mercoledì 28 aprile 2010

La tagliola sulle notizie e lo spazio bianco delle rettifiche


9 PROPOSTE PER RIFORMARE LA LEGGE SULLA STAMPA E SMONTARE IL RICATTO DI RICHIESTA DEI DANNI

di Oreste Flamminii Minuto

Se qualcuno avesse previsto che nel nostro Paese lo stato preagonico dell’informazione sarebbe stato confermato in un atto ufficiale di una certa importanza, in coincidenza del Festival Internazionale del Giornalismo, sarebbe stato gratificato della qualifica di “mago”. Infatti, con un atto di citazione che si basa praticamente su quanto la nostra Corte di Cassazione ha stabilito con la nota “Sentenza del Decalogo” nel lontano 1984, una delle massime autorità del nostro Paese, vale a dire l’avv. Renato Giuseppe Schifani, presidente del Senato della nostra Repubblica, ha citato in giudizio Il Fatto Quotidiano, chiedendo un risarcimento danni per 720.000,00 euro. Alcuni articoli avrebbero leso la sua reputazione mediante “accostamenti suggestionanti”, “distorsioni di notizie vere”, “mezze verità”, “sottintesi sapienti”, “toni sproporzionatamente scandalizzati e sdegnati”. Se una delle massime autorità di garanzia dello Stato basa le sue richieste di condanna su una giurisprudenza obsoleta ed esprime il suo dissenso con una gravosa richiesta di risarcimento danni, il segnale sulla malattia della nostra legge sulla stampa è ben forte.

Associazioni qualificate come Reporters sans frontières pongono l’Italia, nella classifica mondiale della stampa libera, sempre più in basso. E mentre giunge notizia che l’Inghilterra depenalizza la diffamazione (novembre 2009), in Italia la legge 47/48, la c.d. Legge sulla Stampa varata nell’immediato dopoguerra subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, continua a prevedere per la diffamazione a mezzo stampa con attribuzione di un fatto determinato, una pena della reclusione da uno a sei anni, oltre alla multa.

Nell’ambito della IV edizione del Festival Internazionale del Giornalismo che si è svolto a Perugia, una tavola rotonda, organizzata dalla Fnsi, ha “processato” l’intero impianto di questa legge, proponendo una serie di riforme che, riunite sotto la denominazione “Manifesto di Perugia”, dovrebbero essere di stimolo per una nuova legge. È stata evidenziata la necessità di una riforma immediata della legge sulla stampa.

E’ toccato a me il compito di illustrare le principali riforme che dovrebbero essere introdotte:

A) abolizione di quella mostruosità giuridica che è la “riparazione pecuniaria”, vera e propria duplicazione del risarcimento del danno, non previsto in nessun altro caso dall’ordinamento;

B) abolizione della pena della detenzione, essendo sufficiente la sola pena pecuniaria per ristabilire la dignità della reputazione eventualmente lesa;

C) sottrazione al singolo giudice della competenza sui reati a mezzo stampa con conseguente ristabilimento della competenza del giudice collegiale;

D) stabilire, come condizione di procedibilità, l’omessa pubblicazione di una rettifica e/o smentita (che però deve rispondere a requisiti prefissati: ad esempio che non sia a sua volta suscettibile di incriminazione penale o che non possa dar luogo a risarcimento dei danni) la quale dovrebbe essere pubblicata in una pagina ad hoc titolata “smentite e rettifiche”, lasciata bianca ove smentite e rettifiche non ve ne fossero;

E) divieto della replica contestuale alla smentita e/o rettifica pubblicabile secondo una rigorosa disposizione legislativa che dovrebbe riguardare il corpo del titolo, quello del testo, la lunghezza del testo stesso;

F) possibilità di dar corso all’azione di risarcimento del danno solo nel caso di inadempimento degli obblighi di pubblicazione delle smentite e/o rettifiche “pubblicabili”, e solo ove il diritto alla rettifica sia stato esercitato;

G) stabilire che, fatto salvo il danno patrimoniale, che dovrà essere provato secondo gli ordinari criteri civilistici, la liquidazione di qualsiasi altro tipo di danno dovrà essere ancorata a criteri obiettivi. Ad esempio stabilendo una somma variabile tra un minimo e un massimo (a lettore, o a copia venduta, o ad accesso Web), con onere per il giudice di valutare la gravità della diffamazione, ove ritenesse di liquidare una somma eccedente il minimo;

H) lasciare in ogni caso al Consiglio dell’Ordine di appartenenza la possibilità di intervento, su richiesta della persona che si ritenga offesa, per eventuali provvedimenti disciplinari, anche in caso di pubblicazione della rettifica;

I) ridurre la prescrizione per l’azione di risarcimenti danni a un anno, come era previsto nella legge Pecorella Costa. L’on. Gaetano Pecorella ha espresso qualche dubbio circa la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni solo a seguito di un’omessa rettifica (o omessa smentita) facendo l’esempio di un danno arrecato a una impresa che, a seguito della diffamazione, possa anche fallire. Gli ha risposto l’avv. Domenico D’Amati facendo rilevare come la preclusione a richiedere i danni potrebbe essere solo limitata a quei danni cosiddetti morali, facendo salva in ogni caso azione per eventuali danni patrimoniali che – come è noto – devono essere rigorosamente provati nell’ammontare e nel rapporto di causalità. La riunione ha prodotto l’impegno a richiedere la calendarizzazione della proposta di legge della scorsa legislatura, con gli eventuali correttivi dei quali si è parlato a Perugia. Se son rose…

P.S. E’ chiaro che il processo intentato dal presidente del Senato sarà seguito con la dovuta attenzione dal Fatto Quotidiano. Quale occasione migliore può esserci per confermare l’indipendenza della magistratura nello scontro tra chi deve informare e chi deve svolgere una funzione di garanzia?

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