di FILIPPO CECCARELLI
E allora: bunga bunga a tutta l'Italia! L'osceno augurio, e dovutamente allucinato, aleggia sulle macerie della politica e i relitti del buonsenso. Bunga bunga, senza trattino, rimbomba nelle chiacchiere e negli sms, intasa la rete, sovverte il quadro politico, sprofonda il potere nell'abisso dei propri arcaismi rivestendoli di una risata carnevalesca che oltraggia la razionalità e rivendica il monopolio della trasgressione.
Non la si farà troppo lunga, né troppo complicata. L'altra settimana ha raccontato l'Espresso che nella reggia di Arcore, con gli opportuni consigli di Lele Mora, sono stati montati pali da lap-dance e un trono dorato. Chi abbia speso qualche tempo a studiare le seratine berluscononiane si accorge presto che lì va in scena un'autentica liturgia: invocazione del nome ("Papi"), paramenti (tubino nero), accorgimenti di purificazione (trucco leggero, no calze, no smalto); e poi visioni dei successi politici e delle ricchezze divine, quindi "spettacolini" a base di canti, danze, le donne che fanno la "ola" al ritmo di "Meno male che Silvio c'è" in un esorbitante sfolgorio di farfalline, pure donate dal padrone di casa come segno di possesso e riconoscimento, crisma dell'avvenuta iniziazione.
Ecco: da adesso si sa pure che, varcata una certa soglia, al rituale del dopocena era assegnata la denominazione invero esotica di bunga bunga. Assimilabile, quanto a strizzatine d'occhio, ma più potente, a consimili espressioni quali gnacca gnacca, tuca tuca e bingo bongo, quest'ultima nell'accezione non necessariamente leghista, ma sadico-anale chissà se ancora in voga nella scuola dell'obbligo.
Cosa accadesse di preciso in tali sessioni post-prandiali non è dato sapere - né sono pratiche che si certificano dal notaio. Ma non di rado le fantasie e gli scherzi che bollono nel calderone dell'immaginario insieme a simboli sacri e a impulsi animaleschi, anticipano la realtà o per lo meno si sforzano si adattarla all'ormai patologica fuoriuscita di storie intime e narrazioni orgiastiche di cui si alimenta il potere nell'Italia del 2010.
Quasi superfluo è segnalare a questo punto che da remote vestigie colonialiste il bunga bunga nasce quale scherzo da caserma britannica; e che nel corso del tempo l'espressione ha imbarcato una certa dose di cruda violenza sessuale - come tale si rinviene in vignette, canzoni e film - fino ad approdare nel novero basso materiale delle barzellette. Ed è da tale magmatico stagno che l'ha certamente ripescata il Cavaliere rilanciandola negli incontri politici per rianimarli dalla loro noia mortale - "Sapete, un giorno Bondi e Cicchitto... " - e poi anche nelle sue festicciole come invito ammiccante e burlesco rivolto alle femmine, per quanto inconfessabilmente collegato con la brutalità più profonda e selvaggia che risiede nell'inconscio collettivo.
Che c'entri Gheddafi o qualche altro dittatore pare abbastanza secondario. Già ieri un navigatore bolognese aveva registrato il dominio: www. bungabunga. it. In qualche modo è la prova che Berlusconi riesce a entrare in sintonia con i meandri più oscuri del pubblico, "la parte maledetta" della società; e che con la leva del buffonesco, del comico, del grottesco, dell'osceno, addirittura del sadico per certi versi, stabilisce inedite connessioni e identificazioni con quel "popolo" che gli sta tanto a cuore, con le sue libertà.
Ehi, dice, quante storie per una storiella! Ma la storiella cui fa riferimento lo statista con i suoi subordinati e poi adesso anche con le sue amiche tra una sessione di lap-dance ed un eventuale soggiorno sull'affollato lettone post-sovietico, verte pur sempre su di un rito di punizione e di dolore, anzi per l'esattezza su uno stupro eseguito da un'intera tribù ai danni di qualche malcapitato/a che pur di scampare al supplizio del bunga bunga preferisce la morte.
Senza addentrarsi in quest'ultima direzione, vale forse notare l'aspetto tribale che certo scopre e rispecchia alcuni altarini dell'odierno sistema di potere; così come, fra intercettazioni, veline, minorenni, escort, farfalline, cerbiatte, igieniste orali e altre rispettabili disponibilità professionali, a parte il lenocinio e lo spaccio di droga, ecco, magari si può verificare sul campo come nel berlusconismo ormai allo stremo l'ordinario richiamo alla Cultura del Fare, ai Sani Valori e ai programmi rose & fiori dell'Amore, del Sogno e della Felicità ceda al mercato dei corpi nel quadro di una diffusa Pornocultura ammantata di euforia e incantesimi pubblicitari.
Di tutto questo permanente carnevale, trasmesso e percepito in mostruose sembianze, è testimone il bunga bunga. C'è un libro appena uscito, difficile ma molto molto bello, che spiega prima ancora che venisse fuori l'ultima storiaccia come questo rito faccia paura e al tempo stesso faccia ridere. S'intitola Gioia tragica (Lupetti), l'ha scritto un giovane sociologo che ovviamente lavora in Francia, Vincenzo Susca, e che letto in filigrana, con uno sgomento rischiarato dal nitore delle prospettive evocate, dimostra e descrive la metamorfosi di un potere che inesorabilmente si va trasformando in un orrendo, crudele e doloroso cinepanettone. Bunga bunga è il nome che si merita, e buonanotte a tutti.
(29 ottobre 2010)
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