domenica 5 settembre 2010

La mossa di Silvio per scaricare Fini "Ora la rottura è solo colpa sua"


FRANCESCO BEI

È la mossa del cavallo. "Adesso la rottura sarà solo colpa sua: questa Fini non se l'aspettava proprio eh?", ha confessato Berlusconi divertito a chi ha telefonato ad Arcore ieri pomeriggio. L'idea di rinunciare al processo breve l'aveva già accennata tre giorni fa durante una riunione a palazzo Grazioli. Lasciando senza parole i colonnelli presenti.

Alla vigilia di Mirabello, il premier è convinto così di aver "sfilato a Fini ogni pretesto per distinguersi", bagnando la miccia al presidente della Camera. La verità, però, è che i focus group messi in piedi dalla sondaggista Alessandra Ghisleri da giorni segnalavano una crescente irritazione degli stessi elettori del Pdl verso un provvedimento percepito come un'amnistia libera tutti. Oltre al fatto che, dal colloquio con Napolitano di due giorni fa, Angelino Alfano ha tratto la certezza della contrarietà del capo dello Stato alla ghigliottina taglia-processi.

E tuttavia, stando a quanto raccontano i ministri che in queste ore frequentano "il Capo", Berlusconi ormai avrebbe la testa già rivolta alle prossime elezioni. Da abbinare magari alle amministrative di primavera, che interesseranno importanti capoluoghi come Milano, Torino e Bologna, e così fare un'unica campagna elettorale all'insegna del referendum pro o contro la sua persona. Un po' scherzando e un po' sul serio, Marco Follini (uno che ha studiato da vicino il "modus operandi" del premier) ieri lo ha detto con una battuta: "Basta guardare la campagna acquisti del Milan, con Ibrahimovic e Robinho, per capire che Berlusconi vuole andare ad elezioni". C'è di vero che, quando si tratta del Cavaliere, la logica politica non è sempre la bussola migliore per orientarsi. Al di là delle regole e del buon senso, prevalgono a volte gli umori, come il disprezzo assoluto maturato nei confronti di Fini, che lo spingono allo scontro finale. "Vuole votare - sintetizza con sincera brutalità un ministro - perché vuole vedere Fini politicamente morto. E sa che prima colpisce e meglio è".

L'alternativa infatti è già scritta e non è di quelle che Berlusconi possa accettare facilmente. Lo scenario, se non si andrà al voto, gliel'hanno dipinto ieri sul Foglio Confalonieri e Feltri. L'alternativa più realistica, dice il capo di Mediaset, è quella di un governo di coalizione, con il partito finiano "federato con il Pdl". Ma questo imporrebbe al Cavaliere di trattare ogni giorno, su ogni singola questione, con il presidente della Camera.
Insomma, la rinuncia al processo breve forse toglierà oggi al presidente della Camera qualche arma polemica, costringendolo a rivedere gli appunti per il discorso di Mirabello. Ma lascia irrisolti tutti i problemi politici della maggioranza. Anche la Lega infatti, dopo il "patto di villa Campari", ha ricominciato a puntare sulle elezioni anticipate. Quel giorno, sulla riva del lago Maggiore, Bossi aveva accettato di riporre nel cassetto il voto anticipato, in cambio della rinuncia di Berlusconi all'ingresso di Casini nella maggioranza. Sono passati pochi giorni ma già quel "patto" sembra storia. Il tentativo di mediazione dei leghisti con Fini non sembra aver prodotto alcun risultato, tanto che Bossi ha ripreso a cannoneggiare sul presidente della Camera. "Quando Fini era sotto il palco e diceva a Berlusconi "mandami via", Berlusconi doveva mandarlo via. Io gli avrei detto: fuori dalle balle". Parole di fuoco, che segnalano che i leghisti si sono chiamati fuori dalla trattativa. Il problema tuttavia è che un voto anticipato costituisce un grande azzardo per il Pdl. Gli ultimi sondaggi sul tavolo del Cavaliere, nonostante le smentite e la propaganda pubblica, segnalano un partito in difficoltà, arretrato fino alla soglia del 30 per cento. In una situazione del genere gli unici ad avvantaggiarsene sarebbero i leghisti, con la prospettiva di superare il Pdl in molte province del Nord. Nei calcoli il Pdl cederebbe una sessantina di parlamentari, a dispetto delle promesse fatte ieri dal Cavaliere di far rieleggere i finiani pentiti che tornassero a casa. Senza contare che anche la maggioranza al Senato, grazie al gioco dei premi regionali, sarebbe una roulette russa. Insomma, Berlusconi - ammesso che rivinca - si troverebbe in una condizione simile a quella che toccò a Romano Prodi, appeso al ricatto continuo di un pugno di senatori.

Sono questi i ragionamenti "razionali" che alcuni consiglieri stanno pazientemente esponendo in queste ore al Cavaliere. Spingendolo a non ascoltare solo la pancia e ad andare avanti, trovando un modus vivendi con Fini. Anche Niccolò Ghedini è tra questi, tanto che - rifatti bene i conti - avrebbe spostato in avanti di 7-8 mesi la data dell'eventuale condanna a Milano: da marzo a ottobre-novembre 2011. Un tempo ragionevolmente lungo per pensare ad altre ipotesi di "scudo giudiziario", magari con il concorso di Casini. Ma il Cavaliere dovrebbe prima rinunciare alla guerra.

(05 settembre 2010)

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