Sono trent’anni che la Nasa spedisce in orbita satelliti per studiare il Sole, ma mai prima d’ora dallo spazio ci erano arrivate immagini così straordinarie della nostra stella dalla quale dipende l’esistenza sulla Terra. Ci si era preoccupati negli ultimi mesi dell’eccessiva quiete dell’astro, ma ora i telescopi di Solar Dynamics Observatory (Sdo) ci tranquillizzano: tutto funziona bene nell’inferno solare che ha ancora presumibilmente circa 7 miliardi di anni di vita.
STUDIO - Ma perché gli scienziati continuano a studiare il Sole? Perché nonostante le decine di satelliti inviati, i suoi misteri restano. Intanto i suoi cicli undecennali, con un momento di massima e uno di minima attività, non sono così chiari. Il grande enigma resta comunque la causa che genera le altissime temperature di vari milioni di gradi presenti nella corona solare, quando nella cromosfera sottostante il termometro si ferma a «soli» 6 mila gradi. Che cosa provoca l’improvviso innalzamento a una quota di duemila chilometri dalla fotosfera visibile? Cioè quali sono i meccanismi che trasmettono tanta energia poi dissipata in calore nella corona esterna? E come e in che modo il plasma caldissimo sfugge dall’astro generando il vento solare che investe anche la Terra?
DOMANDE - Le domande sono tante ma per trovare risposta bisogna perfezionare gli strumenti e il nuovo satellite Sdo rappresenta un balzo significativo come le immagini dimostrano. Ma se ne stanno preparando altri ancora più importanti. L’Esa europea ha in cantiere la sonda Solar Orbiter che lancerà nel 2015 e che rimarrà in orbita a una distanza di 30 milioni di chilometri dall’astro, cioè all’interno dell’orbita di Mercurio. La Nasa farà ancora di più, riprendendo il progetto di Giuseppe Colombo che negli anni Settanta, quando era al Jet Propulsion Laboratory della Nasa a Pasadena, proponeva un sonda kamikaze che precipitasse sull’astro per indagarlo fino all’ultimo momento e da vicinanze eccezionali. Ora la nuova Solar Probe non realizza precisamente questo sogno, ma almeno si avvicina a 9,5 raggi solari e sarà l’incontro più ravvicinato mai realizzato. E lo scopo di entrambi i robot cosmici è di trovare qualche indizio di risposta alle molte domande aperte che riguardano direttamente perché ciò che succede sul Sole finisce per coinvolgere anche la Terra e quindi noi stessi.
Giovanni Caprara
23 aprile 2010
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