caserma. In quel momento tutte le volanti a disposizione per il turno si stanno occupando del caso Uva. Per molte ore la città di Varese resta senza pattuglie.
Alle 3 e 30 l’arrivo in caserma. Alberto perde di vista Giuseppe. “C’era un via vai di carabinieri e poliziotti”. Nel frattempo si sentono “le urla di Giuseppe echeggiare assieme a colpi dal rumore sordo”. Poi nella sala d’attesa dove sta Alberto compare “il carabiniere grosso mostrando i segni su mignolo e anulare”, commentando “sto pezzo di merda” e rimarcando verso Alberto “non preoccuparti che poi arriva anche il tuo turno, comunisti di merda!”.
Il tutto sarebbe durato circa due ore. Intanto, Alberto chiama il 118 (ci sono le telefonate). L’ambulanza non arriva perché dalla caserma fanno sapere che si tratta “di due ubriachi”. Giungerà poco dopo allertata dagli stessi militari che chiedono un Tso (trattamento sanitario obbligatorio) per Giuseppe Uva. Nel frattempo, Alberto Biggiogero non smette di chiedere cosa stia succedendo. “E’ lui che sbatte contro la scrivania, le sedie e gli stivali”, sarebbe stata la risposta di un carabiniere.
4 commenti:
Povero uomo, colpevole d'essere dall'altra parte della barricata, che schifo l'Italia!
Queste immagini mi fanno star male.
ho letto in un articolo che i pantaloni erano insanguinati all'altezza del cavallo, e non sono più stati trovati gli slip... non oso immaginare a quale barbaria siano giunti, in gruppo!
AGGHIACCIANTE!
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