lunedì 29 novembre 2010

"Berlusconi è vanitoso inefficace come leader"


Silvio Berlusconi «è un leader fisicamente e politicamente debole» le cui «frequenti lunghe nottate e l'inclinazione alle feste significano che non si riposa a sufficienza». Così l'ormai ex incaricata d'affari americana presso l'ambasciata Usa di Roma, Elizabeth Dibble, inquadra la figura del capo del governo italiano. La valutazione della Dibble fa parte di uno dei 3.012 documenti inviati dalle sedi diplomatiche Usa in Italia al Dipartimento di Stato. Cablogrammi «catturati» dal sito pirata Wikileaks e diffusi ieri pomeriggio. Si scopre che in un altro dispaccio Silvio Berlusconi è definito «incapace, vanitoso e inefficace come leader moderno» e si fa riferimento a sue «feste selvagge». Berlusconi si sarebbe fatto «una risata», dicono fonti a lui vicine, quando ieri sera gli sono stati riferiti i contenuti di Wikileaks.

I rapporti con Putin
Se le «antenne» della diplomazia Usa rilasciano giudizi sul premier, da Washington arrivano anche altre richieste. Partono dal segretario di Stato Hillary Clinton preoccupata dall'intensificarsi delle relazioni personali fra il premier russo Vladimir Putin e il Cavaliere. I diplomatici Usa descrivono il rapporto fra i due come «straordinariamente stretto. Un rapporto - si legge in un cablo riportato dal New York Times - che include «generosi regali e lucrosi contatti nel campo energetico». Viene citato «un oscuro intermediario che parla russo». La relazione fra i leader è così solida che gli statunitensi considerano «Berlusconi il megafono di Putin in Europa». Sono tutte notizie e rivelazioni che suscitano l'attenzione di Washington. In un dispaccio del 28 gennaio 2010 Clinton chiede «di procurarsi ogni informazione sulla relazione personale fra Putin e Berlusconi». Il segretario di Stato vuole sapere «quali investimenti personali, se ce ne sono, potrebbero condizionare la loro politica estera o quella economica». In pratica Hillary Clinton vuole sapere se Berlusconi abbia davvero fatto affari privati con l'amico russo. A preoccupare Washington è l'intesa «fra Eni e Gazprom su Southstream», il mega gasdotto che collegherà Russia e Ue.

Partnership a Kabul
Gli ultimi «cablo» a finire fra le maglie di Wikileaks risalgono a febbraio 2010. Gli ultimi due sono datati 25 febbraio. Sul sito pirata è spuntato un «cablogramma» risalente al 12 febbraio 2010. Riferisce di un incontro privato avvenuto quattro giorni prima a Roma fra il ministro degli Esteri Franco Frattini e il capo del Pentagono, Robert Gates. I due parlano della situazione in Afghanistan, Frattini assicura l'alleato che l'America «può contare sul pieno sostegno dell'Italia a Kabul, sull'Iran e nella lotta al terrorismo». Il capo della Farnesina propone un coordinamento a più alti livelli della Nato fra civili e militari e suggerisce la creazione di «progetti per le popolazioni locali al confine fra Iran e Afghanistan».

Frattini-Gates e l'Iran
Ma il nocciolo della conversazione è la minaccia rappresentata dalle ambizioni nucleari di Teheran. «È necessaria un'azione urgente» dice Gates. «Senza progressi nei prossimi mesi, rischiamo la proliferazione nucleare in Medio Oriente, una guerra provocata da un raid aereo israeliano, o entrambi». Il capo del Pentagono - si legge nel carteggio - «prevede un mondo diverso nei prossimi 4-5 anni se l'Iran svilupperà armi nucleari». Frattini illustra la posizione italiana, dice di pensare che «la Russia sosterrà il percorso delle sanzioni» e spiega che la «sfida è portare a bordo la Cina». Pechino e New Delhi sono gli elementi chiave per far sì che le sanzioni - dice Frattini - «possano colpire il governo [di Teheran, ndr] senza danneggiare la società civile». È a questo punto che il titolare della Farnesina dice che l'azione diplomatica deve includere Arabia Saudita, Brasile, Egitto e Turchia accusata dal ministro «di fare il doppio gioco per avvicinarsi sia all'Iran sia all'Europa».

Motoscafi per Teheran
Le tensioni fra Roma e Washington emergono da un altro cablo inviato dall'ambasciata di Roma a Foggy Bottom. Gli Usa avevano chiesto all'Italia di bloccare la prevista consegna di 12 motoscafi all'Iran con i quali, era la paura americana, gli iraniani potevano colpire le navi statunitensi nel Golfo. Solo «dopo mesi di traccheggio nei quali 11 barche sono state consegnate», l'Italia fece marcia indietro.

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