domenica 4 luglio 2010

Fini sfida il premier "Provino a cacciarmi"


"Ci provino pure a cacciarmi, in questa vicenda io sono piantato nella Costituzione, nella legalità, nelle linee fondanti del nostro partito e nel sentimento dei nostri elettori. E poi chi lo stabilisce il confine tra l'eresia e l'ortodossia in un partito che si dice liberale ed europeo? Io resto dove sono". Fini si è concesso un sabato di riposo al mare. Agli amici che lo hanno chiamato ha detto d'essere "tranquillo, in pace con la coscienza".

Berlusconi gliel'ha giurata, ha minacciato la sua espulsione dal Pdl, ma il presidente della Camera non ha nessuna intenzione di cedere alle minacce, specie sulla legge-bavaglio. E lo ripete ai suoi uomini, spiegando la linea da tenere: "Nei prossimi quindici giorni ne vedremo delle belle. Sia chiaro che io non ho nessuna intenzione di andarmene dal partito che ho fondato, un partito che è anche il mio. Oltretutto la vedo un po' complicata se mi cacciano e resto presidente della Camera. Mettiamola così: non credo che il governo ne avrebbe una grande convenienza".

Convinto che il suo avversario stia bluffando, Fini tuttavia è consapevole della crescente irritazione del premier nei suoi confronti e non ne fa mistero: "Aspetto di vedere cosa vuole fare. Quando sta con i suoi, gente che fa sempre sì con la testa, fa propaganda, dice parole a vanvera per rassicurare i credenti che sono disorientati. Davvero vuole forzare la mano e far passare questa legge prima dell'estate, pur sapendo che tanto dovrà tornare al Senato? A me sembra solo un puntiglio contro di me, una cosa impensabile. Oltretutto il capo dello Stato è stato chiarissimo quando ha parlato di "punti critici" del disegno di legge e, nonostante questo, anche ieri il suo monito non è stato ascoltato". Già, il Quirinale. Da lì dovrà passare alla fine la legge.

Fini sa che, nella cerchia del Cavaliere, lo si accusa di aver creato un asse con Napolitano per depotenziare la spinta propulsiva del berlusconismo. Per il presidente della Camera si tratta di una paranoia. "Non c'è nessuna intesa particolare, solo una doverosa lealtà costituzionale. Ma capisco che Berlusconi non ce l'abbia proprio nel suo vocabolario: pensa forse che sia il nome di una medicina e questo lo manda in bestia". Comunque il capo dello Stato, per come lo conosce Fini, "non tratta" sulla materia delle intercettazioni.

Le sue perplessità sono note e pubbliche. Per questo il presidente della Camera non crede che, alla fine, i falchi berlusconiani andranno davvero allo show-down sulle intercettazioni. Per una ragione di buon senso anzitutto, visto che in commissione giustizia è possibile che una maggioranza composta dalle opposizioni più i finiani faccia passare modifiche importanti al ddl. "E poi cosa fanno - si è chiesto Fini-, Berlusconi mette la fiducia su un testo che è diventato quello della Bongiorno?". Quanto alla possibilità di "rimandare la legge a settembre", come forse si aspettavano le opposizioni da lui, il presidente della Camera la vede sotto un altro punto di vista: "Se devo battere il ferro meglio scegliere l'argomento giusto". E il tema della "legalità", a differenza dell'immigrazione, lo è certamente: "Tutti i giorni incontro gente che mi dice: non litigate. Io - rispondo - non litigo, difendo le ragioni della legalità per cui ci avete votato. Se la legge passasse così com'è, tutti i nostri elettori sensibili all'argomento capirebbero che c'è un problema di legalità".

Dunque calma e gesso, consiglia Fini ai suoi fedelissimi, prima di fare qualsiasi mossa è necessario che si depositi il gran polverone alzato dal premier in queste ore. Perché anche le elezioni sono una pistola scarica, "possono succedere molte cose. E in una crisi di governo si sa come si entra ma non come se ne esce". Ma se proprio si dovesse arrivare al voto anticipato, "sono sicuro che Gianni Letta gli ha spiegato che, in caso di rottura del Pdl, noi non faremmo una An in sedicesimo, nascerebbe qualcosa di nuovo, c'è tanta gente alla finestra che aspetta. Siamo sicuri che gli converrebbe la nascita di un terzo polo come in Gran Bretagna?". Scenari ancora di là da venire, ma dei quali è bene ragionare fin d'ora.

Quello che Fini proprio non tollera è il corteggiamento incessante che Berlusconi ha iniziato a fare ai parlamentari della minoranza. "Li chiama uno ad uno, persino quelli che l'hanno visto solo in fotografia, e gli dice: io e te dobbiamo parlare, vienimi a trovare. Può anche darsi che riesca a rosicchiare qualcosa, ma in caso di rottura sono sicuro che qualcosa si sfrangerebbe anche dalla sua parte".

(04 luglio 2010)

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