martedì 20 luglio 2010

IL BALLO DELLA TARANTA DEI GOVERNISSIMI


Dall’“ago della bilancia” Casini alle “larghe intese” di D’Alema, alle cene da Vespa: è il tormentone dell’estate

di Luca Telese

Se conoscete l’immortale canzone in cui Vinicio Capossela gridava rapito: “Ho il ballo di San Vito e non mi passa!/ ho il ballo di San Vito e non mi passa!”. Bè, non è l’unico. Solo d’estate, forse per via del caldo umido e soffocante, accadono simili fenomeni, l’infuocato incedere del ballo di San Vito del governissimo (con sonorità tremontiane). Solo d’estate infuriano giochi di Palazzo, effetti di rifrazione ingannevole, leggende che si autoalimentano e tarante di politicismo esasperato che si accendono qua e là. Solo nel nostro Paese può accadere che in questa estate infuocata si balli ancora una volta la taranta del governissimo, e che i convitati costituiscano un plotone trasversale che va da Repubblica ai leader del Pd, dall’Udc ai tecnocrati delle mille bicamerali mai nate.

La mossa di Casini. Puntuale come la Quaresima si manifesta la febbre virale, il ballo di San Vito dei ribaltoni e degli esecutivi possibili, il ballo dei governissimi: in primis ha aperto le danze Pier Ferdinando Casini, lo scommettitore scaltrissimo che esalta la sua rendita politica facendo pendere il peso della bilancia delle maggioranze possibile da una parte o dall’altra. Il ballerino neocentrista e agobilancista: “Non sono un maniaco delle larghe intese – scherzava ieri – penso che la nave può partire solo se oltre a Casini e Berlusconi contiene tanti altri, tutti quelli che servono per assumere scelte impopolari”.

Cena di ballerini. Poi, imprevedibile ma folgorante, ci si è messo il grande anfitrione, Bruno Vespa. Fra fughe di notizie e smentite, l’unica cosa certa è che l’idea di un governissimo di salvezza nazionale (magari persino con Silvio Berlusconi che succede a se stesso) ha preso improvvisamente corpo quando la sua balera ha chiamato a raccolta tutti i convitati dei poteri forti: la Segreteria di Stato del Vaticano, la Banca d’Italia, e poi – ovviamente – la politica. Come sarebbe bella una puntata di Vespa con il plastico di casa Vespa. Dopo quella cena Casini ha detto: “Il nuovo governo potrebbe avere anche lo stesso premier”. E la politica italiana, ovviamente, ha ripreso a ballare intorno al leader del’Udc.

Larghe intese dalemiane. L’altro maestro di danze, poi, ancora una volta è Massimo D’Alema. La sua intervista a Maria Teresa Meli, sul Corriere della Sera, pareva scritta apposta per dettare il tempo anche al suo leader presunto, Pier Luigi Bersani. Il segretario era in America, a celebrare un minuetto di alta diplomazia (con tanto di visita ai bagni del Pentagono) e lui, dall’Italia, dettava i termini del possibile accordo per un nuovo governo: “Ha un senso, se è un appello alla responsabilità per aprire una fase nuova attraverso un governo di transizione, di larghe intese, o come vogliamo chiamarlo”. Ma come? E il bipolarismo? “Ovviamente – proseguiva il lìder maximo – in una democrazia bipolare questa non può che essere una soluzione temporanea, legata a obiettivi precisi, ivi compresa la riforma della legge elettorale, che produce un bipolarismo fondato su una personalizzazione distorta della politica. E come la realizzazione di un compromesso ragionevole tra nord e sud in materia di federalismo, per evitare che questo diventi il tema di uno scontro lacerante. Si tratta di un discorso – concludeva D’Alema – che ha una logica e credo proprio che il maggior partito di opposizione sarebbe pronto a riconoscere la logica di un ragionamento di questo tipo” . E siccome la Meli ricordava che secondo Casini il Pd era pronto a votare un governo guidato da Giulio Tremonti, D’Alema aggiungeva un’altra perla di politichese puro: “Mi sembra una interpretazione un po’ sbrigativa e credo che tutte queste chiacchiere sui nomi servano solo ad ostacolare i processi politici”. Ovvero: non nego. Il tremontismo di sinistra.

Ma che il nome di Giulio Tremonti sia stampato su molti spartiti, anche a sinistra, lo si è capito leggendo Repubblica. Il primo segnale ? L’intervista dell’ottimo Massimo Giannini, che doveva fare salti mortali per costringere il ministrissimo dell’Economia ad abbandonare i discorsi alati sull’europeismo e il mercatismo e tornare a parlare delle più prosaiche e nostrane cricche e P3: “Al massimo sono una cassetta di mele marce”, minimizzava, celebrando (in apparenza) la forza di Berlusconi: “Non c’è spazio per governi tecnici”.

L’ipotesi di Scalfari. Dopodiché, sulla stessa prima pagina un osservatore esperto e smaliziato come Eugenio Scalfari, vaticinava l’esatto contrario: “La domanda – si chiedeva il fondatore di Repubblica – è questa: è ipotizzabile un governo Tremonti senza Berlusconi e senza la Cricca, cui non risulta che Tremonti appartenga? Oppure un governo Monti? Oppure ancora un governo Draghi? E insomma un governo del presidente, con una maggioranza di ‘chi ci sta ci sta?’”. Scalfari mostra di considerare possibile lo scenario: “La partita si giocherà probabilmente all'inizio della prossima primavera e chi darà le carte sarà il presidente della Repubblica come prevede e sancisce la Costituzione. L'obiettivo, come ha detto in questi giorni Bersani, è quello di chiudere un ciclo nefasto e recuperare legalità e Stato di diritto, pulire le stalle, disperderne i miasmi, sciogliere i comitati d'affari criminogeni, modificare la zona grigia che fa da cuscinetto tra le mafie e le istituzioni. Tutti gli altri obiettivi passano in seconda linea salvo quello di non far precipitare il paese in una crisi finanziaria”.

Questa è l’estate della taranta governista, tutti pensano a cosa accadrà, e a chi menerà le danze. E intanto, in pista, Berlusconi continua a ballare.

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