venerdì 17 settembre 2010

CONFINDUSTRIA, CHE SCOPERTA: “L’EVASIONE È SBALORDITIVA”


Secondo il centro studi degli industriali vale 125 miliardi

di Stefano Feltri

Basta un aggettivo a trasformare un rapporto del centro studi di Confindustria in un caso politico: quelle dell’evasione fiscale, si legge nel documento, sono “cifre sbalorditive”. E le cifre in questione, ricalcolate dal pensatoio confindustriale guidato dall’ex giornalista Luca Paolazzi, sono queste: le risorse sottratte al fisco sono almeno 125 miliardi di euro all’anno, e forse molto di più perché con la crisi la parte di economia non regolare, quella sommersa, continua ad espandersi (perché le tasse per molti imprenditori sono un costo non sostenibile). E sarebbe arrivata, stima Confindustria, al 20 per cento del Pil: oltre 300 miliardi di euro.

Nostalgia per Visco

NUMERI ALTI, ma non sorprendenti, in linea con i dati dell’Istat. Ma c’è quell’aggettivo, “sbalorditive”, che mette il rapporto in una luce diversa da una semplice diagnosi. Anche perché il centro studi ha una spiegazione del boom del sommerso: “E’ probabile che la recente espansione del sommerso sia stata determinata anche dall’abolizione nel 2008 di buona parte delle norme antievasione introdotte negli anni precedenti”. Che in termini politici significa questo: prima c’era Vincenzo Visco, con il governo Prodi, poi a occuparsi della lotta all’evasione è arrivato Giulio Tremonti e gli evasori hanno stappato lo champagne, con il risultato che l’economia sommersa ha ricominciato a crescere. Difficile quantificare quanto fossero efficaci le misure concrete di Visco e del governo Prodi – scrive il centro studi di Confindustria – ma “è possibile che la loro introduzione avesse accresciuto la percezione di un inasprimento della lotta all’evasione e quindi aumentato la compliance spontanea”. Bastava che su quella poltrona ci fosse Visco e gli evasori si sentivano meno incentivati a evadere. E perfino Tremonti si è reso conto che l’atteggiamento di Visco era quello giusto, dice Confindustria, come dimostra il “parziale ripristino” di alcune delle misure di lotta all’evasione dell’era Visco, tipo l’introduzione di una soglia (elevata, 5000 euro) ai pagamenti in contanti. Ma c’è un altro problema. Mentre l’economia sommersa si espande, quella del Paese arranca. Molto più di quanto previsto dal governo. Secondo Confindustria, la cosiddetta ripresa “perde slancio dopo l'accelerazione superiore alle attese nella prima meta' dell'anno”. Che nel concreto significa una previsione di crescita dell’1,2 per cento nel 2010 e dell’1,3 per cento nel 2001. Il governo ha tarato la sua politica economica su ritmi abbastanza diversi: +1,5 e +2 per cento. Quindi, se il centro studi di Paolazzi ha ragione, mancano all’appello almeno 10 miliardi di euro nei prossimi due anni. Di cui quasi cinque da trovare già quest’anno, forse nella Finanziaria autunnale.

Marcegaglia di lotta o di governo?

DUE INDIZI potrebbero sembrare una prova: la Marcegaglia sta mollando il governo. Ma le cose sono più complesse. Prima della bastonata a Tremonti e all’esecutivo su evasione e crescita, c’erano state le parole pronunciate due giorni fa a Vicenza, nello stabilimento della Diesel: “L'Italia vive un momento di politica brutta che per mesi ha parlato solo di amanti, di cognati e di appartamenti. Non è questo che ci interessa”. E poi ancora: “Conflitti personali e un governo che forse non ha più la maggioranza non aiutano a concentrarsi su temi come il lavoro, l'occupazione e la crescita”. Subito dopo una frettolosa smentita, per derubricare il tutto a incomprensione giornalistica. Il quotidiano confindustriale ribadisce che le parole della presidentessa non vanno caricate di significati polemici, sul Sole 24 Ore la notizia finisce infatti a pagina 19 con un titolo innocuo, “Marcegaglia: ora riforme, il governo vada avanti”. E Paolazzi, alla guida del centro studi dell’associazione industriali, è un esperto di evasione che da anni studia il problema. Quindi non si tratta di un’uscita estemporanea, da considerare un puro attacco al governo e ai risultati della lotta all’evasione vantati da Tremonti.

Sempre con B. ma anche no

MA LE DIFFICOLTÀ di comunicazione di Emma Marcegaglia danno il senso di una certa tensione con il governo, perché gli imprenditori non hanno dimenticato il tentato blitz fiscale (fallito all’ultimo) di Giulio Tremonti che ha provato a imporre il divieto di compensare debiti e crediti verso lo Stato. Prima pagare, poi ricevere. Nella manovra la misura è saltata solo nell’ultima versione, con un emendamento pare scritto proprio negli uffici di Confindustria. E a novembre, con la Finanziaria autunnale, in molti temono che possa arrivare qualche altra sorpresa del genere. Da un lato, quindi, Confindustria trasmette il messaggio che il suo appoggio non è scontato ma dipende da quello che il governo farà nel concreto. Ma dall’altro ribadisce a ogni occasione che serve stabilità, perché ci sono troppi dossier delicati (dal nucleare alle infrastrutture) a rischio in caso di elezioni anticipate o governi tecnici. Stretta tra queste due esigenze, e indebolita dall’autonomia crescente della Fiat di Sergio Marchionne, Emma Marcegaglia cerca di trovare un equilibrio. Con occasionali incidenti di percorso.

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