lunedì 12 luglio 2010

Il ritorno del Pentapartito


di FRANCESCO MERLO

MANZONI racconta che in una cena venne deciso il rapimento di Lucia. E non fu politica ma cosca. Allo stesso modo quello in casa Vespa non fa pensare ad un incontro di antico stampo democristiano, ma ad un summit. E solo in superficie il "sistema Berlusconi" ricorda i riti bizantini del pentapartito che tentava di governare l'ingovernabilità con le cene e i convegni più o meno segreti, appunto.

C'era saggezza in quel tempo senza tempo. E nei patti delle frittelle, delle crostate e nelle staffette, persino negli scambi inconfessabili, nel doppio gioco, nel dire per non dire, e in tutte le antiche forme del potere che si prolungava oltre gli orari e oltre i luoghi istituzionali, insomma nella potenza dell'impotenza c'erano le radici lontane del sissizio greco, dello stare assieme aristocratico e della tavola rotonda. Il banchetto era la risorsa dell'antropologia italiana.

Certo, è sorprendente che la politica sia ritornata ai nidi di vespa, con le offerte sottobanco (oggi a Casini, ieri al Pci,) con i ricatti, gli ultimatum e i penultimatum (ieri di Craxi e oggi di Maroni), con i salotti di regime (ieri nella casa-divano Angiolillo e oggi nella casa-covo Vespa), con il crescente ma irrisolvibile disagio morale (ieri del Pri e oggi di Fini). E però la differenza è enorme è non solo perché non erano mai stati segnalati ospiti stranieri come il segretario di Stato vaticano né altissime figure di garanzia come il governatore della Banca d'Italia, ma soprattutto perché è cambiata Una volta l'inconcludenza italiana era il frutto della incompatibilità di interessi sociali contrapposti: i ceti popolari e la razza padrona, la rendita e il profitto, lo Stato e le professioni liberali... E dunque si cercava di servire sulla tavola paraistituzionale dell'Angiolillo di turno le spezie senza odore, il sale scipito, il pomodoro bianco, insomma il salotto era l'impossibile ricomposizione dell'Italia anarchica, il disarmo delle sue ideologie perennemente contrapposte con sullo sfondo la politica dei blocchi, la cortina di ferro e la guerra fredda.

Alla fine i governi non governavano e sempre decidevano di non decidere perché erano assediati dalla lotta di classe e dalla divisione dei mondi. Oggi sono assediati dal diritto penale e a loro volta lo stanno contro assediando anche con il ricorso alle vecchie strategie conviviali. Il pentapartito non aveva una morale, ma almeno cinque: "I sei partiti del pentapartito..." fu l'incipit memorabile dell'articolo di fondo di un grande giornale. Adesso sono due i partiti del pentapartito: Pdl e Lega. Ma hanno un solo vuoto morale.

Ed è vero che Fini somiglia a un La Malfa di destra. Quello era il paladino del rigore in una corte di mollezze: sognava di accumulare ed era costretto a dissipare. Questo Fini sogna il classico ordine della destra ottocentesca ma è costretto al disordine, è il paladino della legge ma deve legittimare il delitto. Crede che la libertà di stampa non sia mai abbastanza e sta in un governo che la vuole imbavagliare.

Persino la Chiesa, come ha detto recentemente il Papa, è piena di pericoli, e deve fare i conti più con se stessa che con i nemici esterni. È insomma un nido di vespa: dalla pedofilia alle case di Propaganda Fide, dalle complicità nel caso Boffo alla devozione della cricca di Stato e ai drammatici sospetti sul cardinale della più generosa, popolare e appassionata diocesi italiana, dove ci vuol poco a descrivere i fedeli come tarantolati e l'annuale miracolo del sangue che si scioglie come una superstizione medievale... Ebbene, con la Chiesa venata dai sospetti, il cardinale Bertone, come fosse un Verdini o un Bonaiuti, un Dell'Utri un Ghedini o un Blancher, partecipa al conclave degli inguaiati in casa Vespa, incredibile giornalista sensale, "Bel Ami" del Popolo della libertà. Negli anni del pentapartito i giornalisti potevano essere di parte ma non si ricordano mezzanie. Craxi e De Mita non trattavano in casa Zavoli. La Malfa e Berlinguer non fecero accordi alla tavola di Andrea Barbato.

Al vertice del nuovo pentapartito c'è ovviamente Berlusconi che sembra la Dc ma non ne ha la serietà né la ricchezza e la grandezza politiche. Il suo obbligato ritorno alla tecnica del pentapartito cerca solo di neutralizzare l'illegittimità dei comportamenti. Ecco perché questo neo pentapartito non è il pentapartito ma è un "un pendaglio" di partiti. Non un neo, ma un tumore della politica italiana.

(11 luglio 2010)

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