Per il leader del Pd le riforme in questo contesto politico "sono impossibili, anche perché Berlusconi vuole solo il voto". E subito, dopo l'intervista di oggi a Repubblica 1, arriva la reazione del Popolo delle Libertà e della Lega.
Parte Calderoli, che sottolinea come "se si vuole parlare di riforme si parte da un testo, ci si mette attorno a un tavolo e si lavora. Non è con gli annunci o con gli slogan che si fanno". Il ministro aggiunge poi che "il testo che ho portato al Quirinale è la mia proposta, proprio per avere qualcosa di concreto su cui lavorare. La si può correggere, siamo aperti a qualunque tipo di iniziativa, purchè si cominci al lavorare".
Toni molto più severi quelli usati da uno dei coordinatori del Pdl, Sandro Bondi: "Come può un grande partito di opposizione come il Pd, che si propone nel futuro di diventare forza di governo, respingere la possibilità di un lavoro comune sulle riforme istituzionali prima ancora di verificarne l'effettiva possibilità e ignorando in tal senso le chiare intenzioni pronunciate dal Presidente del Consiglio?". Per Bondi "se le dichiarazioni di Bersani fossero ispirate ad una comprensibile prudenza di natura tattica, ciò sarebbe del tutto comprensibile. Se invece ci trovassimo di fronte ad una vera e propria indisponibilità a discutere delle riforme sulla base della ricerca di una condivisione tra tutte le maggiori forze politiche del Paese, allora ci troveremmo di fronte alla rinuncia da parte del Pd di esercitare un ruolo politico attivo, responsabile e positivo".
Segue a ruota Cicchitto, secondo i quale il segretario democratico "ha già dimenticato il fallimento del governo Prodi, imploso addirittura dopo solo due anni. Perché mostra di non pensare certamente al confronto sulle riforme, ma piuttosto a costruire un cosiddetto 'patto repubblicano' nuova versione del fronte popolare, aperto eventualmente a Fini".
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