martedì 26 ottobre 2010

VIAGGIO AL CENTRO DELLA MENTE


Memoria, coscienza e linguaggio risposte a molti perché

di Edoardo Boncinelli

Che cos’è la mente? La mente è tutto ciò che accade nella nostra testa. C’è anche una periferia che noi chiamiamo “cuore”, perché molte delle nostre emozioni le sentiamo nei vasi che passano vicino al cuore, nella regione pericardica. Da qui nasce la tradizione di chiamare cuore l’aspetto emotivo della nostra mente, sebbene col cuore non abbia nulla a che fare. (...) La mente non potrebbe esserci senza il cervello: niente cervello, niente mente. (...)

IL NUMERO delle nostre cellule nervose è di circa 100 miliardi: 100 miliardi è il numero delle stelle della nostra galassia e 100 miliardi probabilmente è anche il numero delle galassie nell’universo. Sono numeri incredibili, ma non sono i numeri più incredibili. Le cellule nervose si toccano attraverso dei micro-contatti che noi chiamiamo sinapsi e che sono circa 10 mila per cellula: moltiplichiamo 100 miliardi per 10 mila e viene 1 milione di miliardi. Ciascuno di noi, grande o piccolo, giovane o vecchio, ha nella sua testa 1 milione di miliardi di contatti, di connessioni. Quello che noi siamo, quello che ricordiamo, quello che ci aspettiamo e quello che desideriamo è il prodotto di questa gigantesca conversazione fra tutte queste cellule attraverso tutti questi contatti. (...)

I NEURONI comunicano tutti i giorni, a tutte le ore e in tutti i momenti, anche quando dormiamo. Tant’è vero che il nostro cervello, il cui peso rappresenta solo il 2 per cento del peso del nostro corpo, utilizza il 20 per cento dell’energia che noi consumiamo ogni giorno. Anche quando il cervello non fa nulla – e c’è gente che è maestra in questo tipo di “abilità” – consuma lo stesso un enorme quantitativo di energia. (...) Già prima della 23° settimana di gestazione il cervello ha una struttura molto elementare, però è solo a questo punto, terminata questa prima fase di evoluzione, che comincia a emettere un segnale elettroencefalografico simile a quello di un adulto. (...)

C’è già una grandissima differenza fra noi e gli animali: alla nascita il nostro cervello ha sì tutte le cellule che deve avere, ma ha talmente poche connessioni, talmente pochi circuiti, che è incompleto, immaturo. Alla nascita pesa un quarto (25 per cento) di quello che peserà nell’età dell’adolescenza, mentre nello scimpanzé – che è lo scimmiotto più somigliante a noi – questa percentuale si aggira intorno al 70 per cento. (...)Tutti gli animali superiori hanno un periodo di apprendistato in cui i genitori sono molto coinvolti, il cosiddetto periodo delle cure parentali. Di solito però non dura moltissimo: nel nostro caso dura una quantità di tempo spropositata!

QUESTO FATTO ha almeno due conseguenze fondamentali. La prima è di natura conoscitiva o, per meglio dire, di memoria. Noi apprendiamo lungo tutto il corso della vita, ma ciò che apprendiamo nei primi mesi e anni della nostra vita ha una qualità completamente diversa. Perché? Perché le informazioni invece di essere immagazzinate nel cervello, vi vengono come scolpite. Il nostro cervello non è ancora completato e deve mettere in piedi ancora tante connessioni, le quali vengono attivate proprio conoscendo la faccia della mamma, imparando una lingua, giocando con un oggetto. Queste “conoscenze prime” si stampano nel nostro cervello e non le perdiamo più. (...) Noi ci distinguiamo dagli animali perché abbiamo un’evoluzione culturale. Nonno castoro che cosa lascia al nipotino? Lascia uno stagno, se va bene gli lascia una diga, ma non gli insegna quasi niente. Noi invece a una certa età abbiamo conoscenza della matematica, della geometria, della storia, degli autori del passato. Noi possiamo leggere ed eventualmente litigare con Platone che ha cessato di vivere 25 secoli fa. Tutto ciò non ha assolutamente un corrispettivo nel regno animale.(...) Di fatto è come se nascessimo due volte: nasciamo biologicamente quando emettiamo il primo “uè-uè” e nasciamo culturalmente via via che impariamo. Questa “nascita culturale” non si ferma fino all’adolescenza o, per essere precisi, fino ai 18 anni, perché fino a quell’età il cervello continua a svilupparsi sulla base di quello che abbiamo appreso o stiamo apprendendo. Dunque la nostra iniziale inferiorità, il fatto di nascere con un cervello imperfetto, ci dà in realtà un vantaggio spaventoso.

