

E BERLUSCONI ALZA IL TIRO E “SFIDA” NAPOLITANO: "VEDIAMO SE RITERRÀ OPPORTUNO FIRMARE"
di Antonella Mascali e Sara Nicoli
Prima gli attacchi frontali: "In Italia siamo tutti spiati, non c´è tutela della libertà di parola, così non può essere un Paese civile, c´è una piccola lobby di magistrati e giornalisti che è contro il ddl". Quindi la sfida a Napolitano: "Vediamo se riterrà opportuno firmare". E, infine, il colpo contro la Corte Costituzionale: "La sinistra si appellerà alla Corte che, a quanto mi dicono, la boccerà".
Sembrava animato da una rabbia fredda ieri il Cavaliere. E sempre più deciso a sfidare tutto e tutti pur di avere la meglio sul ddl intercettazioni.
Incurante anche dei riflessi internazionali della scelta di difendere una normativa palesemente incostituzionale e illiberale, ieri il premier ha però ricevuto lo smacco più grande dalle parole dell´alleato di ferro, Umberto Bossi. Che sulle intercettazioni non ha avuto dubbi: "Blindatura del testo? Se c´è qualche emendamento, mica si butta...". Parole come pietre per Berlusconi. In sostanza, anche la Lega appoggia quelle modifiche necessarie a rendere il ddl almeno costituzionalmente accettabile. Un’uscita che il cavaliere non si aspettava. E che ha reso molto diverso dalle attese il clima durante il vertice di ieri pomeriggio a palazzo Grazioli, presenti i coordinatori del Pdl e i capigruppo. Alla fine, Berlusconi avrebbe deciso di cambiare strategia. Almeno sui tempi.
L’idea, infatti, è quella di lasciare a Fini ampio spazio per decidere i tempi della discussione del ddl alla Camera, che si incrocia con la riforma dell’università e la manovra. "A me non interessa se si va a settembre - avrebbe detto, alla fine, Berlusconi - basta che poi si chiuda lì". Il problema è che sembra impossibile garantire la blindatura del testo per evitare la quarta lettura al Senato. Ecco perché l'uscita di Bossi è stata considerata spiazzante. Nella tarda serata di ieri, ambienti vicini al premier ipotizzavano addirittura una suo cambiamento anche in merito al testo, un’apertura a modifiche sostanziali che, invece, Ghedini ha smentito. Ma non è detta l´ultima parola.
L’idea è che Berlusconi stesso adesso abbia chiaro di essersi infilato in un pantano da cui sembra impossibile riemergere senza danni. I punti controversi nel ddl sono parecchi, si va dalla durata delle intercettazioni, all’azzeramento delle ambientali, fino alle multe abnormi per gli editori, che ieri Italo Bocchino ha bollato come "schizofrenia legislativa". Per non parlare della questione del bavaglio a internet. Un pasticcio. Solo per mettere a tacere i giornalisti e soprattutto fermare le inchieste dei magistrati. E pur di avallare la sua "guerra santa" contro le intercettazioni il premier si è messo a dire che in Italia non c´è democrazia, cioè quello che sostengono i suoi oppositori.
Si sente le mani legate, Berlusconi, e quindi è ritornato al suo chiodo fisso: bisogna cambiare la Costituzione "che risente della “dittatura". Una risposta a questo sacro furore è arrivata, indirettamente, da Napolitano. Che ricordando Giuliano Vassalli, ha raccontato come il giurista considerasse "normale che la Corte Costituzionale potesse censurare anche leggi da lui sottoscritte come ministro della giustizia". Altri tempi, certo.
Il Cavaliere ieri ha dato anche i numeri, quelli che sono nella sua testa, sugli intercettati: "Siamo tutti spiati, ci sono 150mila telefoni sotto controllo, è intollerabile. Ciascuno di noi parla nel tempo con 50-100 persone e basta moltiplicare 150 per 50 persone, significa che ci sono 7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate".
Ignorando che non ci sono più le Preture da anni, ha aggiunto: "Soltanto io sono stato ascoltato da una piccola pretura come quella di Trani 18 volte e puntualmente sono finito sui giornali. Ci rendiamo conto che così non siamo in un paese civile, non è una vera democrazia. Non viene tutelata la libertà di parola. Non possiamo tollerarlo più".
Sulla gigantesca bufala dei milioni di intercettati, ha risposto il presidente dell´Anm, Luca Palamara: "Non è vero che siamo tutti spiati. È solo una vulgata. I dati lo smentiscono". E ha ricordato che nel 2009, sono state intercettate poco meno di 40 mila persone su 60 milioni di italiani. Palamara ha inoltre ribadito il" giudizio negativo" sulla legge che "limita la libertà di stampa e mette in ginocchio il sistema giustizia."

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