sabato 24 luglio 2010

“Adesso la politica deve stare fuori dal Csm”


di Silvia Truzzi

Al Csm la scelta è tra un negoziatore o un garante. L'identità del prossimo vicepresidente non è un particolare irrilevante: avrà diverse pistole puntate alla tempia. Carlo Federico Grosso, docente di Diritto penale a Torino ed ex vicepresidente del Csm ha scritto sulla Stampa: “Niente legulei a Palazzo dei Marescialli”.

Il prossimo Csm è chiamato ad occuparsi di questioni straordinarie, come l'emergenza morale. Condivide la candidatura di un politico come Vietti alla vicepresidenza?

Mai un Csm entrante si è trovato di fronte a una situazione così complessa e delicata come quella con cui avranno a che fare i prossimi eletti. Non è il momento di scelte normali, ma di decisioni che tengano conto dell’eccezionalità della situazione. Conosco Vietti: è persona ragionevole e attenta, abile nel trovare eventuali soluzioni di compromesso. Sarebbe una buona guida in tempi normali. Ma in un momento in cui si discute di rapporti impropri tra politici e magistrati, in cui sembra emergere una questione morale anche all’interno dell’ordine giudiziario, in cui bisogna dare segnali di grande rinnovamento non è opportuno mandare al Csm un rappresentante del mondo della politica. È il momento di una figura indipendente di riconosciuta caratura scientifica e morale.

Sono stati fatti alcuni nomi che rispondono a questo identikit, tra cui Cordero, Grevi e Zagrebelsky.

Sono tutti nomi di altissimo prestigio e fuori dai giochi della politica. Esprimono un modello di autorevolezza e d’indipendenza di cui ci sarebbe bisogno.

Qualcuno tra i non professionisti della politica avrà voglia di prendersi questa responsabilità, almeno per provare a salvare il salvabile?

La politica farà una scelta diversa: il problema difficilmente si porrà. Dirigere un organo che deve recuperare il suo prestigio con una condotta assolutamente rigorosa e al di fuori da ogni sospetto, cambiare prassi consolidate, se possibile superare gli eccessi del correntismo, decidere attenendosi rigorosamente al merito dei problemi, non sarà facile. Anche per le difficoltà dovute al contesto politico generale e ai rapporti con un Ministero che più volte ha dimostrato di assumere iniziative difficilmente condivisibili dal mondo giudiziario.

Quando era lei vicepresidente del Csm il Guardasigilli era Flick: più facile?

Non è stato sempre semplicissimo, però con il ministero, in quel periodo, c'era grande condivisione. Il clima era sicuramente diverso da quello attuale.

Attorno alla giustizia accadono cose come il Lodo Alfano o la legge bavaglio, sintomi di una politica molto precisa?

Lodo Alfano e legge bavaglio interessano al Csm soltanto per i pareri che dà sulle leggi relative alla giustizia. Sono comunque simboli di una politica che inevitabilmente confligge con le idee dominanti all’interno mondo giudiziario, e che lasciano intendere rapporti difficili.

Proprio questo è il momento in cui chi può fare qualcosa per cambiare le cose non si deve sottrarre.

Mi sembra evidente. L'auspicio è che la politica sappia rinunciare a scelte che sembrano essersi radicate con l’elezione dei due ultimi vicepresidenti, entrambi di provenienza politica.

Ma non è sempre stato così.

In precedenza c'erano stati professori. In precedenza ancora altri politici, come Galloni, ed altri professori. Sia alcuni professori, sia alcuni politici, sono stati ottimi vicepresidenti. La peculiarità del momento dovrebbe spingere a dare un segnale forte di rinnovamento segnalando per superare le temperie, un nome di grande prestigio sicuramente sganciato dalle logiche strette dei rapporti politici. Si badi che ad eleggere il vicepresidente fra i componenti laici è, specificamente , il plenum, al quale spetta, in ogni caso, l’ultima parola.

La determinazione a designare un membro dell'establishment, anche da parte del Pd, sembra un riposizionamento rispetto a una situazione politica che sta per cambiare. Un politico è uno con cui si possono fare accordi. O no?

È una spiegazione plausibile.

Non sono troppi, anche all'opposizione, quelli che sono pronti a trattare sull'architrave costituzionale?

Ne sono assolutamente convinto. Con l’attuale maggioranza, arrogante e ampiamente compromessa, ritenere di potere utilmente intraprendere la strada del dialogo è fuori dal mondo. Con chi dimostra di attentare ai cardini dello Stato di diritto deve esserci, piuttosto, seria opposizione. Oltretutto, il dialogo si è rivelato per il centrosinistra una carta sempre perdente, basta pensare all’infelice esperienza della bicamerale presieduta da D’Alema.

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