

Ai suoi, ai più fidi berluscones, ha dato l'ordine di tapparsi la bocca. Su Napolitano meglio evitare qualsiasi commento. Lui, il Cavaliere, fortemente sorpreso, ha masticato amaro e con più d'uno ha chiosato: "Adesso pretende anche di dettare l'agenda parlamentare". Berlusconi non ha gradito affatto l'intervento del capo dello Stato che ha interpretato nell'unico modo in cui quelle parole potevano essere lette, un caldo invito, di quelli che non si possono rifiutare, a rinviare a settembre non solo il voto, ma tutta la discussione politica sulle intercettazioni.
Esattamente il contrario di quello che il premier avrebbe voluto fare e per cui lui e i suoi hanno lavorato in questi giorni: chiudere al più presto il provvedimento, fare il minor numero di modifiche per accontentare Fini (e lo stesso Quirinale), ma approvare comunque il ddl alla Camera, tentando anche, grazie al fido Schifani, il blitz al Senato. Giusto a realizzare il piano servivano gli appuntamenti politici della settimana, oggi una colazione con capigruppo e coordinatori del Pdl per preparare l'ufficio di presidenza di domani, e al contempo un vertice tra finiani e berlusconiani, a delegazioni ristrettissime, per intendersi su intercettazioni e manovra.
Ma ecco la zeppa del Colle. Messa in un modo che Berlusconi sa di non poterla contrastare. Tant'è che ha ragionato con i suoi: "Se Napolitano dice che la manovra va chiusa in fretta e in un clima sereno non posso mettermi contro di lui perché neppure la nostra gente, preoccupata com'è per la crisi economica, mi capirebbe". Il premier conosce gli orientamenti del suo elettorato e sa che è stanco di liti sulle intercettazioni. Tuttavia il suo progetto, che ora Napolitano ribalta, era di mandare avanti contemporaneamente manovra e ddl sugli ascolti, chiudendo la partita degli emendamenti. Ma Napolitano giusto su questo frena perché, come spiegano i suoi collaboratori, teme che il contrasto tra Berlusconi e Fini sugli ascolti si prolunghi per tutta la discussione sulla manovra, non garantendo la tranquillità necessaria per far quadrare i conti del Paese.
Dal salone degli specchi, dove parla Napolitano, arriva un duplice monito che il premier intende assai bene e che lo mette di pessimo umore per l'intera giornata. Innanzitutto, rispetto alle voci che i berluscones avevano fatto circolare nei giorni scorsi, di un accordo già chiuso col Colle su due-tre punti, il presidente fa capire che al contrario non ci sono state intese di alcun tipo e che è ancora tutto in alto mare. E conferma la linea intransigente di una presidenza che sulle intercettazioni non è disponibile a trattative sotto banco col governo, né tantomeno ad accordi preventivi. Poi il tema della "serenità" del dibattito, non solo sulla manovra, ma anche sugli ascolti. A parere del Quirinale, nessuna delle due questioni può essere trattata in un clima conflittuale, né tantomeno il braccio di ferro sulle intercettazioni tra finiani e berlusconiani può scatenarsi mentre
Solo di questo hanno ragionato ieri i berlusconiani chiedendosi tra loro se le parole di Napolitano ("La manovra non può non dominare l'agenda parlamentare nel breve tempo che separa le Camere dalla pausa estiva") tagliano la strada al voto entro agosto oppure se resta un possibile spiraglio. E giù a far di conto sui tempi, calcolando che tra il 9 e il 10 luglio a Montecitorio arriva la manovra approvata dal Senato e che ci vorranno due settimane per rimandarla indietro. Quindi restano "vuoti" in calendario gli ultimi giorni di luglio. In cui, volendo, il ddl può essere discusso e votato. Ma il rischio, secondo gli uomini del Cavaliere, sarebbe quello di contrariare ancora di più il presidente. Tant'è che Niccolò Ghedini, parlando con altri deputati delle possibili modifiche al ddl sugli ascolti da concordare con i finiani, ha detto: "In questo momento il nostro problema non sono loro, ma quello che vuole il Quirinale, con cui è necessario mantenere un equilibrio istituzionale e un rapporto sereno soprattutto durante la discussione della manovra". Per questo l'uscita di Napolitano, alla fine, suona per quello che è; la pietra tombale su qualunque blitz o accelerazione possibili.
(22 giugno 2010)

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