domenica 27 giugno 2010

Torino, firme false e fiaccolate. La Lega va all’assalto del Tar


di Oreste Pivetta

Le elezioni non finiscono mai. In Piemonte continuano grazie alle firme false e alle fiaccolate, nell’aula del tribunale amministrativo (il Tar), in quelle della Procura della Repubblica e in piazza. La Lega ha convocato i suoi tifosi per una luminaria nelle vie del centro, domani sera. Il neo presidente, Roberto Cota, ha approvato: “Una fiaccolata per la democrazia”, citava la Padania. Cota spiegava: “Soltanto ipotizzare con un golpe il voto popolare è un fatto di una gravità inaudita…”. “Una vera truffa. Una vergogna – incalzava il governatore tra le bancarelle del mercato – far spendere venticinque milioni per un cavillo”. Peccato che la irregolarità in questione gli abbia procurato ventisettemila voti e Mercedes Bresso abbia perso per novemila voti.

Peccato che i cavilli siano tanti e che nel caso più clamoroso ci sia di mezzo una inchiesta penale, sotto accusa un consigliere uscente, Roberto Giovine, a capo della lista “Pensionati per Cota”, protagonisti della storia anche il padre Carlo, parenti e fidanzate, qualcuno ignaro, qualcuno consapevole. Giovine avrebbe messo assieme la lista con i loro nomi e con le loro firme, contraffatte, “imitazioni fatte da un dilettante, una falsità chiara e incontrovertibile”, secondo la perizia del tribunale (che s’aggiungerà alle altre prove in mano al Tar). Il gip è andato a sentire i firmatari veri o falsificati, gli zii, i cugini, l’ex fiamma. C’è lo zio che conferma, spiegando d’aver attraversato in due ore e mezza il Piemonte da un capo all’altro e ritorno per apporre lo storico sigillo e, quando il giudice gli contesta l’improbabile rapidità del viaggio, s’inalbera e risponde: “Ma, insomma, ci ho messo il tempo che ci voleva”.

C’è la zia che di quel giorno non ricorda più nulla: aveva mal di testa. C’è la cugina che di fronte alla firma scarabocchiata si scusa: “Ero emozionata”. Non manca l’ex fiamma, che si vendica: “Ormai vivo a Milano”. Per fortuna compare, dagli interrogatori, anche qualcuno che si salva: “Siamo amici. Se ce lo avesse chiesto, avremmo firmato. Ma non l’ha fatto”. Chi cerca argomenti alla tesi del familismo amorale degli italiani, venga in Piemonte.

Ma il ritratto del capo dei “Pensionati per Cota” è già ricco di un precedente, perché Michele Giovine verrà processato per la stessa violazione per cui fu indagato nel 2005. Allora se la cavò con la prescrizione, perché il reato di falsità previsto dalle norme speciali elettorali era stato derubricato ad ammenda, talmente fortunato il Giovine che non pagò neppure quella. Stavolta gli capita sulla testa la tegola di una sentenza della Corte Costituzionale che giudica illegittima la nuova norma. Si torna al “delitto”, punibile con il carcere. Per la sentenza si dovrà attendere. Intanto giudicherà il Tar, probabilmente tra una o due settimane. Chi è costretto a seguire di giorno in giorno i movimenti di Cota dice di averlo visto assai nervoso, al limite di una crisi. Naturale perché il “cavillo” è in realtà un fatto grave e il “fatto grave” è una delle gambe della sua poltrona, dopo un voto che ha lasciato la Lega più o meno ai numeri di prima e dopo mesi di apprendistato che hanno provocato malumori nel centrodestra.

La sentenza del Tar non è detto che preveda nuove elezioni: potrebbe annullare le precedenti confermando in carica Cota per l’ordinaria amministrazione, potrebbe cancellare Cota richiamando la Bresso ancora per l’ordinaria amministrazione, potrebbe commissariare. In ogni caso la telenovela piemontese si chiuderebbe male o non si chiuderebbe affatto. La via migliore, a irregolarità confermate, sarebbero le elezioni: costano, ma cancellano una ferita e ripristinano la chiarezza. Mercedes Bresso aveva chiesto subito, in diretta televisiva, da poche ore chiuse le urne, il riconteggio: novemila voti sono sempre un’inezia. Cota replicò: “Non sa perdere”. Non tutti, anche nel centro sinistra, apprezzarono la richiesta della Bresso. Poi la fondatezza del ricorso fece cambiare idea.

Nel frattempo la Bresso è diventata presidente del Comitato delle regioni dell’Unione europea e, come hanno già scritto alcuni giornali, è girata l’ipotesi di Sergio Chiamparino, sindaco in scadenza, come candidato, forte a Torino (che vale il cinquanta per cento dell’elettorato piemontese), ma anche in alcune altre province, soprattutto capace di rimettere assieme un’alleanza con il vizio delle divisioni. Altra variabile, la durata dell’effetto Grillo. In Piemonte i grillini sono riusciti a eleggere un loro rappresentante. Reggerà a un nuovo eventuale voto? Di qui a un anno è possibile tutto.

27 giugno 2010

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