(...)

L’ALTRA importante conseguenza della spropositata lunghezza del nostro periodo di fetalizzazione rimanda all’“amore romantico”. (....) La riproduzione è necessaria in tutto il regno vivente e ovviamente anche nel regno animale. La sessualità esiste anche per gli animali superiori: ci si vede, ci si sceglie, ci si accoppia e in genere poi si torna a spasso ognuno per conto suo. Nel caso nostro non solo non si fa così, ma addirittura ci si innamora. E ci si innamora anche a dieci, undici, dodici anni, quando ancora la sessualità è in nuce. (...)

La maggior parte degli animali non si riconosce, o meglio si riconosce solo nelle prime fasi dello sviluppo: la mamma riconosce il cucciolotto e il cuccio-lotto riconosce la mamma. Poi, quando il cucciolo cresce, ognuno se ne va per conto suo e se si rincontrano certamente nessuno si riconosce anche perché… nessuno ha la carta d’identità! Nel caso nostro invece il riconoscimento avviene per tutto il corso della vita. (...)

Il riconoscimento è la prima base per l’attaccamento e per l’amore. Noi ci amiamo come ci amiamo – intensamente, passionalmente, irrazionalmente e, certe volte, anche dolorosamente – perché ciascuno di noi continua in qualche modo a cercare la mamma o il papà: la mia fidanzata in me cerca il papà, nello stesso momento in cui io in lei cerco la mamma. Il rapporto amoroso consiste proprio in questa dialettica continua in cui in certe cose io sono il papà e lei è la bimba e in altre cose io sono il bimbo e lei è la mamma. Questo gioco, che tutti sono in grado di riconoscere come nucleo essenziale del rapporto amoroso, è probabilmente dovuto – uno scienziato deve dire sempre probabilmente, non deve dire mai sicuramente – a questa nostra “cucciolaggine” o infanzia pro-tratta. Si parla di “attaccamento” e l’attaccamento è una cosa che si applica benissimo al cucciolo: l’amore è un attaccamento protratto. (...)

MEMORIA, linguaggio e coscienza sono cose che nascono nei primi anni della nostra vita e si formano a poco a poco. Non possiamo dirci uomini fintanto che non siamo dotati di queste caratteristiche. Si calcola che i primi ricordi che abbiamo risalgono in genere ai tre, quattro anni di età. (...)

Un discorso del tutto particolare merita il riconoscimento. Noi siamo l’unico animale che guardandosi allo specchio dice “quello sono io”. Anzi, siamo l’unico animale che dice “io” e probabilmente siamo anche l’unico animale che pensa “io”. (...) Fra i due e i tre anni c’è un periodo cosiddetto di “evitamento”, nel quale il bambino rimane un po’ perplesso quando guarda se stesso. A tre anni invece se al bambino si chiede chi è quello, dice “quello sono io”. È già coscienza questa? È già autocoscienza? È già presa di coscienza della propria identità? È difficile dirlo, è difficile argomentarlo e probabilmente è una domanda anche senza senso. Però i tre anni, guarda caso, rappresentano anche la soglia dei primi ricordi. Esiste dunque un collegamento fra memoria e inizio della coscienza che fa del bambino di tre anni un animalino già abbastanza in grado di cavarsela – per quanto ovviamente nessuno di noi abbandonerebbe a se stesso un bambino di tre anni. Poi c’è il linguaggio, che secondo me e secondo molti altri studiosi costituisce l’unica vera differenza fra noi e tutti gli animali. Il linguaggio si apprende, ma naturalmente non si apprenderebbe se non ci fosse dentro di noi una traccia, una sorta di predisposizione. (...) Noi ascoltiamo con le orecchie tutti i suoni fin dalla nascita. Questi suoni sono indirizzati in varie parti della corteccia; i suoni di natura linguistica vanno tutti nella zona temporale sinistra, nella famosa area del linguaggio che comprende le aree di Broca e di Wernicke. Quando c’è “puzza di linguaggio” i suoni vanno lì e se tutto va bene riusciamo a comprendere cosa significano.

(...)

COSA significa tutto ciò? Significa che il nostro cervellino è molto ben ordinato, anche se ancora, come abbiamo detto, è immaturo. Soprattutto è attentissimo agli stimoli. E uno degli stimoli fondamentali della nostra vita è il linguaggio. Appena c’è “puzza di linguaggio”, fin dalla nascita, riusciamo a indirizzare in maniera molto precisa questi “rumori”.

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