venerdì 11 giugno 2010

Sovraffollamento, uno scandalo mai risolto

Irene Testa - Roberto Ormanni - Luigi Morsello

10/06/2010

Irene Testa, Luigi Morsello, Roberto Ormanni

DRAMMA. Ogni estate si ripropone con particolare durezza l’emergenza nei nostri istituti penitenziari. Ecco una cronistoria che aiuta a capire mancanze ed errori e a conoscere tutti i danni provocati dall’ipocrisia della politica.

Ogni estate esplode il fenomeno del sovraffollamento nelle carceri italiane e torna la paura delle rivolte. La memoria corre agli inizi degli anni ’70, quando il terrorismo iniziò a flagellare l’Italia e i detenuti colsero l’occasione per richiamare l’attenzione, attraverso le sommosse, sulla necessità di nuovi diritti. Reclamavano la riforma del Regolamento carcerario del 1931 e, soprattutto, l’applicazione dell’articolo 27 della Costituzione, pietra miliare dell’esecuzione penale nell’ordinamento giuridico italiano. Non comprendevano però (in quel periodo erano in molti a comprendere poco) che questi fenomeni in realtà aggravavano l’allarme e condizionavano il legislatore. L’ordinamento penitenziario varato nel 1975 fu così mutilato di un istituto giuridico, il più importante per riportare la calma nelle carceri: il permesso premiale. E come in una spirale, i disordini, causa della mutilazione, trovarono nuova linfa fino agli inizi degli anni 80, spegnendosi più o meno in concomitanza della sconfitta graduale del terrorismo.

Nel 1986 la legge “Gozzini” richiamava in vita l’istituto del permesso premio. Da quel momento in poi le proteste dei detenuti tornarono nei limiti fisiologici e individuali. Inoltre, periodicamente venivano varate leggi di amnistia e indulto, al duplice evidente scopo di alleggerire il carico di lavoro della magistratura e dell’esecuzione penale. Appare però incomprensibile che il legislatore non sia mai intervenuto a eliminare le cause strutturali del sovraffollamento. L’amministrazione, dal canto suo, stava dando corso a un programma ventennale di costruzioni di nuovi istituti penitenziari, sulla base di progetti fotocopia, che sostituivano vecchie strutture. Questo programma fu rallentato da molti episodi di corruzione e da una gestione dei progetti che metteva in secondo piano i rilievi idrogeologici del territorio su cui i nuovi carceri venivano costruiti. In un caso, l’intero muro di cinta con garitte camminamento di ronda per la sorveglianza armata, è affondato totalmente nel terreno.

Un ulteriore errore fu quello di avere abbandonato il sistema di celle ampie a più posti per privilegiare quello delle celle singole, in un malinteso rispetto delle regole minime dell’Organizzazione delle Nazioni unite del 1955, che però non stabilivano lo spazio vitale per ogni detenuto e utilizzavano ancora la parola dormitorio. Successivamente, il Comitato per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt) ha individuato in 7 metri quadrati per detenuto «la superficie minima auspicabile per una cella detentiva» (secondo Rapporto di attività del Cpt per il periodo dal primo gennaio al 31 dicembre 1991). I progetti di nuove carceri prevedevano 12 metri quadrati per cella singola, comprensivi dei servizi sanitari essenziali, più di quanto individuato dal Cpt. Il risultato è (dovrebbe essere) sotto gli occhi di tutti: oggi in 12 metri quadrati nelle celle vivono tre detenuti (siamo scesi ben al di sotto dei 7 metri quadri per detenuto “auspicati” nel 1991). E nei vecchi istituti penitenziari, dove i soffitti sono alti 3 metri e 20, si possono “incastellare” tre, talvolta quattro letti. Con il risultato di cadute notturne, fratture e, talvolta, morte del detenuto, come è accaduto di recente.

La legge 241/2006 è stato l’ultimo provvedimento di indulto varato per far fronte al sovraffollamento. Ancora una volta le carceri si sono svuotate. Le recidive dei detenuti che beneficiarono dell’indulto, al solito, furono insignificanti, ma amplificate dal partito del “No” all’indulto, che però non proponeva nulla di significativo per eliminare le cause del sovraffollamento, salvo costruire nuove carceri. Ancora una volta però all’indulto non sono seguiti rimedi legislativi, strutturali e meditati. Leggi ce ne sono state ma hanno peggiorato la situazione. Come la Bossi-Fini, nella parte in cui ammette i respingimenti al Paese di origine in acque extraterritoriali, in base ad accordi bilaterali fra Italia e Paesi limitrofi, che impegnano le polizie a cooperare per la prevenzione dell’immigrazione clandestina. Le navi di clandestini non attraccano sul suolo italiano: l’identificazione degli aventi diritto all’asilo politico e a prestazioni di cure mediche e assistenza avviene in mare. Senza che nessuno abbia mai osservato che salire su imbarcazioni della marina militare equivale a trovarsi sul suolo italiano.

