

Le cronache giudiziarie tendono ad intrecciarsi con le convulsioni politiche del centrodestra. E la reazione del Pdl fa capire che Silvio Berlusconi cercherà fino all’ultimo di non perdere altri pezzi; ma è intenzionato a ratificare dopo oltre sedici anni di alleanza la rottura con il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Il capo del governo non vuole le dimissioni né del coordinatore Denis Verdini, né del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, indagato ieri per appartenenza ad associazioni segrete, né del coordinatore della Campania, Nicola Cosentino. La priorità è l’approvazione della manovra economica, per la quale occorre una coalizione parlamentare blindata. Dopo il «sì» a quella che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, chiama «una finanziaria comune dell’Europa», il rischio di una deriva «alla greca» sarà parzialmente scongiurato.
E da quel momento, lo scenario cambierà. Berlusconi prenderà di petto i rapporti fra la maggioranza e quella che definisce «giustizia politica»: probabilmente con un discorso al Parlamento. E quasi in parallelo cercherà di liquidare la questione di Fini. La rottura potrebbe essere sancita entro qualche giorno. Psicologicamente, ma sembra anche politicamente, Berlusconi ha deciso. Anzi, la novità è che mentre fino ad un paio di settimane fa tentava di trovare motivi per una ricucitura, adesso non la cerca più. L’urgenza improvvisa con la quale la minoranza invoca un incontro tra fondatore e cofondatore del Pdl nasce dalla percezione di un pericolo imminente. L’alternanza fra parole rissose e appelli in extremis segnala un epilogo difficilmente evitabile; e dalle conseguenze imprevedibili per lo stesso governo: anche perché i finiani non vogliono abbandonare il Pdl e daranno battaglia per rimanerci.
È evidente, d’altronde, che l’uscita di scena della minoranza indebolisce numericamente la maggioranza. I dati sui gruppi parlamentari che Palazzo Chigi ha esaminato, offrirebbero margini di sicurezza ambigui, se non esigui. Ma i vertici del Pdl appaiono convinti che sia preferibile un esercito meno numeroso e più responsabile e compatto, rispetto ad uno stillicidio quotidiano di polemiche e di distinguo, quando non di attacchi devastanti. Non solo. Ormai Berlusconi e lo stesso Umberto Bossi, capo della Lega Nord, ritengono la situazione irrecuperabile; e dunque sono d’accordo ad agire prima che le inchieste giudiziarie e le frustrazioni nel Pdl rimpolpino la pattuglia finiana. Ormai non si parla più di «se» ma di «come» si consumerà lo strappo.
Il conflitto ha implicazioni pesanti anche sul piano istituzionale. Come presidente della Camera, Fini è la terza carica dello Stato. Il fatto di essere diventato leader della minoranza del Pdl ha un po’ modificato il suo profilo. Nel momento in cui l’addio con Berlusconi ed il suo partito fosse ufficializzato e sanzionato, la situazione diventerebbe paradossale. Non a caso negli ultimi giorni alcuni ex di An hanno invitato Fini ad abbandonare il vertice di Montecitorio e ad entrare nel governo: una provocazione, perché offriva implicitamente la resa in alternativa allo scontro finale. E in un momento in cui i richiami finiani alla legalità sono stati bollati come «dipietristi».
Fa riflettere la possibilità che la separazione possa avvenire nel momento in cui è virulenta la contrapposizione tra governo e magistratura. Si profila una rottura sullo sfondo delle inchieste sulla cosiddetta P3, col presidente della Camera che martella sulla «questione morale» e insiste sull’ «opportunità» delle dimissioni di tutti gli indagati; insomma, cavalca tutti i temi considerati inaccettabili da Berlusconi. È una situazione che può aprire scenari oggi impensabili: perfino quello di una convergenza di fatto fra l’attuale minoranza del Pdl e quei settori dell’opinione pubblica e dell’opposizione che vengono definiti «giustizialisti». Bisogna prepararsi ad una separazione cattiva, fitta di trappole. E sovrastata dall’incognita del comportamento della Lega, oggi in totale sintonia con Berlusconi ma percorsa da tensioni interne inedite.
Massimo Franco
28 luglio 2010

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