venerdì 2 aprile 2010

Il commissario Renata e le vuote promesse sulla sanità


di Caterina Perniconi

Renata Polverini sarà il commissario straordinario della sanità del Lazio. Lo ha annunciato oggi il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, dopo un breve incontro con la nuova governatrice.

La scelta di lasciare il settore più delicato della politica regionale alla presidente è dovuta alla necessità di tenere le mani libere dalle pressioni che arrivano da più parti. Nella sanità, infatti, gli interessi sono molteplici. Dagli ospedali pubblici alle aziende private, fino alle cliniche gestite dal Vaticano, tutti busseranno alla porta di Renata. E non potrebbe essere altrimenti, dato che circa l’80% della spesa pubblica delle regioni riguarda ospedali, cliniche convenzionate, farmaci, medici ed esami diagnostici. Una spesa ingente che, soprattutto nel Lazio, “regina” del deficit sanitario, ha determinato un buco di bilancio da costringere la sottoscrizione di un piano di rientro dal deficit. “Mi occuperò personalmente dell’emergenza sanità”, ha spiegato la governatrice. “Oltre alla rinegoziazione del piano di rientro, tra le venti priorità indicate nel mio programma, possiamo considerare come più urgenti l’avvio dell’accorpamento delle Asl, l’abbattimento dei tempi delle liste di attesa e un rigoroso controllo della spesa farmaceutica”. Senza dimenticare il ticket sulla riabilitazione dei disabili, provvedimento contestato da tutti, ma difficile da coprire economicamente: “L’introduzione di questo ticket è inaccettabile – ha detto la Polverini – i cittadini hanno pagato il deficit sanitario di questi anni con l’introduzione di ticket, e l’obiettivo è quello di ridurli il più possibile”. Un lungo elenco di buoni propositi, che però necessitano di una cospicua iniezione di denaro da parte del governo. Dopo la gestione Storace, infatti, il deficit ammontava a 2 miliardi di euro e oggi è stato ridotto a 1,4 miliardi per i tagli ai posti letto e alle spese avvenuto negli ultimi cinque anni.

Ma la Polverini non vuole sentirne parlare: “Verrò misurata in base a quello che farò io, non mi abbinate a nessuno. Con tutto il rispetto nei confronti di Storace che, tra l’altro, ha aperto tre ospedali, mentre le amministrazioni di centrosinistra li hanno chiusi. Io – ha detto la Polverini – farò tutto quello che ho promesso in campagna elettorale”. Ma la governatrice ha sottovalutato che per trovare un punto di equilibrio tra tutti i soggetti e mantenere le promesse elettorali, servirebbero almeno 2,5 miliardi in più all’anno. “Il risanamento dei conti – ha continuato – non passerà attraverso altri sacrifici per i cittadini che già pagano le addizionali Irap e Irpef più alte. Piuttosto, interverrò con forza sugli sprechi a partire dai costi eccessivi della burocrazia. Per questo ho chiesto alla politica di fare un passo indietro”.

Qualcuno quindi dovrà essere scontentato, e difficilmente sarà il mondo cattolico che tanto si è speso per l’elezione della governatrice. La donna più votata del Lazio, infatti, è stata Olimpia Tarzia, con 21.545 preferenze, esponente cattolica che ha già chiesto il conto alla Polverini, facendo sapere che si aspetta un assessorato e sarebbe interessata alle Politiche familiari. Del resto già ieri, dopo le dichiarazioni dei presidenti del Piemonte e del Veneto, Roberto Cota e Luca Zaia sulla pillola abortiva, la Polverini ha dichiarato di essere “a favore della vita” e che farà “tutto il possibile” per difenderla. “Anche se chimico – ha precisato la nuova presidente – si tratta comunque di un aborto e quindi l’utilizzo della pillola abortiva dovrà avvenire in ospedale”. Contraria la neo consigliera regionale dell’Idv, Giulia Rodano: “Dichiarando che la pillola abortiva avrà lo stesso percorso dell’aborto chirurgico, la Polverini dimostra di non conoscere la legge 194, altrimenti saprebbe che la normativa dispone che siano proprio le Regioni a promuovere l’aggiornamento del personale medico sull’uso delle tecniche più moderne e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza. É gravissimo che un presidente di Regione tenti di rendere più difficoltoso il percorso dell’interruzione di gravidanza al fine di dissuadere le donne dall’aborto e di imporre il diktat dei Vescovi: dovevamo aspettarcelo dallo xenofobo Roberto Cota, ma non da una donna”.

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