di Susanna Turco
È così, evidentemente, in linea con quanto va sostenendo Gianfranco Fini che ieri Beppe Pisanu, riserva della Repubblica e prima fila occulta del Pdl si è ritrovato inserito dal Giornale nella lista dei firmatari del documento “finiano”. Costringendo il presidente della commissione Antimafia, di solito parco di parole, a una surreale smentita: «Non ho firmato documenti, né partecipato a riunioni riservate, semplicemente perché non ho mai fatto parte di An». Semplice come una sorsata d’acqua, soprattutto perché la sostanza resta tale e quale.
Così, mentre Fini va limando fino all’ultimo quel discorso che i suoi promettono essere «duro, forte, per spiegare le proprie ragioni al partito», mentre si vocifera di un controdocumento da presentare in direzione, l’ex democristiano di razza, per sua ammissione interessato alle mosse dell’ex leader di An, preannuncia senza dirlo che la propria convergenza sarà esplicita, alla direzione di oggi: «Parlerò anch’io, certo, quel che ho da dire ce l’ho chiaro e del resto l’ho sempre detto in pubblico», spiega. Cristallino. L’ultima sua intervista, per dire, predicava come «necessario» un «chiarimento sui problemi interni al Pdl», sui «rapporti con la Lega», si spingeva a non escludere in prospettiva un «partito dei moderati» e nel frattempo diceva «sì al presidenzialismo» ma con una «nuova legge elettorale».
Perfettamente in linea, come si diceva. Quanto alla legittimità del dissenso interno, proprio mentre Berlusconi si lanciava a definire «metastasi» le correnti, Pisanu ha teorizzato sotto i riflettori la legittimità di una minoranza variabile: «In un partito le minoranze e le maggioranze si possono fare o sciogliere di volta in volta a seconda degli argomenti, anche perchè nel Pdl si sono integrate sensibilità diverse che non si possono cancellare o annullare». Diritto al dissenso, come principio, legittimità di cercarsi alleati interni ogni volta, come pratica. Di fatto, sempre che Berlusconi lo consenta, è ciò che si appresta a fare Fini: coi liberal sul biotestamento, coi cattolici sul voto agli immigrati e via elencando temi che del resto nemmeno sono nel programma di governo, con buona pace del Cavaliere.
È chiaro, per questa via, quanto Gianfranco Fini oggi non intenda oggi parlare soltanto agli ex An che a lui son rimasti fedeli. Quanto le sue parole si estenderanno a intercettare i consensi di quanti nel Pdl, per come è fatto e come non si articola, si sentono stretti. «Sono tanti, e quando sarà passato lo scoglio dei due anni e mezzo necessari ad avere diritto alla pensione, saranno ancora di più», prevedono ottimisticamente i finiani. Di certo, ascolteranno con interesse ex ministri come Antonio Martino, capofila del Pdl Sicilia come Gianfranco Micciché, manovratori di lungo corso come il governatore siciliano Raffaele Lombardo. Con lui, prima delle Regionali, Fini aveva fuggevolmente accarezzato l’ipotesi di una Lega del Sud, per dire suggestioni di una vita fa.
22 aprile 2010
Nessun commento:
Posta un commento