

di Giuseppe Lo Bianco
IL VENTO sferza i microfoni, distorce la voce dei relatori e piega lo schermo dove scorrono immagini forti e inedite: l’imprenditore Filippo Rapisarda che in aula al processo Dell’Utri ricorda al tribunale quando entrò nell’ufficio della Bresciano, in via Chiaravalle, a Milano e vide i boss Bontade e Teresi contare i miliardi in contanti destinati a Silvio Berlusconi. “E Dell’Utri era a telefono proprio con Berlusconi, che lo sollecitava a far presto’’, dice Rapisarda, mentre le telecamere inquadrano l’espressione di pietra dell’imputato, quel giorno in aula, a pochi metri dal teste, suo antico amico.
Immagini che mai nessuna tv ha mandato in onda fino ad ora che gli oltre millecinquecento palermitani, infreddoliti ma attenti, hanno potuto vedere in anteprima martedì sera alla tonnara Bordonaro durante la presentazione del documentario - un dvd in edicola da oggi con il Fatto Quotidiano, bis di presentazione sabato al Caffè Letterario di Roma alle 21 - Sotto scacco, di Marco Lillo e Udo Gumpel, che racconta la tragica scansione delle stragi di mafia del ’93 e la contemporanea-successiva discesa in campo di Forza Italia. Sul palco, oltre gli autori, anche Salvatore Borsellino e Marco Travaglio, il primo a dare voce ancora volta alla rabbia accumulata in 18 anni di domande senza risposta e di memorie dei politici ritrovate in modo troppo spesso tardivo, o, addirittura, definitivamente cancellate: “Ancora oggi l’allora ministro Mancino – ha detto Borsellino – non ricorda di avere incontrato mio fratello’’. E la memoria, come ha sostenuto Marco Lillo, si perde anche a causa dei giornalisti, in special mondo quelli televisivi, che mai hanno ritenuto di mandare in onda molte di quelle immagini, certamente imbarazzanti per il leader di Forza Italia. “Ed eravamo – ha ricordato il giornalista - nel ’98, in pieno governo di centrosinistra’’.
Con il linguaggio del paradosso Travaglio ha commentato l’intervista a Massimo Ciancimino e gli altri spezzoni visivi ricordando che pezzi del papello sono poi comparsi nei programmi politici del centro destra e del centro sinistra: “Evidentemente i mafiosi avevano doti divinatorie – ha ironizzato Travaglio – a meno che Totò Riina non vestisse i panni del padre costituente’’. Accanto alle memorie ritrovate di politici, investigatori e qualche magistrato c’è anche quella del pentito Gaspare Mutolo, oggi uscito dal programma di protezione e intervistato, con il volto coperto, dagli autori. Anche lui, a distanza, di diciotto anni, tira fuori un dettaglio inedito, raccontando di avere colto (“origliando’’, ha detto) durante uno degli interrogatori condotti da Paolo Borsellino nelle tre settimane precedenti la sua morte, un’incazzatura del giudice, contro un’ipotesi di dissociazione dei mafiosi che qualcuno gli aveva comunicato. Un particolare clamoroso che, se effettivamente avvenuto, rilancia l’ipotesi del movente della strage legato alla trattativa, ormai non più presunta, tra mafia e Stato, in quell’estate infuocata del ’92.

Nessun commento:
Posta un commento