lunedì 19 aprile 2010

"Patto repubblicano anti-populismo"


L’eventuale scomposizione del centrodestra, dopo le tensioni tra Berlusconi e Fini, irrompe nel dibattito del Pd: alla Direzione del partito si è registrata una convergenza tra il segretario Pier Luigi Bersani e il leader della minoranza, Dario Franceschini, sulla difesa del bipolarismo, mentre Massimo D’Alema ha ribadito la necessità di una «profonda riflessione sulla democrazia dell’alternanza e del maggioritario».

Con Fini, ha detto l’ex ministro degli Esteri, occorre «interloquire», il che non significa «fare domani un governo insieme». Bersani, aprendo i lavori, ha ribadito che la bozza Calderoli con il semipresidenzialismo alla francese «è impotabile» e che la proposta del Pd è il rafforzamento del ruolo del capo del governo bilanciato da maggiori poteri di controllo del Parlamento. Ma a scombussolare l’agenda è la rottura nel Pdl: tra di loro, ha detto il segretario democrat, «i problemi forse si aggiusteranno ma non si risolveranno». E se Berlusconi sarà tentato da una «forzatura plebiscitaria», dal Pd arriverà la proposta di una «una convergenza repubblicana con chi vuole difendere la Costituzione». Parole che alludono senz’altro a Pier Ferdinando Casini e forse a Gianfranco Fini.

Ma Bersani riequilibra spiegando che la proposta del Pd sulla legge elettorale avrà «tre paletti: il sistema bipolare, la scelta del deputato e la garanzia di una maggioranza stabile». Parole che hanno fatto la gioia di Franceschini, che nel suo intervento ha lodato il segretario. Il capogruppo del Pd alla Camera ha ribadito l’impossibilità di un dialogo con Fini: certo, ha aggiunto, «la situazione è mobile sia per quanto riguarda il Pdl sia per il confronto sulle riforme», però «non bisogna fare a Fini il torto di considerarlo ’di quà e coinvolgerlo in scenari confusi perchè lui sta facendo una battaglia per una destra normale ma è un nostro avversario». Oltretutto «faremmo un regalo a Berlusconi se facessimo credere che Fini sta facendo intelligenza con il nemico». L’asse Bersani-Franceschini, benedetto da Franco Marini, si consolida su un secondo punto, quello del profilo del partito.

Il segretario annuncia l’Assemblea nazionale per il 22 maggio in cui avviare una fase programmatica per dare al Pd un profilo chiaro di partito che vuole proporre al Paese un grande progetto di cambiamento su temi come fisco, lavoro, giovani, riforme istituzionali e giustizia. Qualcosa che ricorda il Pd del Lingotto preconizzato da Veltroni. Questi, dopo un lungo conciliabolo con Franceschini, incassa e rinuncia ad intervenire. Quando è il turno di D’Alema la musica cambia e ricorda quella ascoltata venerdì nella polemica con Franceschini. Egli appoggia Bersani sulla necessità di una gestione unitaria, ma propone un’analisi diversa. Le regionali ci regalano una «profonda crisi del sistema politico», col governo che arretra e l’opposizione che «non sfonda». Quello che è in crisi è «il sistema del’alternanza e del maggioritario» che, grazie a «leggi elettorali costrittive», ha dato vita a «maggioranze ampie ma non coese e non in grado di decidere e governare». Insomma «il sistema parlamentarista e consociativo della vituperata Prima Repubblica fu in grado di fare riforme profonde», mentre la Seconda Repubblica su questo «ha fallito». Quindi nella proposta di riforma del Pd ci dovrà essere «uno spostamento del fuoco dal tema della governabilità a forme più bilanciate sul ruolo del Parlamento».

E Fini?: «Non vorrei che per eccesso di zelo verso il bipolarismo - ironizza D’Alema - gli si chiedesse di non disturbare Berlusconi». Il Pd deve dialogare con lui perchè «ha introdotto su alcuni contenuti essenziali un punto di vista su cui un grande partito riformista deve interloquire». «Mica perchè dobbiamo fare un governo insieme domani - ha esclamato D’Alema - queste cose lasciamole scrivere ai professionisti delle scemenze». Alla fine della Direzione D’Alema afferma che le polemiche del giorno avanti con Franceschini «si sono chiarite» grazie alla relazione di Bersani. Questi media: «Noi siamo per il bipolarismo ma ci chiediamo come conformarlo meglio perchè dobbiamo prendere atto che negli ultimi 15 anni, tranne qualche riforma dei governi di centrosinistra, le riforme non sono state fatte».

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