sabato 3 luglio 2010

Quel sisma cambiò il Dna dei siciliani


LAURA ANELLO

Le ampiezze dei tracciati del terremoto sono così grandi che non sono entrate nei cilindri dei sismografi. Da qualche parte sta succedendo qualcosa di grave». La «parte» che gli addetti dell'osservatorio ximeniano di Firenze non riescono in prima battuta a identificare era Messina, epicentro della madre delle catastrofi del XX secolo. Alle 5,41 del 28 dicembre 1908 il terremoto fa crollare il 90% dei palazzi, seppellisce 80 mila dei 140 mila abitanti, provoca uno tsunami che con tre onde successive alte più di dodici metri inghiotte i poveretti che avevano cercato scampo sul mare. Ma innesca anche - liberando grandi quantità di gas radon - una modifica del Dna che caratterizza ancora, dopo generazioni, la popolazione vicina allo Stretto.

Questa l'ipotesi di un pool di esperti siciliani capitanati dall'ematologo Calogero Ciaccio, il fondatore della Banca del cordone ombelicale di Sciacca dalla quale sono passati dal 1999 al 2006 diecimila codici genetici di donatori di midollo e di sangue. Una scoperta destinata a innescare un nuovo dibattito su Darwin nella comunità scientifica internazionale. E che porta lontano, alla storia del collo lungo delle giraffe. Serve a raggiungere gli alberi per mangiare, d'accordo. Ma che cosa ha determinato questa caratteristica? La grande roulette del Dna che ha tirato fuori a caso un gene che si è rivelato competitivo e si è affermato? Oppure proprio quelle fronde così alte? Se il padre dell'evoluzionismo sosteneva che le mutazioni delle specie sono spontanee (e che, se vantaggiose, vengono selezionate per il futuro), questo studio teorizza invece che è l'ambiente a influenzare direttamente i geni, e in particolare un sistema del Dna che si chiama HLA. Nei siciliani e nei calabresi dello Stretto è più frequente la molecola DR11, con percentuali sovrapponibili alla forza delle onde sismiche di un secolo fa: si trova nel 54% della popolazione di Messina, nel 44 di quella di Caltanissetta - nel cuore della Sicilia - e solo nel 38% di quella di Trapani, al capo opposto dell'isola. Dati che hanno fatto accendere la lampadina all'équipe di studiosi.

E che li hanno fatti saltare dalla sedia quando hanno scoperto che nell'Italia peninsulare si riproduceva esattamente la stessa situazione: molecola molto presente nelle città vicine allo Stretto, sempre meno via via che si risale lo Stivale: 56 per cento a Reggio, 44 a Vibo Valentia e 38 a Cosenza. Tutto quadrava per sostenere che Scilla e Cariddi erano state l'epicentro di un piccolo terremoto genetico. Ma dovuto a che cosa? Dominazioni straniere, incursioni, flussi migratori, epidemie? Le riunioni con storici e studiosi locali hanno escluso qualsiasi spiegazione che avesse un capo e una coda. Sul tavolo è rimasto il disastro di Messina, dodicesimo grado della scala Mercalli, 7,2 di quella Richter, un cataclisma che seppellì più di mezza città: gli aristocratici e i borghesi che poche ore prima avevano celebrato il rito laico della prima dell'Aida al teatro lirico (restò sotto le macerie anche il tenore-Radames) e il popolo che aveva festeggiato Santa Lucia.

Solo un'ipotesi, agli inizi timida e trepidante. Poi sempre più rafforzata dalle controprove. A partire dalla misurazione della radioattività in Sicilia e in Calabria, il cui livello è perfettamente sovrapponibile alla presenza del DR11: più è alta, più è diffusa la molecola nel Dna della popolazione. Per finire con la scoperta della bassa incidenza del tumore al polmone negli abitanti dello Stretto rispetto al resto della Sicilia e della Calabria, nonostante l'alta percentuale di radon, che è la seconda causa di insorgenza della malattia dopo il fumo. La mutazione genetica sarebbe insomma una risposta della natura per proteggere la popolazione dagli effetti del gas. Eureka. Proprio come il collo lungo delle giraffe, destinate altrimenti a morire di fame.

Una difesa che risparmia la vita, ancora oggi, a duecento persone ogni anno, e che ha una memoria lunga: a dispetto delle leggi di Mendel sulla trasmissione dei caratteri ereditari, da coppie con un solo partner portatore del Dna "terremotato" sono nati il 75 per cento dei figli con la stessa caratteristica e non il 50. A questo punto manca la prova del nove. Cioè il test genetico sulle vittime del sisma. I carabinieri del Ris di Messina hanno già esumato cento scheletri dalle chiese. Se la particella «protettiva» non è frequente come oggi, sarà sicuro che è stato il terremoto a indurre il cambiamento. E parte della genetica, probabilmente, dovrà essere riscritta.

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