I vescovi contro lo show di Gheddafi e il baratto del premier sui valori
di Marco Politi
Il cristianesimo prêt-à-porter del governo Berlusconi si sbriciola dinanzi al sermone islamico di Gheddafi. Il governo del crocifisso obbligatorio ammutisce in presenza di chi esorta a sostituire il Vangelo con il Corano. Al Piccolo Nerone (versione Alberto Sordi), che suona la sua cetra a Palazzo Chigi, la coerenza naturalmente non interessa. Non sa nemmeno di che si parla, quando Oriente e Occidente, fede e filosofie si affacciano sulla scena. Ma la vicenda è istruttiva. Maurizio Lupi e Mario Mauro, autorevoli esponenti del Pdl (vicepresidente della Camera il primo, capogruppo Pdl al Parlamento europeo il secondo), hanno scritto una lettera di fuoco alla Stampa per dire che non si può “rimanere fermi a guardare” ed è urgente chiedersi fino a quando “è ancora opportuno offrire il nostro Paese come palcoscenico per gli spettacoli del Rais?”. Hanno sbagliato indirizzo. Devono mandarla a Palazzo Chigi. Soltanto Berlusconi si fa in quattro appena Gheddafi desidera organizzare i suoi capricciosi eventi. Strano, ma il leader libico – che ingenuo non è – non ha mai chiesto in nessun’altra democrazia occidentale di mandargli alla residenza centinaia di giovani hostess per indottrinarle. Maurizio Lupi e Mario Mauro invocano rispetto per la “tradizione cristiana” in Europa, ma sarà difficile per loro presentarsi davanti a qualsiasi europarlamentare senza che appaia sulle sue labbra quel sorrisetto, che ogni turista italiano all’estero ha imparato a conoscere: “Ma perché avete al governo uno come Berlusconi?”.
L’AVVENIRE, giornale dei vescovi, non nasconde il suo disgusto. “Un’incresciosa messa in scena”, ha commentato in prima pagina, soggiungendo: “O forse solo un boomerang”. Il boomerang sfiora appena Gheddafi (ormai è ripartito), ma finisce per cozzare una volta di più contro un premier, che non sa cos’è la dignità di una nazione. Fa impressione rileggere a un anno di distanza il lucido giudizio dell’Avvenire (allora diretto da Boffo). “Stile e valori” della vita concreta di un leader “non sono indifferenti, non possono esserlo”. Perché lo stile di Berlusconi è quello di chi favorisce certe kermesse. E i valori cristiani, di cui si impadronisce per il Family Day o per lanciare decreti d’urgenza su Eluana Englaro, durano lo spazio di uno spot.
Chiede Avvenire in quanti altri paesi poteva realizzarsi uno show così penoso. Un boomerang per Palazzo Chigi. Perché i casi sono due. Le risposte, con garbo, si trovano sulle pagine del giornale dei vescovi. O era una kermesse e il premier non avrebbe dovuto lasciare che avvenisse. O il discorso di Gheddafi era serio e allora il Piccolo Nerone avrebbe dovuto intervenire a schiena dritta e replicare.
A quale leader d’un Paese di tradizione e maggioranza cristiana (che comunque non ci penserebbero nemmeno) sarebbe concesso di predicare e battezzare in un Paese a maggioranza islamica?
E perché in tanti Stati islamici è impedito non solo a preti e missionari ma anche a semplici viaggiatori, uomini d’affari o lavoratori immigrati di manifestare la propria fede cristiana?
Un discorso laico per la libertà di credere, non credere, cambiare credenza che un capo di governo italiano dovrebbe essere in grado di fare. Magari – come si fa a scuola – copiando un celebre discorso di papa Wojtyla a Nuova Delhi. Niente del genere è accaduto. E non poteva che essere così. L’appello ai valori cristiani per il premier è solo merce di scambio per appoggi sopra e sotto il banco. E nella sua compagine è un involucro buono per ogni prodotto. In questi giorni il ministro Sacconi, reduce dalla sua performance al meeting di Cl a Rimini, è impegnatissimo a propagandare un’“antropologia positiva” nella sfera industriale.
Bella parola. Non si capisce, peraltro, perché sia antropologicamente positivo abbassare la guardia e le regole per gli incidenti e le morti sul lavoro, per le aziende che hanno dipendenti in nero, per la prassi del precariato permanente. Rottamazione di regole di solidarietà e dignità, in cui il governo “cristiano” è attivo assai.
Così il cristianesimo è strumentalizzato e ogni valore manipolato. Festa solenne per la fine del Ramadan con Gheddafi e niente moschea per centinaia di migliaia di musulmani in Italia. Ok a Roma per i Corani distribuiti alle veline e in provincia appelli isterici per cacciare dal cimitero cristiano il corpo di un bimbo musulmano. E intanto a monsignor Mogavero della Cei – pur invitato alla cena di gala con Gheddafi – è stato impedito di incontrarlo e chiedergli: “Che fine hanno fatto tante persone respinte dal governo italiano?”. Persone ora sparite in Libia.
TUTTO SI TIENE nel regno del Piccolo Nerone (versione Sordi).
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