Chiede perdono e svela una sconvolgente verità: "Io non sapevo nulla sulla strage del giudice Borsellino e non avevo motivo di depistare le indagini. Ma hanno vinto "Loro", le indagini sono state depistate, oggi sono un uomo solo abbandonato da tutti e dalla famiglia". Dalla cella del carcere di Velletri dove sta scontando una pena ormai definitiva a 18 anni di reclusione, Vincenzo Scarantino, il "falso pentito" di tutti i processi per la strage di via D'Amelio, ormai definiti in Cassazione con condanne all'ergastolo, anche di persone innocenti, scrive ai familiari di Paolo Borsellino e ammette che quella da lui raccontata è una falsa verità, costruita a tavolino da uomini delle istituzioni, magistrati e poliziotti che lo avrebbero coartato e minacciato sin dal giorno del suo arresto.
Ecco cosa scrive Scarantino alla moglie di Paolo Borsellino, Agnese, ed ai suoi figli. Una lettera inviata proprio in via D'Amelio, dove il 18 luglio del 1992 fu ucciso il magistrato insieme agli uomini della sua scorta, dilaniati da un'autobomba. Una lettera (contenuta nel libro "Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino" di Lorenzo Baldo e Giorgio Bongiovanni, Aliberti editore, di prossima uscita) alla quale la signora Borsellino ha risposto, accettando la richiesta di perdono di Scarantino.
"Cortese signora Agnese e figli, signora Rita e figli, signor Salvatore e figli, sono Scarantino Vincenzo che Le scrive e mi creda non è una cosa facile per me essendo con uno stato d'animo difficilissimo". Comincia così la lettera di Scarantino che racconta l'"assalto psicologico" subito da "Enti" (così definisce magistrati e poliziotti che lo interrogavano, ndr) che gli fecero credere di aver contratto l'Aids dal dentista del carcere.
L'azione di depistaggio, secondo il racconto del pentito, partì nell'immediatezza del suo arresto. "Sono stato oggetto e vittima di piani e strategie che non mi appartenevano. Questo già perché quando sono stato portato all'aeroporto militare di Boccadifalco (a Palermo per essere trasferito a Pianosa, ndr) ho subito evidenziato che io nulla sapevo sia della 126 imbottita di tritolo sia della strage".
Ma "loro" non era questo che volevano sentire. E ogni volta che il presunto mafioso provava a dirlo lo minacciavano "dicendomi che se non la smettevo mi toglievano i miei figli e mi allontanavano definitivamente da mia moglie e dalla mia famiglia. Questo mi uccideva mentalmente e ogni qualvolta che riprendevo il coraggio di dire che le indagini erano sbagliate e le verità erano altre, venivo zittito e minacciato a dover pensare ai miei figli ed a mia moglie che.. "era una bella donna"..." . Parole che potrebbero aggravare la posizione dei tre funzionari di polizia iscritti nel registro degli indagati della Procura di Caltanissetta con pesantissime ipotesi di reato. Sono gli investigatori del gruppo Falcone-Borsellino guidato dallo scomparso Arnaldo
Parole sconvolgenti quelle di Scarantino, che confermano la più recente ipotesi investigativa che entro la fine dell'anno porterà
(29 ottobre 2010)
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