lunedì 26 aprile 2010

La Scala fischia il premier


NAPOLITANO CONTRO LE “BATTUTE SGANGHERATE” DEI LEGHISTI

di Antonella Mascali

Applausi per Napolitano e fischi per Berlusconi alla Scala di Milano dove ieri su iniziativa dell’Anpi è stata organizzata una cerimonia per festeggiare il 25 aprile. Il capo dello Stato ha tenuto un discorso a difesa della Resistenza e dell’Unità d’Italia. Ma con una concessione al federalismo, che è piaciuta al ministro Calderoli. Ad attendere Napolitano, all’ingresso del teatro, Berlusconi che ha detto di essere “radioso”. Ma la sua faccia diceva tutt’altro. Era scuro in volto non tanto per il fondotinta più abbondante del solito, ma per la bile nei confronti di Fini. Tant’è vero che alla fine della cerimonia non si è risparmiato una sonora bugia: “Non sono mai stato protagonista di burrasche. Io non ho mai litigato perché per litigare bisogna essere in due”.

In teatro si è seduto accanto a Napolitano con il quale ha parlottato qualche minuto. Il presidente della Repubblica prima di intervenire ha incontrato dietro al palco gli orchestrali. Alla fine gli hanno gridato “non firmare, non firmare”, riferendosi al decreto che taglia i fondi allo spettacolo. Poi il lungo discorso di Napolitano, che si è commosso mentre pronunciava l'appassionato ricordo di Sandro Pertini. E in piena epoca revisionista ha voluto sottolineare che il 25 aprile “è una giornata di riscatto nazionale” e anche se non si devono tacere “le ombre della Resistenza” non si può arrivare a "sommarie e inaccettabile denigrazioni”.

Più passaggi li ha dedicati all’Unità d’Italia e alla Resistenza insieme, facendo un ponte ideale con il Risorgimento. “Mi si permetterà di ignorare qualche battuta sgangherata sulla ricorrenza del 150/o dell'unità d'Italia” ha detto riferendosi alle posizioni leghiste. Secondo il Presidente della Repubblica, "c’è un legame tra la ricorrenza dell’Unità d’Italia e quella del 25 Aprile. Se 150 anni dopo siamo un Paese democratico è perché superammo i traumi del fascismo e della guerra, recuperando libertà e indipendenza, ritrovando la nostra unità. L’Italia divisa in più Stati è fuori dalla realtà”. E ancora ieri, infatti, il neo governatore del Veneto, Zaia ha definito i partigiani “i VietCong. Bisogna avvertirli che la guerra è finita”.

Poi il plauso al federalismo: “L'Italia deve fare leva sulla sua unità nazionale” e allo stesso tempo si deve “arricchire con il pieno riconoscimento e la concreta promozione delle autonomie, come d'altronde vuole la Costituzione repubblicana: quelle autonomie regionali e locali di cui si sta rinnovando e accrescendo il ruolo secondo un'ispirazione federalistica”.

Napolitano ha fatto anche un omaggio a Berlusconi facendo proprie le parole che il premier pronunciò lo scorso 25 aprile a Onna, in Abruzzo: ”Il nostro Paese ha un debito inestinguibile verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l'onore della Patria, con rispetto di tutti i caduti senza che questo significhi neutralità o indifferenza”. In platea Berlusconi ha applaudito ogni volta che il pubblico di autorità, partigiani e amici della Resistenza hanno battuto le mani. Ma la sua faccia è sempre rimasta contratta. Le mani non avevano pace. Al termine del discorso il capo dello Stato è tornato in platea fra gli applausi ma appena Berlusconi gli ha stretto la mano sono partiti i fischi e i “buuuuu buuuu” dai palchi verso il premier, con uno sventolio di tricolori.

Dietro al palco i lavoratori della Scala hanno gridato “buffone buffone” e hanno cercato di esibire lo striscione “No al decreto infame, via i banditi”, ma la sicurezza li ha bloccati con la forza.

Fuori, dietro le transenne qualche centinaio di persone. “Siamo qui hanno detto i giovani Chiara e Tonino – perché siamo dalla parte della Costituzione e vogliamo fischiare Berlusconi”. Ma lui ci ha tenuto a ribadire la sua immagine: “Quando vado a letto la sera e mi guardo allo specchio dico che se l’angelo della morte arriva sono con la coscienza pulita”. E il presidente del Senato Schifani non voleva celebrare nella sua Palermo con i partigiani. Poi è stato costretto alla retromarcia.

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