mercoledì 28 luglio 2010

Berlusconi, discorso sui giudici in Aula


Un discorso da pronunciare in Parlamento sull’uso politico della giustizia. Contro i magistrati, ma anche contro tutti coloro che delle inchieste approfittano per farne motivo di battaglia politica, presidente della Camera in testa.

È uno dei tasselli della strategia del Cavaliere. Il presidente del Consiglio lo sta scrivendo. Dopo l’approvazione della manovra economica ogni momento sarà utile per prendere la parola in Aula, denunciare in modo solenne che è in atto una strategia delle toghe diretta a indebolire il governo, ribadire che il primo partito italiano ha un corpo sano e magari allo stesso tempo additare il cofondatore del partito, terza carica dello Stato, come troppo vicino alle ragioni delle inchieste. È iniziato il conto alla rovescia. «Fini ha ormai passato il Rubicone» dicevano ieri a Palazzo Chigi. Berlusconi è pronto a rompere: il come, su cui tanti si interrogano, è in fondo un dettaglio. Al discorso in Parlamento si potrà affiancare un ufficio di presidenza, una conferenza stampa, una dichiarazione, un documento e la separazione politica sarà definitiva.

Potrebbe non bastare, potrebbe, Fini, non muovere un dito e ignorare il dato. Ma la separazione politica sarebbe a quel punto compiuta. Sembra che il premier punti innanzitutto a screditare la figura della terza carica dello Stato: non è prevista dai regolamenti di Montecitorio, ma anche un sfiducia collettiva dei deputati del Pdl potrebbe essere una delle «tecnicalità», come le chiama il premier in queste ore, della separazione. In ogni caso ha preso una decisione, questo è quel che conta di più ai suoi occhi.

Questa è l’atmosfera che si respira, senza più spazio per interpretazioni, intorno al Cavaliere. I canali fra le due sponde sono definitivamente chiusi. Non c’è più spazio, in apparenza, per alcun tipo di mediazione. Il capo del governo sta studiando anche i numeri parlamentari di un divorzio dal cofondatore del Pdl: cifre e conti utili non per prendere una decisione, ma per gestire la fase seguente alla rottura. Numeri dai quali può dipendere il prosieguo della legislatura.

I dati che ha sulla scrivania il premier dicono che le certezze sono poche: la maggioranza che sostiene il governo potrebbe sopravvivere, ma con difficoltà. Alla Camera sarebbe molto più in salita che al Senato. Tutto dipenderà da quanti deputati seguirebbero il presidente della Camera al momento della rottura: sarebbero, a Montecitorio, più o meno di 20 (e al Senato più o meno di 10), soglie necessarie per formare un gruppo politico autonomo? Carte legali, codicilli notarili, sino a ieri: con la proprietà del simbolo del Pdl sbandierata pubblicamente in testa al capo del governo, sua esclusivamente. Uno dei motivi per cui Fini si sente «imbrogliato».

Oggi filtrano invece altri dettagli sulle pattuglie dei parlamentari in possibile movimento: Berlusconi è convinto che molti finiani si sfilerebbero di fronte al rischio di una fine anticipata della legislatura; il presidente della Camera è convinto del contrario, ovvero che molti ex forzisti, oggi sulla carta felici di stare nel Pdl, passerebbero nel gruppo dei finiani dopo una rottura. A Montecitorio sembra di essere tornati ai tempi del governo Prodi, che a Palazzo Madama si reggeva sul voto di due o tre senatori. Per alcuni berlusconiani è un rischio, ma che ormai vale la pena di essere corso.

Ieri il Cavaliere ha incontrato di mattina, alla Camera, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti; nel pomeriggio, a Palazzo Grazioli, Letizia Moratti, Stefania Craxi, Angelino Alfano e soprattutto il sottosegretario Caliendo: il suo staff ha tenuto a precisare che «in relazione all’indagine annunciata» nei confronti del sottosegretario il premier «gli ha espresso la più ampia solidarietà e rinnovandogli piena fiducia lo ha invitato a continuare a lavorare con l’impegno fin qui profuso».

Un’operazione contro il crimine organizzato in Calabria ha poi consentito al capo del governo di rivendicare «i grandi risultati fin qui ottenuti, senza precedenti nella storia d’Italia», che «dimostrano che la legalità e la sicurezza sono la stella polare della nostra azione». Nessuna dichiarazione invece nel pomeriggio, in visita all’ambasciata di Francia, per assistere alla consegna della Legione d’Onore, massima onorificenza transalpina, al ministro plenipotenziario consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Bruno Archi.

Marco Galluzzo
28 luglio 2010

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