giovedì 9 settembre 2010

Nessuna interferenza sul Parlamento sovrano


di Gianfranco Paquino

A BERLUSCONI e Bossi, ai loro consiglieri giuridici, di necessità quasi tutti avvocati penalisti, difettano, per quanto elementari, due essenziali principi costituzionali e parlamentari.

Primo, nelle democrazie esiste da qualche tempo, all’incirca poco più di due secoli, la separazione dei poteri.

Secondo, tutte le istituzioni hanno spazi di autonomia e si danno e osservano regolamenti propri. In particolare, Camera e Senato disciplinano le modalità di selezione delle loro cariche e il loro funzionamento secondo le regole che si sono date e che soltanto le loro assemblee possono rivedere e cambiare. Dunque, per fare l’esempio calzante in questa occasione, neppure il presidente della Repubblica più capace, più autorevole, più stimato (che, non è esattamente quello che pensano Berlusconi e Bossi a proposito di Napolitano) può permettersi di interferire nell’attività e nelle regole del Parlamento.

La dichiarata volontà dei due capi del centrodestra di “salire” al Quirinale per chiedere le dimissioni di Fini era probabilmente soltanto un messaggio ad effetto che Napolitano ha subito disinnescato.

Quanto alla sostanza, vale a dire alla critica al presidente della Camera Fini di non essere più in grado di garantire l’imparzialità nell’adempimento del suo ruolo, essa sarebbe, comunque, tutta da provare. Ma l’errore politico e istituzionale che Bossi e Berlusconi commettono è, comunque, assolutamente lampante. Eletto dalla loro maggioranza, Fini dovrebbe andarsene perché è fuoriuscito da quella maggioranza. Però, il punto non è dove Fini si colloca adesso, e lui dice che rimane saldamente nel centro-destra. Il punto è, invece, che qualsiasi Presidente della Camera deve agire super partes nello svolgimento delle sue funzioni. Anche in questo caso, la concezione che trapela dai berluscones e dai leghisti si basa su una erronea interpretazione della vittoria elettorale. Nelle democrazie, chi vince le elezioni non prende “tutto”. Acquisisce, “prende”, il potere di governare. Non conquista mai il potere di comandare a tutte le altre istituzioni e, meno che mai, alle altre cariche istituzionali. Non può chiedere a queste cariche né di non “remare contro”, se il governo ne mette in questione l’autonomia, né di remare a suo favore.

Il rischio è che dalla abissale ignoranza istituzionale i dirigenti del centro-destra passino deliberatamente alle forzature istituzionali. Il passo, ancorché difficile, è breve.

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