venerdì 23 aprile 2010

TRA B. E UN ALTRO B.


di Bruno Tinti

Ero sulla mia macchina da tamarro, come dice Marco Travaglio, e ascoltavo Radio Radicale. Parlavano dell’incontro tra B. e B., al secolo B. e il cardinale Bertone. Due pezzi da 90, un presidente del Consiglio e il segretario di Stato del Vaticano.

Radio Radicale diceva che B., tutto giulivo, aveva detto al suo omologo che doveva essere contento di lui perché erano riusciti a stoppare la Bonino. La cosa mi ha fatto un po’ schifo perché, da laico convinto, io riconosco il diritto del Vaticano di condurre una sua politica e di opporsi a quelli che ritiene suoi avversari; sicché, se la Bonino dal loro punto di vista è il diavolo, bene ha fatto il Vaticano a cercare alleanze e a sponsorizzare altri concorrenti. Ma anche dal Vaticano, come da tutti, si deve pretendere coerenza. La Bonino è il diavolo perché appartiene a un’area politica e segnatamente a un partito che promuove l’aborto, il divorzio, il fine vita dignitoso etc etc, tutte cose che al Vaticano non piacciono; e, come ho detto, è legittimo che non gli piacciano. Ma il partito di B. disprezza le leggi dello Stato ed è profondamente inquinato dal malaffare. Lo stesso B. è uomo con una storia giudiziaria impensabile per un leader di governo che non sia un dittatore africano e dalle abitudini private che il segretario di Stato del Vaticano dovrebbe trovare inaccettabili.

Insomma, un leader che ritiene l’evasione fiscale, qualificata pubblicamente come legittima difesa, cosa buona e giusta; che è a capo di un partito che conta in quantità industriale inquisiti per reati gravissimi e che distrugge il sistema giudiziario del Paese per assicurare l’impunità a sé e ai suoi amici; è davvero persona con cui il Vaticano può stipulare alleanze senza tradire la sua stessa ideologia religiosa?

Verrebbe da pensare di no; ma forse la risposta giusta è: sì.

Mi ricordo che, un paio d’anni fa, fui invitato a partecipare a un talk show presso un’emittente televisiva romana, non me ne ricordo il nome ma era sulla via Aurelia. Scoprii al mio arrivo che era una tv del Vaticano. Era un posto molto moderno, numerosi edifici e studi nuovi e bene attrezzati; per dire, lo studio di Annozero, in confronto, era una cosa da poveretti.

Una simpatica signora faceva gli onori di casa e chiacchierai un po’ con lei. Scoprii che la tv era finanziata da pubblicità (in effetti ce ne era molta) e… dall’8 per mille. Rimasi esterrefatto: come, l’8 per mille? Eh, sì.

Mi incazzai moltissimo; in quel periodo c’era una bellissima pubblicità sull’8 per mille: un bambino, un vecchio, un missionario e molti altri personaggi pronunciavano ognuno una parte di un discorso bellissimo il cui succo era che questi soldi servivano per fare tante bellissime cose che aiutavano i poveri e i derelitti. Una cosa veramente geniale: io, che davo il mio obolo a un’associazione ambientalista, avevo quasi voglia di convertirmi…

Ora, possibile che il Vaticano impieghi i soldi dei cittadini per finanziare una sua emittente televisiva, soprattutto senza dire niente a nessuno? Eh, possibile sì. Così la verità alla fine è che il Vaticano si comporta come un qualsiasi partito: persegue i suoi scopi, racconta balle alla gente per gattonarsi il consenso, non è imbarazzato né da coerenza né da etica.

Mi sa che il cardinale Bertone, uomo suppongo assai colto, abbia fatto proprio uno dei celebri detti di Seneca: “Fate quello che dico, non fate quello che faccio”.

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