

di Caterina Perniconi
“I giornalisti seduti in Parlamento non stanno votando una legge qualsiasi ma si stanno occupando di un pilastro della democrazia”. L'opinione dell'editorialista di Repubblica, Giovanni Valentini, in merito alla responsabilità dei membri del Parlamento sulla legge bavaglio e un possibile intervento da parte dell'Ordine dei giornalisti è comparso sabato scorso sul giornale di Ezio Mauro. Martedì il Fatto ha rilanciato la proposta del presidente dei deputati Idv Massimo Donadi. Ma ieri, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia ha usato parole sprezzanti ignorando da dove fosse partita.
Valentini, quella del Corriere è solo una svista?
Sono misere ripicche editoriali. Credo che ognuno si sceglie gli avversari come ritiene: meglio non attaccare politici e grandi giornali.
Della Loggia giustifica i parlamentari giornalisti citando la Costituzione: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nelle loro funzioni."
Sbaglia. Cita la Costituzione e il primo comma della stessa. Che non esiste. Per lui la Carta sarebbe fondata su quella frase, che invece sta nell'art. 68. Su questo punto i costituenti discussero a lungo. Perché è una metastasi dilatata dell'immunità parlamentare. La prima versione diceva che i parlamentari non potevano essere chiamati a rispondere. Poi fu convertita nel '46 in 'non possono essere perseguiti'. Nel '93 è diventata com'è adesso.
Questo cosa comporta?
Quella in votazione non è una legge qualsiasi sull'informazione. É una questione fondamentale di libertà dell'informazione che riguarda la democrazia.
Qual è il rischio?
Involontariamente o inconsapevolmente si rischia di fare il gioco della casta, o della cricca: difendere quel parlamento di intoccabili in cui tra l'altro ci sono persone con doppi o tripli incarichi e numerosi pregiudicati. É importante poi non confondere l'Fnsi, che è il sindacato dei giornalisti, con l’Ordine dei giornalisti che ha una legge istitutiva che prevede doveri deontologici da rispettare. E non mi meraviglio che in Italia molti intellettuali abbiano il vizio di assecondare le tendenze autoritarie del potere e si preoccupino più di coprire le responsabilità del regime televisivo che di difendere libertà e opinione”.

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