Il problema delle tossicodipendenze. La legge prevede sempre la sanzione amministrativa per chi detiene sostanze stupefacenti per uso personale e ha abolito la distinzione tra “droghe leggere” e “pesanti” e ha reintrodotto limiti quantitativi per poter distinguere l’uso personale dall’uso finalizzato allo spaccio. La Cassazione però, con sentenza n. 39017 del 2008, ha chiarito che il nuovo testo della legge sugli stupefacenti non ha creato una presunzione di responsabilità penale diversa da quella “agganciata” alle tabelle del 1990. La differenza sta nel fatto che bisogna stabilire, in concreto e caso per caso, quando si tratta di detenzione personale e quando finalizzata allo spaccio. Un’analisi accurata impossibile. Come il tragico caso di Stefano Cucchi, ad esempio, dimostra in modo lampante.

La situazione attuale di sovraffollamento si ricava anche dal sito del ministero della Giustizia: al 30 aprile 2010 i detenuti sono 67.444. La capienza normale è di 43.000 posti, quella massima raggiunge 63.000. La crescita è pari a circa 800 detenuti al mese in più. Nella casa circondariale di Pavia è in corso la realizzazione di un nuovo padiglione, di 350 posti, utilizzando la superficie del campo sportivo detenuti, che quindi sparisce. A questo proposito, basti pensare che già questo carcere ha una capienza di 400 posti (2 letti monoposto sovrapponibili per ogni cella); alla fine avrà una capienza di 750 posti, con la conseguenza che l’apparato tecnico-amministrativo del carcere non sarà in grado di far fronte alle necessità di 750 detenuti. Così sarà anche nelle altre carceri in cui sono in corso analoghe costruzioni: 47 per una spesa di 500 milioni di euro e la previsione di ultimazione entro la fine del 2010. (fonte: Edilportale.com - 7 aprile 2010). È inoltre prevista la costruzione di 13 nuove carceri per una spesa di 1,1 miliardi di euro. Infine, l’assunzione di 2.000 agenti di polizia penitenziaria. Bene: nessuno osserva che al 2001 l’organico è di 44.406 unità, al 31 gennaio 2009 la forza presente è di 39.156. Dunque, le ‘nuove’ assunzioni non coprono nemmeno il “turn over” naturale. La previsione è che con un tasso di incremento di ottocento detenuti al mese nel 2012 si sfiorerà la quota di 100.000 detenuti. La situazione dovrebbe far tremare le vene e i polsi al “commissario straordinario” Franco Ionta, al ministro della Giustizia e al presidente del Consiglio, che si presenterà alle elezioni politiche del 2013 con questo sfacelo.

I rimedi. Della Bossi-Fini e del reato di clandestinità si è già detto. Si deve aggiungere che entrambi sono a nostro giudizio un gigantesco inganno, del tutto improduttivo di effetti, salvo quello di sovraffollare le carceri. Infatti, vi sono solo due accordi con paesi esterni all’Unione europea per il rimpatrio di detenuti stranieri, a fronte di 140 Paesi stranieri dai quali provengono. Dunque di che si sta parlando? Sarebbe piuttosto il caso di lavorare seriamente all’eliminazione dal codice penale dei circa 200 reati inutili che, pur non incidendo direttamente sull’affollamento delle carceri, rallentano il lavoro degli inquirenti e fanno crescere il numero dei detenuti in attesa di giudizio (si tratta di circa la metà del totale).

Intanto, l’unico rimedio efficace e rapido è un nuovo provvedimento di indulto. È già tardi per rimediare, anche con un iter parlamentare accelerato, una corsia preferenziale e l’accordo governo-opposizione. Prima che l’indulto diventi legge dello Stato e vada a regime l’estate sarà bella che passata. Ma un conto è se i detenuti hanno la certezza del provvedimento di clemenza, un conto se tale certezza degrada al rango di semplice speranza. In tal caso, se anche quest’estate l’amministrazione penitenziaria e il governo la faranno franca, sarà un vero e proprio miracolo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

dormire nel quarto letto a castello, col naso che tocca il muro? non ci posso pensare, Luigi...

che ne pensi di questo appello?

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

PENSO CHE LASCI IL TEMPO CHE TROVA, E' DEL TUTTO ININFLUENTE. OCCORRE SENTIRE IL PARERE DEGLI ALTRI DUE AUTORI. QUESTO LAVORO E' STATO PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO "TERRA". NON RICORDO SE SONO PREVISTI COMMENTI. IO PERO', AUTONOMAMENTE, ADERISCO, PER PRINCIPIO. ADESSO LO VADO A FARE, CIAO.