Il Quirinale e la lunga serie di via libera contestati
di Antonella Mascali
Non solo il neo legittimo impedimento. Il presidente Napolitano ha firmato altre leggi che hanno suscitato forti perplessità fra i costituzionalisti, a cominciare dal lodo Alfano – la prima legge approvata da questa maggioranza, per bloccare i processi a Berlusconi. Congelava i dibattimenti per le più alte cariche dello Stato ed era la fotocopia di quello Schifani – già bocciato dalla Consulta – con l’eccezione che non valeva per il presidente della Corte costituzionale. La legge Alfano approvata nel luglio 2008, firmata dal Quirinale nonostante gli interventi contrari di fior di costituzionalisti, è stata anch’essa cassata dalla Consulta nell’ottobre dell’anno scorso. Il rilievo più significativo: fino a quando avremo questa Carta, i cittadini sono uguali davanti alla legge. Tutti. L’ufficio stampa del Quirinale ha spiegato perché Napolitano ha firmato il lodo Alfano. Quando la Consulta bocciò quello Schifani tuttavia “giudicò un interesse apprezzabile” la tutela del bene costituito dalla “assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche… ”. E comunque il presidente non poteva chiedere “un intervento preventivo alla Corte costituzionale”. Napolitano ha rivendicato la firma anche dello scudo fiscale. Una legge che ha premiato evasori e riciclatori di soldi sporchi all’estero, con un’imposta di appena il 5%. Per molti un’istigazione a delinquere e un’amnistia mascherata. Non per il Quirinale: “La previsione di ipotesi di non punibilità subordinata a condotte dirette ad ottenere la sanatoria di precedenti comportamenti non è ritenuta qualificabile come amnistia in base a ripetute pronunce della Corte costituzionale”. Lo scudo fiscale è stato approvato definitivamente alla Camera il 2 ottobre dell’anno scorso con soli 20 voti di scarto. Se non fossero stati assenti 23 deputati del Pd e 6 dell’Udc, non sarebbe passato. Sempre nel 2009, a gennaio, era stato approvato in Parlamento e firmato dal presidente il cosiddetto decreto “anticrisi”. Al suo interno l’Iva raddoppiata per le pay tv, ovvero per Sky, concorrente delle televisioni del premier. Quest’anno, il 10 marzo, alla commissione competente del Senato, l’alto commissario per i diritti umani dell’Onu, Navi Pillay, ha riservato dure critiche all’Italia per il pacchetto “sicurezza” approvato dalla maggioranza e controfirmato da Napolitano. È quello che ha introdotto il reato di clandestinità per gli immigrati senza documenti e che ha istituito le ronde nelle città. Contro il reato di clandestinità c’era stato anche un appello di diversi giuristi: “Una norma che criminalizza mere condizioni personali e presenta molteplici profili di illegittimità costituzionale” anche in base a una sentenza emessa nel 2007 dalla Consulta.
Andando ora a queste settimane, arriviamo al decreto “interpretativo” per salvare le liste regionali del Pdl nel Lazio e in Lombardia. Si dice che Napolitano abbia firmato dopo la “minaccia” di Berlusconi di chiamare il popolo in piazza. Cosa che il premier ha fatto lo stesso il 20 marzo a piazza San Giovanni a Roma. Il decreto è stato definito dal costituzionalista Gustavo Zagrebelsky “un abuso, una corruzione della forza della legge per violare insieme uguaglianza e imparzialità”. Anche con il governo Prodi, Napolitano ha firmato leggi controverse. Quella soprannominata “salva-Pollari”, per esempio. Riguarda la possibilità per un agente o funzionario dei servizi segreti, imputato, di potersi appellare al segreto di Stato per non rispondere alle domande di un magistrato. Se il segreto viene confermato dalla presidenza del Consiglio è fatta. A meno che la Consulta dichiari il contrario. Grazie a questa riforma del 2007, si sono salvati in primo grado l’ex direttore del Sismi Pollari e l’ex numero 3, Mancini, accusati, assieme ad altri agenti di aver concorso con 007 della Cia al sequestro dell’ex imam Abu Omar, a Milano. Il giudice Magi, che ha condannato gli imputati americani, ha dichiarato non giudicabili i funzionari del Sismi proprio per quel segreto di Stato confermato anche dalla Consulta, a cui si erano rivolti i pm Spataro e Pomarici. Un segreto di Stato definito da Magi “un’immunità che non sembra essere consentita da nessuna legge della Repubblica italiana”. Pochi mesi prima, autunno 2006, Napolitano aveva firmato il decreto Mastella sulla distruzione dei dossier illeciti, convertito in legge dal Parlamento con voto bipartisan, alla velocità dei fulmini, in pieno scandalo spioni Telecom. Con beffa delle vittime, gli spiati.
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