AL CENTRO DELLA QUERELLE L’INVESTITURA DEL NUOVO RESPONSABILE DELLE SCORTE ISTITUZIONALI
di Giuseppe Lo Bianco
Un generale nominato dal ministro, un altro nominato dal capo del Dap: al ministero della Giustizia, in via Arenula, c’è una poltrona per due, già assegnata, quella del vertice dell’Uspev (Ufficio per la Sicurezza Personale e per la Vigilanza) che gestisce le scorte istituzionali. Se la contendono due generali, Gianni Sanseverino e Mauro D’Amico, il primo nominato dal capo del Dap Franco Ionta, il secondo direttamente dal Guardasigilli, Angelino Alfano.
LA SITUAZIONE PIRANDELLIANA, alla quale si sta cercando di provvedere con la revoca del provvedimento di Ionta, è il frutto della “guerra” ormai dichiarata tra il ministro della Giustizia a il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, per anni pm alla procura di Roma.
UNO SCONTRO CHE si è acceso all’indomani della scadenza dell’incarico del precedente capo dell’Uspev, il generale Pierantonio Costantini, la cui esperienza è stata definita “triste” dal sindacato della polizia penitenziaria Osapp, che non ha lesinato critiche alla gestione dell’ufficio, “dove tutti – ha scritto in una nota l’Osapp – facevano di tutto e di più, esattamente come recita lo spot della Rai’’.
Esercitando i suoi poteri, Ionta ha sostituito Costantini con il generale Gianni Sanseverino, probabilmente senza consultare il ministro. La scelta, evidentemente, non è piaciuta al Guardasigilli, che ha preso carta e penna nominando immediatamente un altro generale, Mauro D’Amico, indicato dall’Osapp come “già esperto al GOM, alla Super Scorta del ministro e della Vigilanza’’.
Ma la “guerra” non ancora conclusa paralizza la funzionalità di alcune carceri in attesa delle decisioni romane per sbloccare le nomine di vertice.
Come il carcere di Pagliarelli, a Palermo, dove la reggente della struttura, Francesca Vazzana, è ancora in attesa di sostituire stabilmente la direttrice Laura Brancato, sospesa dopo la richiesta di rinvio a giudizio avanzata nei suoi confronti dalla procura di Palermo per truffa, falso e abuso di ufficio e l’installazione di apparecchiature atte ad intercettare’’.
SECONDO L’ ACCUSA, il direttore, attraverso un centralino fantasma, avrebbe spiato tutte le conversazioni telefoniche in arrivo e in partenza dal carcere di Pagliarelli. Un accusa respinta dal suo legale, l’avvocato Vincenzo Lo Re, secondo cui quell’apparecchio non era in grado di intercettare nulla.
ALLA DIRETTRICE LA PROCURA contesta anche di avere usufruito di esami e servizi sanitari gratuiti, previsti solo per i detenuti, grazie all’appoggio dell’ex dirigente sanitario del carcere, Sergio Cavallaro, anch’egli indagato. E come per i due generali anche le due direttrici sono costrette a condividere la medesima struttura: pur non esercitando le funzioni, la dottoressa Brancato continua a vivere nell’appartamento del carcere riservato al direttore.
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