di Marco Damilano
Mentre il Pdl si dissolve e Bersani prende tempo, Vendola è pronto per la sfida. Con lui stanno già Cofferati e Bettini, probabile l'appoggio di Veltroni e Franceschini. E perfino l'ambasciatore americano...
Si ritroveranno dalla stessa parte dopo che per decenni l'antipatia personale e l'ideologia li ha divisi su tutto. Dopo l'estate due capi storici della sinistra italiana, due ex sindacalisti della Cgil, Sergio Cofferati e Fausto Bertinotti, si uniranno per la prima volta nella lotta. Un endorsement neppure tanto mascherato per l'ospite d'onore dell'incontro: il candidato ufficiale per la leadership del centrosinistra, il governatore della Puglia Nichi Vendola.
'E se Nichi riesce a far stare allo stesso tavolo quei due, ogni impresa diventa possibile', gongola un ambasciatore vendoliano. Miracoli di San Nichi.
Fino a poche settimane fa sembrava davvero impossibile che Vendola si candidasse alla leadership dell'Italia che non vuole morire berlusconiana con qualche possibilità di successo. Troppo meridionale. Troppo comunista. Troppo cattolico. Troppo gay. Ma ora che il treno è partito, dopo la convention a Bari del suo movimento,
In largo del Nazareno, la sede del Pd di Pier Luigi Bersani, la sola idea di essere chiamati a contendergli la guida della coalizione scatena il panico. Pienamente giustificato: quando sul tavolo del segretario del Pd è arrivato il primo sondaggio il risultato è stato da brivido. Se si votasse oggi il governatore pugliese vincerebbe le primarie battendo il candidato del Pd. Per questo da giorni i bersaniani si affannano a spiegare che a norma di statuto il candidato premier del centrosinistra sarà il segretario, ma senza troppa convinzione. Anche perché l'operazione Nichi è pianificata in ogni dettaglio. Mentre le manovre per bloccarlo, finora, sono confuse e improvvisate.
Per scalare il Pd, la ricetta di Nichi è addirittura banale. Ripercorrere le tappe che nel 2008 hanno portato un certo Barack Obama dall'anonimato alla conquista della nomination democratica contro Hillary Clinton, fino alla Casa Bianca. Partire da Terlizzi per approdare a Palazzo Chigi non è esattamente la stessa cosa, certo, ma l'identificazione di Vendola con il presidente nero è totale. E c'è poco da scherzare, perché l'ex comunista con l'orecchino convertito ai dogmi della politica americana, presidenzialismo e personalizzazione, ha incuriosito un importante amico dell'Obama originale, l'ambasciatore americano David Thorne, che lo ha voluto conoscere di persona.
E ci credono i Nichi boys, tutti pugliesi (anzi, baresi), agguerriti e trentenni, precari e creativi, rappresentativi della loro generazione, che hanno studiato la 'mission impossible' di Obama fin nei particolari. Come si è capito alla kermesse delle Fabbriche di Nichi a Bari, dove i due seminari più affollati sono stati quelli dedicati all'analisi del modello americano (titolo: Win for left), affidati a due giovani ricercatori Mattia Diletti e Mattia Toaldo.
Una campagna fondata su tre pilastri: la comunicazione, i comitati di base, la leadership carismatica. Un vascello agile, 'un soft power' (egemonia, si sarebbe detto un tempo), lo definisce Vincenzo Cramarossa, 33 anni, studi di politiche del lavoro alla London School of Economics e a Milano alla scuola di Pietro Ichino e Michele Salvati, motore organizzativo delle Fabbriche. A curare l'immaginario (tradotto in vendolese: 'la narrazione') ci pensa Silvio Maselli, 35 anni appena compiuti, un passato alla Fandango e un incarico di prima fila nella Puglia di Vendola, la direzione della Apulia Film Commission, la fondazione regionale nata nel 2007 con un budget di un milione di euro per attrarre investimenti nel campo audiovisivo e diffondere le location pugliesi nel mondo. Lo spin doctor, il David Axelrod di Vendola, è un ragazzo di 26 anni, Dino Amenduni: 'I nostri punti di forza? L'attivazione giovanile, la creazione di un nuovo senso di comunità e di appartenenza, i comitati elettorali atipici, la delega della decisione sul piano organizzativo e creativo'. Tutte cose che dovrebbero fare i partiti, se ancora esistessero.
