martedì 7 settembre 2010

Casini: se va al voto il premier consegna le chiavi a Tremonti


MARCO CASTELNUOVO

Camicia bianca senza cravatta, jeans e giacca blu: al polso un braccialettino rosso. Pier Ferdinando Casini in versione casual arriva a Torino il giorno dopo il discorso di Fini. Sorride, e si capisce perché. Dopo due anni nel limbo, nè con la destra nè con la sinistra, ora è pronto a raccogliere i frutti del suo «isolamento». Il discorso di Fini «me lo aspettavo nei contenuti. Dopo l’estate dei veleni non ci si poteva aspettare altro da parte sua». Quoziente familiare, nuova legge elettorale abolizione delle province, il federalismo (ma declinato in altro modo), la Lega da arginare.

Eccolo, il programma del terzo polo cui sta convergendo Fini da destra, ma anche Rutelli da sinistra. Casini, forte dei sondaggi che danno il terzo polo sopra al 10%, spinge: «Non ci sono solo loro, penso ad altri che stanno ancora nel Pd e nel Pdl. Se ci sarà, il Partito della nazione sarà determinante», spiega a rispondendo ai lettori in una videochat de lastampa.it.

Un partito aperto anche alla società civile, al misterioso D’Artagnan che dovrebbe unirsi ai tre moschettieri Casini-Fini-Rutelli. «Ci aspettiamo persone che si mettano in gioco: ma non che vogliano puntare sulla vittoria sicura perché nessuno la può assicurare». Insomma, il progetto «è ancora largamente incompleto. Per cui mi auguro che la legislatura continui perché questo processo politico crescerà ancora nei prossimi due anni». Per questo forse a Berlusconi conviene andare subito al voto? ««Se vuole lasciare subito lo scettro a Tremonti lo può fare», risponde sibillino.

Chiarito il campo e i compagni di strada, passo avanti anche sulla legge elettorale: «Sono per le alleanze prima del voto, esattamente come si fa in Germania. Vorrei il sistema tedesco, ma non sono contrario a indicare preventivamente il presidente del consiglio».

Chiariti anche gli avversari: Bossi, certo («Lui mi insulta ma io non gli rispondo, anzi. Gli voglio bene»). E poi Di Pietro. È sull’ex pm che ora si concentra il leader centrista. «Di Pietro è un serio ostacolo all’alternativa», dice ai lettori della Stampa e al Pd. Lo ripete alla festa democratica tra le ovazioni dei militanti democratici. «Le contestazioni a Dell’Utri a Como e Schifani a Torino sono straordinari assist per Berlusconi. Quelli che hanno contestato Schifani sono gli stessi che hanno regalato il Piemonte a Cota». Applausi per Pier dai simpatizzanti Pd presenti alla festa cui si accoda subito Enrico Letta: «voglio dire chiaro - affonda il vicesegretario Pd - che le parole espresse da Di Pietro il giorno dopo le contestazioni a Schifani, qui alla festa, esprimono una posizione incompatibile con noi».

Insomma, per l’ex presidente della Camera chiunque meglio di Di Pietro, anche Vendola. «Lo considero un leale competitor politico, un avversario, ma sicuramente una persona rispettabile. Di Pietro, lasciamo perdere il rispetto personale che si deve a tutti, politicamente in questo momento è una minaccia su qualsiasi alternativa politica, Vendola è un altro discorso - dice a lastampa.it. «È ovvio che io non potrei votare Vendola presidente del Consiglio, però riconosco che il suo è comunque un disegno politico». Meglio Vendola di Di Pietro dunque. Certo, sarebb\e troppo ipotizzare una coalizione che li veda alleati, tant’è che Casini s’affretta a ripetere che «se si vota domani mattina io andrei da solo perché prima il Pd mi deve spiegare se la formula delle Marche (un’alleanza Pd-Udc, senza la sinistra che si è presentata con un proprio candidato, ndr.) è un incidente di percorso del Pd o un investimento sul futuro». Ma tanto il voto, con legge elettorale da cambiare, non pare essere dietro l’angolo.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

ANTONIO DI PIETRO E' ALTERNATIVO A PIERFERDINANDO CASINI,IL RESTO SONO SOLO CHIACCHIERE.