sabato 24 aprile 2010

Il Carroccio del vincitore


di Marco Travaglio

Indovinate, tra Berlusconi e Fini, con chi sta il Corriere della Sera.

Piccolo aiutino: Berlusconi è in maggioranza e Fini è in minoranza.

Altro minuscolo indizio: Berlusconi è presidente del Consiglio e Fini solo della Camera (almeno per ora).

Ultima traccia: Berlusconi è padrone di Mediaset e Mondadori e tramite la figlia siede in Mediobanca che controlla una fetta di Rcs, è amico di altri soci Rcs come Geronzi, Tronchetti e Ligresti; Fini no.

Ecco, indovinato: il Corriere sta con Berlusconi. Anziché limitarsi a spegnere i fuochi, come si conviene al Pompiere della Sera, il quotidiano di via Solferino si schiera apertamente con uno dei due contendenti: quello che vince.

Chi l’avrebbe mai detto. La “guerriglia quotidiana” nel Pdl – lacrima inconsolabile il pompierino capo Massimo Franco – “è capace di destabilizzare il Paese”.

Colpa di Fini, che mettendosi a parlare di politica in un partito che da 16 anni parla solo di affari, di tv e di processi, ha osato criticare il padrone. E l’ha fatto – horribile dictu – “in modo polemico”.

Invece, com’è noto, le uniche critiche ammesse sono quelle che danno ragione al padrone. Quelle di Bondi, per dire. O di Ignazio La Rissa, che ieri ha ricevuto in dono dal capo un suv, ultimo omaggio di Putin (il lettone invece resta saldamente a Palazzo Grazioli).

Secondo Franco, la reazione di Fini a una Lega che tenta di affamare i figli dei poveri nelle mense scolastiche, o leva i diritti ai cosiddetti “extracomunitari” che vivono, lavorano e pagano le tasse in Italia da 20-30 anni, è uno “smarcamento plateale ed esagerato: quello che in gergo calcistico si chiama fallo di frustrazione”.

Non è la Lega che esagera, ma Fini, frustrato che non è altro. E poi, signora mia, non si fanno certe “allusioni pesanti sulla giustizia”, tipo quel riferimento all’“amnistia mascherata” chiamata graziosamente processo breve che, se non fosse intervenuto Fini a stopparla, avrebbe incenerito centinaia di migliaia di processi per bloccarne due, i soliti: Mediaset e Mills.

Se i ministri, i governatori e i sindaci leghisti spandono razzismo a piene mani, devastano la Costituzione e sabotano l’anniversario dell’Unità d’Italia, il pompierino Franco non fa una piega. Ma se Fini fa “allusioni alla giustizia”, insorge contro il suo “comportamento irrazionale e irresponsabile”. E arriva addirittura a inventarsi un non meglio precisato “antiberlusconismo di destra annidato nelle pieghe del Pdl”, una cancrena che “logora tutti”. Perché, è la degna conclusione, “Fini non ha nulla da perdere; Berlusconi e il Paese, molto di più”.

Ecco: Berlusconi e il Paese vengono accomunati in un binomio inscindibile, come se un ometto che ha appena perso dieci punti alle Regionali rispetto alle Politiche di due anni fa (ma Franco non se n’è accorto, infatti vaneggia di “vittoria elettorale netta”), rappresentasse tutta l’Italia. A meno che, per “paese”, Franco non intenda Arcore.

Naturalmente la scelta di campo del Pompiere non più soltanto in favore del centrodestra, ma addirittura di una delle sue correnti, è legittima. Anzi addirittura benefica, perché spazza via definitivamente le scemenze che si leggono sugli house organ ufficiali del regime: quelle secondo cui Fini sarebbe subornato dai “poteri forti” e si appresterebbe, in combutta con Casini e Montezemolo, a scalzare Berlusconi, notoriamente espressione dei poteri deboli (la P2, gli amici di Mangano, la Confindustria, il Vaticano dei Fisichella e dei Bertone, i servizi di sicurezza, i due terzi della Rai, i quattro terzi di Mediaset, Mediolanum, Mondadori e poco altro).

Almeno queste baggianate ci verranno, si spera, risparmiate. Da mesi il Pompiere – salvo rare eccezioni come i pezzi antirazzisti di Stella, le denunce sempre più rare di Sartori sulle cosiddette “riforme” e gli appelli nel deserto di Magris a un Vaticano sempre più intrigante – si affanna a spiegare ai lettori quanto siano buoni e bravi gli “amministratori padani”. Ora, con l’attacco a Fini, il Carroccio del vincitore è definitivamente al completo.

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