giovedì 8 aprile 2010

AD OVEST DEL PD


di Gianni Barbacetto

C’era una volta il Friuli-Venezia Giulia in cui il centrosinistra governava in Regione, a Trieste, a Udine. Oggi, chiusa la fase di Riccardo Illy, che cosa fa, invece, il piccolo Partito democratico, tornato all’opposizione? Litiga e si divide in una miriade di correnti, sottocorrenti e gruppi.

La prova del fuoco è stata l’approvazione dello statuto regionale del Pd. Poteva essere un’occasione per discutere di politica, per riflettere su come aprire il partito ai cittadini. Invece è stato il pretesto per uno scontro su poltrone e potere. Su che cosa si è incentrato, infatti, il dibattito? Sull’articolo 45, che stabilisce quanti mandati possono fare gli eletti. Due, dice la proposta della commissione che ha elaborato lo statuto, che possono diventare tre in via eccezionale, con deroga votata dall’assemblea del partito. Apriti cielo. La discussione si è infiammata. Con riunioni, pronunciamenti, assemblee, interventi vigorosi, ma anche urla, strepiti, cori da stadio. Per capire che cosa è successo, è necessario classificare le correnti e sottocorrenti del Pd friulano, impresa da spaventare un entomologo, o anche un ex kremlinologo, o un esperto di balene bianche democristiane... Tentiamo.

C’è un segretario regionale: Debora Serracchiani. Volto nuovo, personaggio noto anche oltre Tagliamento. La sostengono due correnti, i “Semplicemente Democratici per Franceschini” della Serracchiani e i “Democratici con Dario Franceschini” (cioè l’ex Margherita), guidati dal più potente dei politici friulani, Gianfranco Moretton. Poi c’è la componente Bersani friulana (Udine), guidata da Enzo Martines. Poi ancora la componente Bersani giuliana (Trieste), guidata da Roberto Cosolini. Infine la componente che fa riferimento a Ignazio Marino, guidata da Rino Battocletti.

Risulta subito chiaro che la maggioranza di chi ha una poltrona in qualche assemblea elettiva non vuole il limite di due mandati e poi a casa. Alla formula 2+1 sostituisce il 3, o addirittura il 3+1. Debora Serracchiani tenta di resistere, poi accetta una mediazione. Dice ai suoi: “Guardate, sui due mandati siamo nei casini, i vecchi ne vogliono tre. Per tenere in piedi la baracca dobbiamo rinunciare. Altrimenti i nostri in consiglio regionale fanno gruppo proprio o vanno nell’Api di Rutelli”. La brava gente che la segue china il capo e accetta. Ma poi lei stessa capisce che rischia di diventare ostaggio dei cacicchi di partito. Ha un moto d’orgoglio: “I principi valgono più dei compromessi”. Gli schieramenti sull’articolo 45, dunque, sono: SemDem (Serracchiani) e bersaniani di Trieste (Cosolini) per il 2+1; gli altri (ex Margherita di Moretton e bersaniani di Martines) per 3 o 3+1.

Si vota. Vince Debora Serracchiani e il Friuli-Venezia Giulia sta per varare lo statuto Pd più democratico e partecipativo d’Italia: rinnovamento, primarie, assemblea, democratizzazione delle procedure. Troppo bello per essere vero. Martines chiede 15 minuti di sospensione. Moretton riorganizza i suoi. Salta tutto. Sta per saltare anche la segreteria Serracchiani. Alla fine, compromesso: statuto approvato (con soli cinque voti di scarto), ma senza l’articolo 45 sui mandati (si vedrà). Morale della favola: anche ai confini orientali il rinnovamento è difficile e i cacicchi pesano sul partito.

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