

DOPO LO STOP DI MANCINO AL CSM SUI TOGATI COINVOLTI NELLO SCANDALO P3
di Antonella Mascali
I tanti magistrati che in questi giorni hanno gridato sulla rete “andate a casa” ai colleghi coinvolti nell’inchiesta sulla P3, hanno trovato una sponda nell’Anm. Invece Nicola Mancino al plenum del Csm ha tappato la bocca ai consiglieri che volevano parlare di questione morale dopo lo scandalo che ha toccato anche Palazzo dei Marescialli.
A chiedere le dimissioni dei magistrati che hanno frequentato faccendieri, il segretario dell’Anm, Giuseppe Cascini, che vorrebbe un “segnale forte”. Bisogna avere “la capacità e il coraggio di farsi da parte. Quando il sospetto sulla tua persona getta ombra sulla categoria, è necessario lasciare libera l'istituzione”. Il presidente Luca Palamara conferma l’impegno dell’Anm “a contrastare con ogni mezzo qualsiasi forma di contiguità a poteri politici o affaristici e di opacità nei comportamenti, al fine di restituire credibilità all'intero corpo giudiziario”.
E ai magistrati si riferisce un passaggio del rapporto dei carabinieri di Roma: l’associazione segreta ha potuto contare sul contributo del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, del capo degli ispettori di via Arenula, Arcibaldo Miller, e di Antonio Martone, avvocato generale della Cassazione in aspettativa e presidente (su decisione del ministro Brunetta) della Commissione per
Per ora, come rivelato dal Fatto, l’unico che ha presentato le dimissioni al Csm è stato Martone. Era tra i commensali nella casa romana del coordinatore del Pdl, Denis Verdini, il 23 settembre 2009 quando - ricostruisce
Diversa la posizione di Miller, ancora magistrato. Anche lui era tra gli ospiti di casa Verdini. Nei suoi confronti la prima Commissione competente del Csm potrebbe aprire una pratica, così come ha fatto per Marra. Il bubbone della sua nomina a presidente della Corte d’Appello di Milano è ormai deflagrato a Palazzo dei Marescialli. Il vicepresidente Mancino, che ha espresso uno dei voti determinanti per la sua elezione, ha perso la calma. Con il pretesto che l’ordine del giorno deve essere approvato dal presidente Napolitano, ha messo a tacere i consiglieri che volevano almeno motivare la necessità di un dibattito in merito.
Al plenum la tensione comincia a salire quando il consigliere Livio Pepino dichiara: “La questione morale tocca anche il Csm. Credo che il Consiglio non possa ignorare fatti che ritengo assai gravi” e torna a chiedere una seduta che ponga “all'ordine del giorno la questione delle regole che devono caratterizzare i comportamenti di consiglieri anche alla luce delle indagini della Procura di Trani (il riferimento è a Cosimo Ferri e ai suoi suggerimenti al commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi per far chiudere Annozero, ndr) e di quella di Roma”. Mancino assicura che trasmetterà la richiesta a Napolitano, ma chiude la discussione: “Oggi non apro alcun dibattito”. Poi rivela quanto abbia i nervi scoperti: “Possiamo parlare di questi temi al termine del mandato. O si sarebbe potuto fare in un quadro più disteso, non ora”. Ezia Maccora ci prova comunque: “Ciò che succede ha una rilevanza sulle competenze del Csm e tutti i membri dovrebbero poter dire qualcosa”. Mancino però vuole solo il silenzio e ribadisce: “Non ho aperto alcun dibattito”. A Maccora non resta che un’amara constatazione: “Lei toglie la parola agli altri consiglieri”.

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