lunedì 28 giugno 2010

Il ministro impresentabile


di FRANCESCO MERLO

L'ULTIMA mutazione genetica del berlusconismo: il Bertoldo di Stato, lo stralunato compare, il finto tonto perfetto, il furbissimo sciocco che si nasconde dietro una disperante inadeguatezza e una imbranataggine comica, insomma il falso scemo che ci prende per scemi veri.

Ieri, per esempio, proprio quando era stato smascherato come simulatore dal capo dello Stato, si è meravigliato perché i cronisti insistevano a ficcare il naso nelle sue vicende, e ha detto al Tg3 che non è educato disturbare un brav'uomo la domenica, che forse è il giorno riservato alla contabilità delle mazzette e non certo alle domande dei giornalisti.

E ha aggiunto di non capire, il povero Brancher, perché non sfruculiano Lippi, che se le merita davvero, invece di importunare il povero neoministro di non si sa che cosa. Con un'aria da furfante gentiluomo che non sente rimorsi né prova vergogna ha sostenuto che gli italiani sfogano su di lui la rabbia per l'eliminazione dai Mondiali, che è una genialità da imbonitore, la "mossa" dello scugnizzo di Belluno.

Insomma, ascoltato in tv, Aldo Brancher non è più solo il presunto collettore della banda Bassotti, il sensale di Berlusconi e della Lega, ricompensato e soccorso con un ministero, ma è la perfezione del nuovo commis dello Stato italiano, quello che fa finta di non capire e di non sapere: "Che male c'è?". Come Scajola, che non si è accorto che gli compravano la casa; come Lunardi che spaccia per innocente favore l'impudicizia dell'affarismo; come Bertolaso che non si spiega mai e si indigna sempre. Come loro, anche Brancher non si è reso conto che l'hanno fatto ministro proprio quando il processo per appropriazione indebita è arrivato a dibattimento e quindi vicino alla sentenza. Se ne sono accorti tutti tranne lui.

Ma Brancher è il più bravo, sfoggia un'ingenuità da campagnolo, da Mister Bean della politica, da Chance il giardiniere, e ogni volta che parla regala suggestioni nuove, disorienta, spiazza come fosse un Dostoevskij della sceneggiata celtica: "Per idiota mi prendono tutti, non so perché...".

È ormai noto, fin nei dettagli, l'imbarazzante intreccio a proposito delle sue competenze ministeriali, le famose deleghe annunziate e ancora non assegnate, con il federalismo che è stato derubricato a decentramento, il tentativo di raggiro istituzionale e il trucco da magliaro ai danni del Capo dello Stato. Ebbene, ieri in tv Brancher invece che parare i colpi ha cercato di sferrarne, in nome di una onorabilità offesa: "È una vergogna", "sono sorpreso da tanta cattiveria", "le mie deleghe sono quelle scritte, andate a leggerle". Dove? "Sulla Gazzetta Ufficiale", è stata la sua sfrontata bugia.

Brancher sa che nessuno legge la Gazzetta Ufficiale, l'ha evocata per intimidire e per legittimarsi. Ma il punto è che la Gazzetta Ufficiale non ha ancora comunicato la sua nomina e quindi nemmeno le sue deleghe.

Una volta i ministri venivano scelti per competenza o per appartenenza politica, mai per ricompensare un silenzio complice e per sfuggire alla giustizia. Ma Brancher, che non vuole dimettersi, non è un cialtrone, non è pittoresco e si capisce benissimo che la combriccola che lo vuole ministro a tutti i costi ha più ragioni di temerlo che di premiarlo. Con le tasche piene di segreti si è umiliato sino a diventare il Bertoldo di Stato e ha conquistato sul campo i suoi gradi di ministro. All'Impresentabilità.

(28 giugno 2010)

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