di Bruno Tinti
Ho conosciuto a una cena di amici una ragazza di circa 25 anni, prossima alla laurea in Biologia Molecolare; non sapevo nemmeno di cosa si trattasse. Molto tranquilla, parlava un po’ con lo stile di certi cattolici, a bassa voce, senza enfasi ma molto sicura di sé e delle sue idee. Mi ha detto che faceva parte di “Lotta comunista”. “Che significa?”, le ho chiesto; e lei “Lotta alla repressione, alla violenza, alla guerra; lotta contro l’oppressione del forte sul debole, delle classi dominanti su quelle meno favorite”. Mi sembrava di sentire i miei amici sessantottini. Le ho chiesto di scendere nel concreto: repressione? polizia e magistratura; violenza, guerra? l’Afghanistan; oppressione? precariato, sfruttamento degli immigrati, disoccupazione. E poi sono saltate fuori Tav, Vaticano, diritto alla morte (o alla vita) dignitosa, Ru486, Dico e non so che altro.
Era molto informata e, come ho detto, parlava a bassa voce, tranquilla, senza aggressività ma con molta determinazione. Dopo un po’ le ho detto che, fatta salva quella che lei chiamava “repressione di polizia e magistratura” che mi parevano indispensabili per garantire la civile convivenza, condividevo tutto quello che lei diceva. Però, ho aggiunto, mi sembrava che avessimo un problema più grave, al momento. “Quale?”. “Ma Berlusconi, l’illegalità al potere, la violazione sistematica delle regole, l’attacco alla Costituzione”. “Ma non potete ridurre tutto a Berlusconi! L’antiberlusconismo è un problema contingente, noi dobbiamo guardare ai grandi problemi!”. Voleva cambiare il mondo.
Mi è piaciuta tanto. Però, naturalmente, aveva torto. Prima di cambiare il mondo bisogna liberarsi di quelli che lo occupano. Così mi sono ritrovato a parlare della cosiddetta opposizione. Divisa su tutto. Sì Tav, no Tav; sì alla missione di pace in Afghanistan, no alla guerra in Afghanistan; si alle intercettazioni ma temperate dalla tutela della privacy; insomma tutti i distinguo che hanno portato all’emarginazione di intere fette della sinistra storica italiana, alla contrapposizione quasi quotidiana tra Pd e Idv, al disprezzo (addirittura) di forze politiche nuove come i movimenti di Grillo. E mi sono chiesto quale straordinaria miopia impediva a tutta questa gente di capire che le loro visioni del mondo potevano essere legittimamente diverse; ma che, intanto, dovevano cominciare a guadagnarselo il potere di cambiarlo. E che quindi dovevano riunire le loro forze, accantonare le loro differenze e riconoscersi nell’unica lotta che certamente li avrebbe uniti: quella contro l’illegalità, l’attacco alla Costituzione, l’interesse privato al potere. Quella contro Berlusconi. “Un’opposizione unita ha i numeri per prevalere in Parlamento - ho detto - poi potremo occuparci della Tav”. Ma non era convinta. Così ho fatto alla mia nuova amica questo esempio: “Vedi, si può discutere di cosa è più importante che i bambini imparino a scuola. Prima italiano e poi matematica? E quante ore dedicare alla storia e quante alla geografia? E l’educazione fisica? E l’ora di religione? Non è facile dividere in maniera razionale ore d’insegnamento e risorse economiche. È prevedibile che le opinioni in proposito saranno diverse. Ma - ho concluso - se il maestro di questi bambini è uno che li molesta abbiamo un problema prioritario; dobbiamo subito allontanarlo dalla scuola; poi potremo occuparci dell’ora di religione”. Non so se l’ho convinta; però è rimasta a pensarci.
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