di Giancarlo Castelli
Sarà che, come afferma il direttore sanitario del carcere di Regina Coeli, Andrea Franceschini, il trasferimento dall’ospedale Fatebenefratelli al padiglione penitenziario del Pertini fu effettuato per le rassicurazioni date dal nosocomio dell’Isola Tiberina sulla stabilizzazione delle condizioni di Stefano Cucchi, su cui anche i consulenti della Procura hanno espresso numerose perplessità.
Sarà che, come dice ancora Franceschini, “è una storia nata male e finita male”. Fatto sta che quella decisione ha influito irrimediabilmente sulla vita di Stefano.
Ilaria Cucchi, la sorella, non smette di gridarlo. “Ci chiediamo perché Stefano, invece di essere ricoverato in una struttura ospedaliera adeguata, sia stato trasferito in un reparto di degenza dove non è stato curato ed è stato abbandonato a se stesso, come un ultimo tra gli ultimi”.
I dettagli contenuti negli atti hanno rafforzato l’idea che la violenza subita da Stefano sia stata enorme. “Leggendo gli atti depositati oggi dalla Procura, il reato di favoreggiamento per i medici, abbiamo pensato che mio fratello sia stato quasi sequestrato”. Tutta la procedura del trasferimento è stata anomala, dice Ilaria. “Una persona che non era neppure in servizio (il dirigente del Prap che ha firmato il ricovero al Pertini, ndr) ha redatto assieme a una dottoressa sua complice un certificato chiaramente falso per ricoverare Stefano in un reparto dove non doveva stare date le sue gravi condizioni”.
Chiedono chiarezza sulle botte. “Senza quel pestaggio al Pertini non ci sarebbe mai arrivato – dice Rita, la madre di Stefano – le foto le hanno viste tutti. Dalla seconda autopsia si è stabilito che gli organi interni, il cuore che è stato fatto a pezzi, erano tutti sani”.
“Stefano stava bene, camminava sulle sue gambe, non aveva alcuna patologia particolare. Si è sentito male per colpa delle percosse che ha subito”, la famiglia Cucchi va avanti. “Nel periodo previsto dalla legge di 20 giorni in cui per le parti è possibile presentare ulteriori elementi d’indagine, i nostri legali, che hanno svolto un vero e proprio lavoro investigativo, porteranno nuovi approfondimenti e informazioni – ha aggiunto Ilaria Cucchi – mi auguro che nei prossimi giorni i pm cambieranno le accuse da lesioni e a omicidio preterintenzionale. Una cosa deve essere chiara: noi vogliamo soltanto la verità e non ci accontentiamo di qualche versione mistificatoria”.
Un punto fermo, però, è stato segnato. “Oggi è sicuramente una giornata importante. Se penso ai primi giorni, in cui ci siamo sentiti abbandonati, oggi siamo un pochino più fiduciosi che la verità venga scoperta. Rasserenati no, perché quello che abbiamo letto è stato prendere coscienza di ulteriori dettagli sulla sua morte, come è stato trattato, la negazione dei suoi diritti come parlare con il suo avvocato, trattato come un animale”.
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