mercoledì 21 aprile 2010

Habemus giudice: ora c’è chi valuterà il premier su Trani


CASO AGCOM, SORTEGGIATI I COMPONENTI DEL TRIBUNALE DEI MINISTRI, I SOLI TITOLATI A CONDANNARE O ASSOLVERE MEMBRI DEL GOVERNO
di Marco Lillo

Finalmente Silvio Berlusconi ha un giudice. Il collegio dei reati ministeriali, il tribunale speciale composto da tre magistrati estratti a sorte e deputato a condannare o assolvere i membri del governo, infatti, era vacante. L’ex presidente Giovanni Fargnoli da due mesi è stato nominato in Corte di Appello e così il governo è rimasto senza giudice. Dopo circa due mesi di stop, venerdì scorso il presidente della Corte di Appello di Roma ha effettuato il sorteggio del sostituto. È stato selezionato il giudice di Tivoli Pier Luigi Balestrieri, quello che ha deciso il rinvio a giudizio delle maestre dell’asilo di Rignano Flaminio. Il collegio dovrebbe essere presieduto però dal giudice Eugenio Curatola, il più anziano dei tre. Accanto a Curatola (noto anche per la decisione negativa sul ricorso del Codacons finalizzato a costringere il governo a inviare sms prima dei referendum per invitare a votare) e Balestrieri, il collegio è composto anche da Alfredo Maria Sacco, giudice civile con una grande esperienza nel settore fallimentare.

Ancora il collegio non è stato convocato. Ci vorranno un paio di settimane per iniziare a studiare le carte inviate da Trani alla Procura di Roma e da questa smistate al Tribunale dei ministri. La Procura di Roma, che non può indagare sui ministri ma solo suggerire attività, ha chiesto ai giudici dei ministri di sentire come testimoni una dozzina di soggetti citati nelle intercettazioni, tra i quali spiccano il Commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi e il direttore generale della Rai Mauro Masi.

Il disinteresse per l’inchiesta sul premier e persino per i suoi giudici è inquietante. Per due settimane sembrava che l’accertamento delle responsabilità di Berlusconi fosse una questione di vita o di morte. Dopo lo scoop del Fatto Quotidiano del 12 marzo scorso, Trani sembrava la capitale d’Italia. I migliori inviati erano accorsi nella cittadina pugliese per raccontare i contenuti dell’inchiesta esplosiva del pm Michele Ruggiero. La pubblicazione delle intercettazioni telefoniche nelle quali il premier ordinava al commissario dell’Autorità Garante, Giancarlo Innocenzi, di far chiudere Annozero e le altre trasmissioni scomode come Ballarò e Parla con me sembrava dover terremotare il governo. Le indagini, che vedevano iscritto per favoreggiamento Innocenzi, per concussione Berlusconi e per rivelazione del segreto istruttorio il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, impedivano di nascondere quello che in molti sapevano: il controllo sistematico dell’informazione in tv da parte degli uomini del Cavaliere; la sconcertante vicenda di un membro dell’Autorità garante e la violenza verbale del sultano con i suoi sudditi in Parlamento, in Rai e nelle istituzioni di controllo. Il Re e il suo regime erano davvero nudi. Eppure quasi un mese e mezzo dopo l’ondata di indignazione, tutto tace. Nessuno si cura delle indagini penali. Né di quella su Berlusconi (trasferita a Roma) né di quella su Innocenzi, rimasta a Trani. Almeno per ora. Domani, se i termini saranno rispettati, la Procura generale della Cassazione dovrebbe stabilire se l’inchiesta su Innocenzi resta a Trani o se, come sostiene nel suo ricorso l’avvocato Marcello Melandri, l’indagine deve andare, per connessione con quella di Berlusconi, a Roma. Le conseguenze sono importanti. Se le carte resteranno a Trani, a stretto giro potrebbero diventare di pubblico dominio. Con la chiusura dell’indagine su Innocenzi l’intero esplosivo materiale in mano ai pm finirà agli avvocati. Comprese le migliaia di intercettazioni di Innocenzi, Minzolini e Berlusconi. Se invece l’inchiesta andrà a Roma, i tempi si allungheranno. Intanto anche sul “procedimento disciplinare” dell’Agcom contro Innocenzi è caduto il silenzio. Il Comitato etico composto da tre magistrati anziani, con molta calma, sta svolgendo i suoi accertamenti. Sono passati quaranta giorni dalla pubblicazione delle intercettazioni eppure l’Autorità continua a tenersi un membro che nega la sua ragione sociale di “Garante indipendente” con le sue stesse parole. Il presidente Corrado Calabrò, che intanto continua a rilasciare interviste per chiedere al Parlamento di adeguare la sua Agcom agli standard di indipendenza europei potrebbe cominciare a fare pulizia al suo interno. Basterebbe che il Comitato chiedesse a Innocenzi se le cose pubblicate dal Fatto sono vere e - in caso di smentita - basterebbe chiedere copia delle intercettazioni al Tribunale dei ministri. Probabilmente, in qualità di parte lesa della concussione posta in essere con le sue telefonate minacciose da parte del premier Berlusconi, l’Agcom avrebbe diritto a vedere le telefonate del suo commissario. Se solo ne avesse voglia.

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