Il governo tecnico? Per Silvio Berlusconi resta solo "un'illusione di qualcuno", il sogno impossibile di chi - magari Gianfranco Fini - non fa i conti con i numeri. E tuttavia, tra gli uomini del premier, è tutt'altro che svanito lo spettro di una riedizione del governo Dini del '95 e sale la preoccupazione per alcuni "strani movimenti" che sarebbero in corso tra i presunti registi dell'operazione. Non sono passati inosservati i frequenti contatti tra Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, o gli inviti che, dall'assemblea dell'Alleanza per l'Italia, Tabacci e Rutelli hanno spedito al presidente della Camera. Così come il "patto repubblicano" lanciato da Pierluigi Bersani ed esteso proprio all'ex leader di An. Nulla di concreto, al momento, ma l'allarme resta alto.
Il timore è destinato a crescere con il passare dei giorni, anche perché - come fa notare con malizia un finiano di primo piano - "tutti sanno che, tra pochi giorni, si chiuderà la finestra elettorale per votare a primavera. Dopodiché parlare di voto anticipato diventerà un'arma scarica". Insomma, il momento propizio per un rovesciamento parlamentare starebbe arrivando, anche se Fini per primo, nella riunione di ieri con i suoi fedelissimi, ha assicurato "lealtà" al governo e alla maggioranza. Il problema è che il Cavaliere è anche consapevole che l'ipotesi di elezioni anticipate - unica contromossa rispetto a un "ribaltone" parlamentare - potrebbe rivelarsi un boomerang proprio per il Pdl. L'ultimo sondaggio planato sulla sua scrivania, realizzato all'indomani della drammatica spaccatura nella Direzione Pdl, avrebbe infatti fotografato una realtà drammatica: una formidabile avanzata della Lega, fino al 15 per cento, a scapito proprio del partito di maggioranza relativa.
La cruda realtà dei numeri sconsiglia accelerazioni suicide. Berlusconi, stretto tra il timore di un governo tecnico e l'arma spuntata di elezioni anticipate, è quindi costretto ad andare avanti, provando a mettere la sordina alla polemica con Fini. Durante il lungo pranzo di ieri a villa Gernetto, il premier lo ha ribadito anche a Vladimir Putin: "Ho tre anni di governo davanti. E li useremo per fare tutte le riforme, da quella della giustizia al fisco, oltre all'ammodernamento dello Stato".
Dei problemi con il presidente della Camera, Berlusconi non ha ovviamente discusso con Putin e i ministri russi. In privato tuttavia la spina nel fianco di Fini è quella che continua a pungere di più. "Ormai non più un problema mio, la direzione ha mostrato chiaramente qual è il consenso di cui può disporre. E anche i pochi che gli sono rimasti, presto a tardi capiranno e torneranno uno a uno". Il premier ora si aspetta come minimo le dimissioni di Italo Bocchino, ma "saranno i deputati del Pdl a scegliere da chi vorranno farsi guidare. Ci sarà una votazione democratica, nessuna epurazione". E sarà quella del vicecapogruppo alla Camera l'unica testa a rotolare visto che Berlusconi avrebbe rinunciato a rivalersi anche sui finiani membri del governo come Urso e Augello.
Se insomma l'irritazione verso Fini resta alta, in pubblico Berlusconi eviterà in futuro di ritrovarsi in una situazione di contrapposizione frontale come quella di giovedì scorso. Anzi, alcuni ambasciatori di palazzo Grazioli sono già al lavoro per capire come recuperare un rapporto minimo con il presidente della Camera. Ieri mattina, al termine della presentazione del rapporto Cnel a Montecitorio, Gianni Letta si è appartato per parlare qualche minuto con Fini faccia a faccia. Così come sono state giudicate "non ostili" le dichiarazioni del presidente della Camera davanti alle telecamere di Lucia Annunziata. "I toni - confida Fabrizio Cicchitto - erano diversi. Inoltre ci aveva preannunciato a grandi linee quello che avrebbe detto". Così come è stata accolta con sollievo a palazzo Chigi la decisione di Fini di non presentarsi stasera nello studio di Ballarò ma di limitarsi a registrare una breve intervista.
Intanto, smentendo le anticipazioni su un presunto tandem tra lui e Berlusconi per il 2013, Gianni Alemanno (un altro dei mediatori in campo tra Fini e il premier), ieri si è tirato fuori dalla gara. Utilizzare come Veltroni il Campidoglio per fare la scalata? Giammai, "non c'è niente che porti più jella".
(27 aprile 2010)
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