Tra candidati ed eletti ci sono zone d’ombra e casi di mancato rispetto del codice etico antimafia. L'allarme arriva da Fabio Granata, vicepresidente della commissione Antimafia e deputato di Futuro e libertà, il gruppo finiano. «Nonostante la condivisione teorica al codice etico promosso dalla commissione Antimafia - spiega Granata -, sia tra le candidature che tra gli eletti ci sono infiltrazioni e zone d'ombra. Nonostante la carente collaborazione delle prefetture, stiamo ricomponendo - ha detto Granata - il quadro e riferiremo alle Camere. La politica rompa ogni ambiguità nella lotta alla mafia. Alcuni partiti e alcuni candidati alla presidenza delle Regioni - conclude il deputato finiano - non hanno vigilato come era richiesto e doveroso».
L'ESAME AL SENATO - L'allarme di Granata arriva mentre all'esame del Senato c'è il ddl per il codice antimafia. In mattinata l'aula di Palazzo Madama ha bocciato la richiesta dell'Idv, sostenuta anche da Pd e Udc, di sospendere l'esame in aula del disegno di legge. Si procede quindi ora con la discussione generale. Le opposizioni chiedevano di far tornare il testo, già approvato da Montecitorio, in commissione per ulteriori rifiniture, ma il presidente della commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini boccia l'ipotesi chiedendo che dal Senato arrivi, con l'approvazione, un «segnale forte» nella lotta alle mafie, rimandando alle elaborazioni dei decreti attuativi le questioni proposte dalle opposizioni che sono comunque «utilmente poste».
«RISCHIO ATTENTATI» - Di «rischio attentati» ha parlato invece il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che rispondendo ad un giornalista ha spiegato che i rischi di stragi come quelli di Firenze, di Capaci e di via d'Amelio, «ci sono sempre, soprattutto in momenti di tensioni politiche». «Non dimentichiamo - ha ricordato Grasso, intervenendo a Cortina in un dibattito dal titolo "Internazionale mafiosa" - che nel '92 gli attentati sono avvenuti a ridosso di Tangentopoli. Può esserci qualcuno che vuole approfittare del momento politico per dare uno scossone». Il procuratore nazionale antimafia ha anche sostenuto di non considerare Matteo Messina Denaro «attuale capo di Cosa nostra». Con l'arresto di Lo Piccolo, Provenzano e Riina, ha ricordato Grasso, «non esiste più un vertice. C'è stato un tentativo dei "reggenti" di costituire una sorte di commissione formale di quella che c'è in carcere ma è stata neutralizzata. Il fatto che ci sia un elemento di spicco latitante - ha proseguito Grasso - non significa attribuire a quest'ultimo un ruolo di capo dell'organizzazione. Tranne che lo abbiano attribuito e noi non ne sappiamo nulla. Messina Denaro è l'ultimo latitante di spicco rimasto ancora in libertà, ha partecipato e deliberato la strategia stragista del '92-'93, è la persona più importante di Cosa nostra. Detto questo mi fermo» ha concluso.
Redazione online
03 agosto 2010
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