Amenduni lavora per l'agenzia Proforma che ha curato anche l'ultima campagna elettorale del Pd ma alla domanda sul perché quelle di Vendola siano da tutti considerate belle e efficaci e quelle del Pd da dimenticare risponde semplicemente: 'Nichi è più facile da comunicare. E ha un'identità politica definita'. L'appartenenza come risorsa, non come zavorra, come pensavano i tanti leader light e trasformisti dell'ultimo decennio. In più, a fare da supporto, un gruppo di intellettuali, possibilmente non ancora logorati dai soliti circuiti accademico-editoriali, un think tank che ha il compito di animare il dibattito di idee attorno alla candidatura Vendola (nome in codice: Nichi-pedia), perché le parole e le idee contano in politica, peccato che la sinistra non se ne ricordi più. Una società di fund raising internazionale a trovare le risorse per una campagna che non si annuncia breve.
E una spregiudicata azione di conquista del campo avversario (ovviamente il Pd), in cui andare a pescare consensi e accordi. Ma di questo si occupa Vendola in persona, che fa politica fin da bambino e quando ci si mette sa essere più spregiudicato del suo maestro. Massimo D'Alema, già.
Altro che sinistra radicale: i Franco Giordano e i Gennaro Migliore restano defilati, a Bari l'unica maglietta di Che Guevara la indossava un ragazzo del Pd. Per conquistare la leadership Nichi l'americano punta a conquistare il campo riformista: 'Un riformismo vero, non scolorito, per chiudere il trentennio conservatore', spiegano alla Fabbrica. In casa del Pd il governatore pugliese ha messo a segno qualche colpo a effetto: il sindaco di Bari Michele Emiliano si è schierato apertamente dalla sua parte, nononostante i violenti scontri degli ultimi mesi, l'emergente consigliere regionale lombardo Giuseppe Civati è stato ospite alla Fabbrica, un gruppo di senatori del Partito democratico ha voluto incontrarlo. Tra loro, la prodiana Albertina Soliani e Paolo Nerozzi, per anni potente uomo macchina del sindacato del pubblico impiego e mente politica della Cgil.
Poi ci sono gli elefanti del Pd da attrarre nella rete. Di Cofferati si è già detto, e sarebbe una sorpresa vederlo dalla parte di Vendola. In privato si dice pronto al sostegno un peso massimo come Goffredo Bettini. Il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti ci sta riflettendo.
Walter Veltroni guarda a Vendola con una punta di invidia: pesca nel suo stesso vocabolario, ma con in più la voglia di giocare all'attacco ('Scompaginare il centrosinistra'), una mentalità corsara e da combattimento che è sempre mancata all'ex sindaco di Roma. E alla fine Veltroni e Dario Franceschini, i due primi segretari del Pd, potrebbero ritrovarsi a far votare per Vendola. Il governatore va a caccia di consensi perfino nei sancta sanctorum dalemiani. Ad affiancarlo come consigliere c'è Franco Neglia, nome importante del Pci-Pds di Bari. Tra gli esperti invitati alla Fabbrica ci sono i giovani economisti Salvatore Monni e Alessandro Spaventa (figlio dell'ex ministro Luigi), relatori nei convegni della fondazione dalemiana Italianieuropei. E negli ultimi giorni Vendola ha incassato l'appoggio inatteso del braccio destro di D'Alema, Nicola Latorre: 'Vendola raggiunge un mondo che il Pd non raggiunge, sarebbe una follia escluderlo. E il prossimo leader andrà scelto con le primarie'. Chissà quanto apprezza il suo capo. Una prima vittoria è già arrivata: il verbo di Vendola, presidenzialismo e carisma, è già imitato dai settori del Pd più lontani da lui. L'incontro di fine agosto organizzato da Enrico Letta in Trentino, VeDrò, sarà dedicato quest'anno al tema della leadership. Titolo: 'The leader is...'.
Laboratori modellati a somiglianza della Fabbrica. Un trampolino di lancio per il giovane Letta che qualcuno vede come il vero competitore di Vendola se si dovessero fare le primarie: Bersani in quel caso si ritirebbe in un ruolo di regista della coalizione. E la sfida nazionale ricalcherebbe alla perfezione quella pugliese, dove il lettiano Francesco Boccia è stato sconfitto due volte da Vendola. E dire che D'Alema si ostina a chiamare tutto questo poesia: 'Non ne abbiamo bisogno'. È prosa, invece. La dura battaglia di Vendola per conquistare il potere. Da sinistra.
2 commenti:
MI SA CHE QUESTA E' LA VOLTA BUONA!
PRONTISSIMI!!!
IN TANTI!!!
Madda
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