venerdì 9 aprile 2010

La resurrezione di Lazzarone


di Marco Travaglio

L’altro giorno una collega spagnola, intervistandomi sul libro “Papi” appena tradotto, mi ha posto una di quelle domande che possono venire in mente solo a una giornalista non italiana, cioè non mitridatizzata al peggio: “Voi italiani a Berlusconi perdonate tutto. Fate così anche con gli altri politici o solo con lui?”.

Ho subito pensato alle tre-quattromila porcherie che sono emerse irrefutabilmente a carico di Berlusconi e ho provato a figurarmi che ne sarebbe di Prodi, Veltroni, Casini, Di Pietro, ma anche di Fini e perfino di Bossi se ne avessero fatta una sola, la più minuscola: giornali e tv li avrebbero già massacrati e sparati nell’iperuranio.

Per dire: se avessero ospitato in casa un mafioso per due anni, accumulato miliardi di fondi neri all’estero, sgraffignato una casa editrice a un concorrente in seguito alla sentenza di un giudice corrotto con soldi loro da un loro avvocato, comprato un testimone perché mentisse e li salvasse da un paio di processi, frequentato prostitute poi candidate alle elezioni, raccomandato signorine alla Rai per sfuggire a ricatti, minacciato un’Autorità indipendente perché chiuda programmi sgraditi, epurato Montanelli dal suo Giornale e Biagi, Luttazzi e Santoro dalla Rai, imposto al Parlamento 38 leggi ad personam per sistemare gli affaracci propri, violato la Costituzione a ogni respiro, insultato giudici, giornalisti, oppositori, elettori, Corte costituzionale, Europa e Onu, trasformato Palazzo Chigi in un lombrosario, collezionato figure di merda in ogni missione fuori dalla cinta daziaria, candidato la propria igienista dentale, baciato la mano a Gheddafi, leccato il culo a Putin e financo a Lukashenko, beatificato come eroe un mafioso sanguinario, cose così.

La risposta è: no, siamo un popolo di bocca buona e di stomaco forte, ma quel che perdoniamo a lui non lo perdoniamo a nessun altro.

A questo punto, siccome la giornalista non è italiana, è scattata la seconda domanda: “Perché?”. Perché lui ha le tv e gli altri no. Perché lui ha i giornali e gli altri no. Difficilmente, con qualche tv e qualche giornale all’attivo, il sindaco di Bologna Flavio Delbono si sarebbe dimesso all’istante per una storiella di poche migliaia di euro senza nemmeno tentare di trasformarla in un complotto ordito dalle toghe azzurre contro un primo cittadino eletto dal popolo. Con tv e giornali dalla sua parte, nemmeno Bottino Craxi avrebbe preso la via di Hammamet. L’ha ammesso la figlia Stefania: “A Bettino gli italiani non hanno creduto, a Silvio sì”.

Poco meno di un anno fa Berlusconi era politicamente una larva. Dopo le passerelle del Presidente Consolatore sui cadaveri de L’Aquila a favore di telecamera e il comizio del Presidente Partigiano col fazzoletto al collo il 25 aprile a Onna, il pover’uomo fu improvvisamente investito dagli strali di Veronica (“è un uomo malato, frequenta minorenni”), dalle incaute interviste di Noemi (“da grande voglio fare la soubrette o la deputata, deciderà Papi”), dalle foto di Zappadu sull’harem di Villa Certosa, dalle registrazioni di Patrizia D’Addario sui festini a Palazzo Grazioli e dalla sentenza della Cassazione su Mills che lo immortala come un corruttore incallito.

Si sperava che l’opposizione ne approfittasse un filino e che almeno l’incubo di vederlo salire un giorno le scale del Quirinale per non uscirne più fosse definitivamente svanito. Invece, grazie al servilismo dei suoi impiegati sparsi per le tv e i giornali e alla cecità suicida dei diversamente concordi del Pd, è tutto dimenticato.

Riecco dunque il ducetto più potente e protervo che pria, travestito da padre ricostituente per riprendere in ostaggio la Giustizia, l’Unità d’Italia e la Costituzione, spalleggiato da giureconsulti del calibro di Calderoli detto Pota e Renzo Bossi detto Trota.

Intanto quel che resta del capo dello Stato gli firma l’ennesima legge incostituzionale, sennò lui gli mette il broncio. E il Pd attende ansioso un invito a tavola, senz’accorgersi che il suo ruolo non è di commensale, ma di pietanza.

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