venerdì 28 maggio 2010

PAGHINO GLI EVASORI


Economisti e dirigenti dell’opposizione dicono che le proposte di Marco Travaglio sono fattibili

di Salvatore Cannavò e Chiara Paolin

Forse quello di “gli evasori in galera” non sarà proprio lo slogan che sceglierà l’opposizione per contrastare la manovra Tremonti-Berlusconi, come invece auspicava ieri Marco Travaglio su queste pagine. Ma la ri-tassazione di “quelli dello scudo fiscale”, cioè di coloro che hanno reimportato i capitali dall’estero, pagando solo il 5 per cento, incontra più di un consenso. Dopo Guglielmo Epifani, della Cgil, anche dal Partito democratico, dall’Italia dei Valori e dalla sinistra, si registra un certo interesse.

LE PROPOSTE. Ieri Travaglio avanzava tre proposte: ri-tassare quelli dello Scudo fiscale di un altro 10 per cento, misura che produrrebbe immediatamente 10 miliardi di gettito; istituire una cauzione sulle impugnazioni (al riesame, in Appello o in Cassazione, una somma da lasciare allo Stato se il ricorso si rivela infondato (fatti salvi i meno abbienti). Terza proposta, assicurarsi che gli evasori finiscano, quando è il caso, in manette eliminando le soglia di non punibilità per i reati di evasione fiscale con un raddoppio delle pene. Il giorno prima, Peter Gomez aveva avanzato l’ipotesi di un’imposta patrimoniale del 3 per mille sui patrimoni superiori a 5 milioni di euro con un gettito possibile di 10 miliardi. Il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, si mostra molto freddo sull’attacco agli evasori ma è decisamente favorevole a ritassare lo Scudo fiscale: “Ne abbiamo parlato alla nostra Assemblea nazionale e siccome il governo dice che c’è un’emergenza e vuole rivedere i suoi patti con molti soggetti deboli del paese, si può rivedere anche il patto con i grandi evasori che hanno beneficiato del condono a costi bassissimi”. Fassina non si sbilancia nel dire se ci sarà un emendamento su questo punto ma comunque ribadisce di essere molto favorevole. Per quanto riguarda gli evasori, invece, “bisogna differenziare, non possiamo mettere tutti sullo stesso piano. C’è un’evasione che spesso è di sopravvivenza. Più che misure roboanti c’è bisogno di misure che funzionino. Una tracciabilità con soglia più bassa o la fatturazione elettronica sono più efficaci rispetto a una logica del “punirne uno per educarne cento”. Infine, per quanto riguarda la patrimoniale, il Pd, dice Fassina, preferisce lavorare “sui redditi da patrimonio perché i patrimoni mobili sono, appunto, mobili e la loro tassazione pone il problema di un coordinamento dei sistemi di tassazione, almeno a livello europeo”.

LO SCUDO. “L’aspetto della penalizzazione mi interessa poco – dice Alfonso Gianni di Sinistra e Libertà, già sottosegretario nel governo Prodi – perché non ha effetti immediati. Sono invece d’accordissimo con l’istituzione di una patrimoniale, direi che è un nostro cavallo di battaglia e anche con la ritassazione dello Scudo fiscale, al di là del dettaglio delle aliquote. Aggiungerei – spiega Gianni – anche il tema delle rendite, ad esempio con l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie come proponeva un tempo James Tobin e oggi la campagna 005 e con il livellamento delle aliquote sulle rendite al 20 per cento. Direi infine che occorrerebbe dare un colpo a quello che è il vero obiettivo di Tremonti, il federalismo fiscale, per il quale sta mettendo fieno in cascina, chiedendone il sacrificio ”.

“Ritassare lo Scudo fiscale è un’iniziativa di grande equità sociale”, dice ancora Massimo Donadi, capogruppo alla Camera dell’Idv, e stiamo pensando a una addizionale che porti la tassazione complessiva al 12,5 per cento che è l’aliquota richiesta per le rendite finanziarie, quindi un 7,5 per cento in più di quanto già pagato”. L’Idv, dice Donadi, ha già elaborato una proposta di legge di riforma complessiva del sistema fiscale per spostare la fiscalità dal lavoro alla rendita, tassando i grandi patrimoni e le rendite speculative. Grandi patrimoni, si intende sopra i 5 milioni o anche i 10 milioni di euro. Ma propone anche di istituire un nuovo “redditometro” che tenga conto del tenore di vita del contribuente e su quello elabori un reddito presunto. Al contribuente il compito di dimostrare se ha un reddito più basso oppure pagare in base a quanto lo Stato ha stabilito. “Non ci interessa uno ‘stato di polizia tributaria’ ma solo ripristinare una seria lotta all’evasione con l’impegno a destinare il 50 per cento del sovragettito alla riduzione delle tasse”. Per quanto riguarda gli ‘evasori in galera’, “non abbiamo problemi a dirlo – dice Donadi – ma in un Paese con due milioni di prescrizioni io penso che sia più efficace stabilire che tutti i beni di cui non è giustificabile la proprietà siano confiscati. La confisca è meglio della minaccia della galera”.

GLI ECONOMISTI. ”Cambiare ora le regole mi sembra francamente difficile” sostiene Sandro Trento, economista, ex di Banca d’Italia e Confindustria, ora responsabile Economia per l’Idv. E aggiunge: “Lo Stato deve mantenere un minimo di credibilità. Lo scudo poteva essere una buona opportunità solo se il tasso della sanzione fosse stato più significativo. L’evasore italiano valuta con molta competenza la situazione quando deve pagare le tasse, direi anno per anno. Se tira una certa aria, la segue. E purtroppo il ritorno alla soglia dei 5mila euro è davvero poco per far sentire un reale cambiamento: servirebbe uno sforzo in più”. Converge Michele Boldrin, della Washington University in St. Louis e del blog noisefromamerika.com: “Ormai lo scudo è andato, e certo il 5 per cento di sanzione era una misura ridicola. Adesso si potrebbe almeno stringere sul sistema repressivo. Hanno depenalizzato praticamente tutti i reati dei colletti bianchi, cose che negli Stati Uniti o in Gran Bretagna costano la galera. Da noi invece sembra tutto lecito, la mentalità dell’evasione è più diffusa che mai e nessuno si scandalizza”. La mette sullo storico Alberto Quadrio Curzio, docente alla Cattolica di Milano considerato in sintonia con il ministro Tremonti: “Indubbiamente l’Italia non ha ancora raggiunto quell’incivilimento tributario di cui parlava Verri nel 1700. Ma con la manovra si poteva fare dell’altro. Per esempio avrei visto con favore un contributo una tantum a carico dei privati. Evidentemente le scelte politiche sono state diverse”.

“Il problema è che le scelte del governo lasciano inalterato il sistema di potere privato – conferma Fiorella Kostoris, che insegna alla Sapienza di Roma – e se Confindustria applaude, se il capitale finanziario resta intatto, se in sostanza nulla cambia negli equilibri del Paese, smaltito il taglio e strapazzata un po’ la pubblica amministrazione ci ritroveremo nelle condizioni di prima. Con l’evasione fiscale e tutto il resto”. Maria Cecilia Guerra, docente di Scienze delle finanze a Modena, si sofferma invece sull’idea di prevedere un costo sulle liti temerarie: “Tecnicamente non sono in grado di dire come il provvedimento sia attuabile, però di questi tempi non c’è davvero da tirarsi indietro. Far costare meno la macchina dello Stato è una necessità, ma questo non significa certo tagliare gli stipendi degli impiegati”.

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