lunedì 22 marzo 2010

UVA, MISTERO SUL PESTAGGIO


INDAGINE ANCORA A CARICO DI IGNOTI

di Davide Milosa

Mentre stavamo spostando la transenna è arrivata una pattuglia dei carabinieri. Sono scesi due militari e il più grosso si avvicinava a noi con uno sguardo stravolto e terrificante, si è messo a inseguire Giuseppe, urlando: ‘Uva proprio te cercavo, questa notte te la faccio pagare’”. Inizia così il racconto di una sera di ordinaria follia a Varese. Un racconto che finisce dritto all’obitorio, dove viene depositato il cadavere di Giuseppe Uva nato a Caravate il 17 giugno 1965. Nel mezzo quelle ore infinite passate nella caserma di via Saffi la notte tra il 13 e il 14 giugno 2008. Vale a dire 21 mesi fa. Eppure solo ora la vicenda sembra mostrare l’orrore di un abuso di violenza da parte delle forze dell’ordine, aggravato da coperture e omissioni. Sì, perché l’inizio di questo racconto sta nella querela fatta da Alberto Biggiogero, l’amico che quella sera d’estate era in compagnia di Giuseppe.

Ecco i fatti, prima dell’arrivo dei carabinieri. I due amici guardano la nazionale in tv (ci sono i Mondiali di Germania), dopodiché escono. Si fermano in un bar. Evidentemente alzano il gomito. Quindi decidono di spostare alcune transenne in mezzo a via Dandolo. Un bravata da ubriachi. Di nuovo le parole di Alberto: “Quel carabiniere si era inferocito contro Giuseppe”. Quindi Uva viene “scaraventato” dentro la macchina di servizio. “Mentre Giuseppe era sdraiato sul sedile posteriore il carabiniere grosso gli sferrava calci, pugni e ginocchiate”. Poco dopo arrivano due volanti della polizia. Una terza li seguirà in caserma. In quel momento tutte le volanti a disposizione per il turno si stanno occupando del caso Uva. Per molte ore la città di Varese resta senza pattuglie.

Alle 3 e 30 l’arrivo in caserma. Alberto perde di vista Giuseppe. “C’era un via vai di carabinieri e poliziotti”. Nel frattempo si sentono “le urla di Giuseppe echeggiare assieme a colpi dal rumore sordo”. Poi nella sala d’attesa dove sta Alberto compare “il carabiniere grosso mostrando i segni su mignolo e anulare”, commentando “sto pezzo di merda” e rimarcando verso Alberto “non preoccuparti che poi arriva anche il tuo turno, comunisti di merda!”.

Il tutto sarebbe durato circa due ore. Intanto, Alberto chiama il 118 (ci sono le telefonate). L’ambulanza non arriva perché dalla caserma fanno sapere che si tratta “di due ubriachi”. Giungerà poco dopo allertata dagli stessi militari che chiedono un Tso (trattamento sanitario obbligatorio) per Giuseppe Uva. Nel frattempo, Alberto Biggiogero non smette di chiedere cosa stia succedendo. “E’ lui che sbatte contro la scrivania, le sedie e gli stivali”, sarebbe stata la risposta di un carabiniere.

Giuseppe Uva arriva all’ospedale di Varese alle 5 e 48. Morirà per arresto cardiaco alle 10 e 30. Nella nota del posto di polizia si dà notizia del decesso e si sottolinea: “Pur non trattandosi di evento non traumatico” come, invece, “si evince dal referto medico”. Alle 7 Giuseppe viene portato in psichiatria per il Tso. Qui viene visitato da due medici, M. C. e C. F. Entrambi indagati per omicidio colposo, perché, si legge nel decreto di avviso chiusura indagini, “M.C. nonostante la persona presentasse sintomi di assunzione di alcol, le somministrava una fiala di Talofen, di Farganesse e Tavor (farmaci antipsicotici, sedatici e ansiolitici)”. Lo stesso avrebbe fatto C.F. Per questo i due medici avrebbero “agito con colpa perché la somministrazione dei citati farmaci è controindicata in presenza di assunzione di alcol”. “L’inchiesta – sottolinea Maurizio Grigo, Procuratore di Varese - si è chiusa in meno di un anno”. Per questo “avallo in pieno l’operato dei magistrati”. Resta, però, in piedi un altro fascicolo (ad oggi a carico di ignoti) su quelle due ore passate da Giuseppe Uva nella caserma di via Saffi dove sono rimaste anche tutte le volanti della Questura di Varese. Particolare giustificato solo da una grave situazione d’emergenza e che invece stride con la magra relazione fatta dalla polizia. Contraddizione emersa durante il turbolento interrogatorio del capo delle volanti di Varese davanti al pm Agostino Abate. “E’ normale – chiede il magistrato – che tre pattuglie siano impegnate per ore e nessuno fa relazione su quello che hanno fatto?”. Nella relazione è annotato l’intervento in ausilio ai carabinieri, attorno alle 3 e 30 e l’accompagnamento in ospedale alle 5 e 30. Ma nulla si dice di cosa sia successo in mezzo. “Non si sa a fare cosa – sottolinea Abate – e soprattutto perché”. Sempre identica la risposta: “Non lo so”. Nessuna spiegazione sul fatto, rimarca il pm, che “tutti gli uomini del turno siano rimasti per ore nella caserma”. E questo nonostante si trattasse solo di due ubriachi. Ecco, infine, le condizioni in cui è stato trovato il corpo di Uva. Si tratta della relazione fatta dalla polizia dell’ospedale. “La parte ossea del naso era munita di una vistosa ecchimosi, così dicasi per la parte sinistra del collo, le cui ecchimosi proseguivano sulla parte dorsale”. Lesioni di “cui non viene fatta menzione nel verbale medico di accettazione."

4 commenti:

Francy274 ha detto...

Povero uomo, colpevole d'essere dall'altra parte della barricata, che schifo l'Italia!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Queste immagini mi fanno star male.

Anonimo ha detto...

ho letto in un articolo che i pantaloni erano insanguinati all'altezza del cavallo, e non sono più stati trovati gli slip... non oso immaginare a quale barbaria siano giunti, in gruppo!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

AGGHIACCIANTE!