E i Colonnelli tradiscono il loro ex capo: in 75 firmano contro di lui
di Luca Telese
Nessun gruppo separato in Parlamento (per ora). Ma continua la guerra senza quartiere nel Pdl, come una partita di ping pong. Il prossimo atto? La direzione del partito di domani, dove a girare le carte sarà Silvio Berlusconi. Intanto Gianfranco Fini ha girato le sue: “Io non ho intenzione di togliere il disturbo né di stare zitto. Mi auguro - ha detto nella riunione a porte chiuse - che Berlusconi accetti che esista un dibattito interno al Pdl”. E ancora: “La Lega è un alleato importante, ma non può essere il dominus”. Di più: “Il Pdl non può essere il partito del predellino in cui tutti sono d’accordo e devono dire che tutto va bene”.
Firme contro firme. Che significato ha questo discorso? Dal punto di vista numerico che l’ex leader di An ieri ha portato a casa un risultato importante, ma non privo di ombre e di interrogativi. Il successo sono le firme di 52 parlamentari, tutti dell’area che viene da An, più 5 eurodeputati, in calce a un documento di fiducia nei suoi confronti, che rappresentano di fatto l’atto di nascita della sua corrente (la prima area non berlusconiana organizzata). La risposta dei “Colonnelli” - con in testa Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri - è un controdocumento di 75 parlamentari che dicono di sentirsi più rappresentati da loro che dall’ex leader. Al documento dei colonnelli aderiscono tutti i ministri (compresa una finiana storica come Giorgia Meloni) tranne Andrea Ronchi. Che il rapporto di forza fra l’anima non berlusconiana e berlusconiana dell’ex An potesse essere questo - anche in termini numerici - si sapeva: ma ora che viene messo nero su bianco, e corredato dalla lista delle firme, tutto cambia.
Lista coperta. Quella che si è scatenata nel Palazzo, infatti, è molto più di una conta, una vera e propria “caccia” ai finiani che hanno manifestato il loro sostegno al presidente della Camera. Al punto che Flavia Perina, ieri, sprizzava gioia da tutti i pori per il risultato raggiunto: “Il nostro è un successo politico”. Ronchi, all’altro lato del Transatlantico, gettava acqua sul fuoco: “Non è nata nessuna corrente”. Possibile? Piccolo corollario che rende l’idea della tensione in campo: la lista completa dei supporter di Fini (39 alla Camera più 13 al Senato) per ora resta coperta, per impedire intimidazioni, e tentativi di “calciomercato”, operazioni giornalistiche di demolizione: “I berluscones non si aspettavano una partecipazione di questo tipo - spiega uno dei finiani sotto anonimato - la loro speranza è quella di costruire operazioni di killeraggio con gli house organ della casa”. Ovvero Libero e Giornale, che anche ieri rovesciavano pece bollente sul presidente e sui suoi. Nel suo editoriale Maurizio Belpietro si spingeva più in là, chiedendo esplicitamente a Berlusconi di espellere il grande dissidente: “Se Fini resta, a condizione di ridimensionare le proprie pretese bene. Diversamente meglio affrettarne l’uscita”.
Cordone protettivo. Che il clima sia questo si capisce fin dalla mattina. La riunione dei finiani è fissata per le 12. Arrivi all’ascensorino che dal Transatlantico porta ai gruppi parlamentari e alla “sala Tatarella”, e dopo pochi passi vieni bloccato dai commessi. Intorno alla riunione, il presidente della Camera ha steso un cordone protettivo istituzionale, una sorta di “zona rossa”. E’ il primo segnale di una tensione palpabile e del desiderio di non avere incollati alle porte troppi occhi discreti.
L’altro campanello di allarme, ancora prima che si inizi a discutere, è lo sfogo di Roberto Menia, fedelissimo finiano, l’unico che fra gli applausi, nell’ultimo congresso di An, intervenne contro lo scioglimento. Il sottosegretario all’Ambiente esterna nel cortile interno del Palazzo “Ho detto senza peli sulla lingua a Bocchino di smetterla perché già ha fatto abbastanza danni, e l’ultimo caso è stata la rissa in tv cui tutto il mondo ha assistito”. Questo è uno dei segnali che dovrebbe preoccupare Fini. Tra i firmatari del documento, infatti, ci sono molti che lo intendono come “un atto di solidarietà” a Fini, più che un passo politico. Il presidente della Camera ha trovato un paragone utile: “Le categorie del tradimento sono tali - spiega nella relazione - che da un anno un autorevole esponente del governo in Sicilia ha costituito il gruppo Pdl-Sicilia, che convive con il Pdl. Se invece qualcuno ipotizza che accanto al Pdl possa nascere Pdl Italia, diventa tradimento".
Leghisti a Palazzo Grazioli.
2 commenti:
Al seguente link potrete visualizzare il servizio "Berlusconi VS Saviano",
http://www.uniroma.tv/?id_video=15683
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Fini ha avuto il meruto di portare allo scoperto la questione del dissenso interno al PDL. Ma la vedo dura perchè con lui sono in pochi. Una condizione di isolamento che lui stesso a contribuito a crearsi nel momento in cui ha acconsentito a consegnare An al Cavaliere
La scelta di Fini: costruire una minoranza interna al PDL
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